La Cassazione, con la sentenza n. 11647/2014, è tornata ad occuparsi di locazioni per uso diverso da quello abitativo e più nello specifico di recesso dal contratto per gravi motivi e di richiesta di risarcimento del danno da parte del proprietario.
Per i contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, la legge n. 392 del 1978, agli artt. 27 e seguenti, prevede una serie di specificazioni direttamente correlate con l'attività concretamente esercitata.
Così, ad esempio, per l'attività commerciale, la durata minima contrattuale è di sei anni, per quella alberghiera nove; e poi, ancora, per l'attività professionale non è prevista alcuna indennità per perdita di avviamento, ecc.
Ai sensi dell'art. 27, sesto comma, della legge n. 392/78, le parti possono prevedere nel contratto, la facoltà per il conduttore di recedere dal contratto, senza dover dare spiegazioni (così detto recesso ad nutum), purché via sia comunicazione a mezzo raccomandata a.r. almeno sei mesi prima della data fissata per il recesso.
L'ultimo comma del medesimo articolo specifica che “indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, puo' recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata” (Art. 27, settimo comma, l. n. 392/78).
Si tratta del così detto recesso per gravi motivi. È utile ricordare che secondo la giurisprudenza, tanto nelle locazioni ad uso abitativo, tanto per quelle così dette commerciali “i gravi motivi di recesso devono "sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo" (Cass. n. 9443/2010)” (Cass. 27 marzo 2014 n. 7217).
Nel caso delle locazioni commerciali, la congiuntura economica che colpisce l'azienda, entro determinate condizioni può essere considerata grave motivi tale da consentire il recesso.
Che cosa succede se la parte conduttrice recede dal contratto (legittimamente s'intende), ad esempio perché ricorrono gravi motivi per poterlo fare, effettua un recesso immediato, senza quindi rispettare il termine di sei mesi previsto per legge?
È evidente che il proprietario possa agire per il risarcimento del danno per mancato guadagno corrispondente alle sei pigioni non versate, ossia a quei canoni che egli avrebbe dovuto percepire se vi fosse stata regolare comunicazione di recesso. Ciò a meno che lo stesso proprietario non abbia utilizzato (personalmente o per mezzo di terzi) fin da subito il medesimo locale.
In tal senso, in una sentenza resa sul finire del mese di maggio 2014, la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare che “il conduttore che per gravi motivi recede dal contratto di locazione di immobile destinato a una delle attività indicate negli artt. 27 e 42 della legge 27 luglio 1978, n. 392, prima della scadenza del termine di durata, senza il preavviso prescritto dall'ultimo comma del citato art. 27, è tenuto al risarcimento dei danni che il locatore provi di aver subito per l'anticipata restituzione dell'immobile a meno che dimostri che l'immobile è stato egualmente utilizzato dal locatore direttamente o indirettamente (sentenza 22 agosto 2007, n. 17833)” (Cass. 26 maggio 2014, n. 11647).
Da non perdere: Se i lavori per la ristrutturazione della facciata si protraggono a lungo il conduttore del negozio ha diritto al risarcimento del danno.