L'amministratore di condominio, nella gestione delle parti e degli impianti comuni, può rinvenire, sia vizi di questi beni in relazione all'incarico conferito per la loro manutenzione straordinaria, sia gravi difetti conseguenti a una non perfetta esecuzione a regola d'arte della costruzione dell'edificio.
In entrambi i casi si tratta di un inadempimento, da parte di un'impresa, agli obblighi derivanti dalla stipula di un contratto d'appalto.
Se le opere di ristrutturazione sono commissionate dal condominio, terminati i lavori, l'amministratore deve effettuare la verifica, eventualmente con il tecnico professionista del condominio e, solo dopo aver constatato la mancanza di difetti, accettare l'opera.
Scadenze per denunciare i vizi nell'appalto ed eventuali risarcimenti
Qualora insorgessero vizi occulti (non gravi), l'amministratore deve denunciarli all'appaltatore, mediante posta elettronica certificata o con raccomandata con ricevuta di ritorno entro sessanta giorni dalla scoperta e, nel caso l'appaltatore non provvedesse alla riparazione, deve agire in giudizio, se del caso per conseguire coattivamente il risarcimento dei danni entro due anni dalla consegna dell'opera (art 1667 c.c.).
È possibile però che l'opera appaltata presenti gravi vizi.
Vengono incluse nel concetto di grave difetto sia le deficienze costruttive vere e proprie, quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell'opera con materiali inidonei e non a regola d'arte, sia le carenze riconducibili ad erronee previsioni progettuali.
In tali casi si deve considerare che secondo l'articolo 1669 c.c. se, nel corso di dieci anni dalla realizzazione, il caseggiato, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta e il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia stessa.
E se l'impresa che ha ristrutturato il palazzo riconoscesse l'esistenza di vizi nell'opera appaltata? Un caso recente: fatto e decisione
Un condominio si opponeva al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale, con cui gli veniva ingiunto il pagamento del prezzo d'appalto in favore dell'impresa che aveva eseguito lavori per il condominio e chiedeva disporsene la revoca, proponendo, in via riconvenzionale, domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 1669 c.c. in ragione dei gravi vizi delle opere oggetto del contratto di appalto e, in via subordinata, domanda di risoluzione contrattuale e riduzione dei corrispettivi contrattualmente previsti ai sensi dell'art. 1668 c.c.; la convenuta respingeva le accuse ed eccepiva, in via preliminare, la decadenza e la prescrizione dell'azione.
Il Tribunale ha dato ragione al condominio in quanto la garanzia di cui all'art. 1669 c.c. è risultata pienamente operante nella fattispecie in esame, sia in considerazione dei gravi vizi emersi riconducibili nell'ambito della tutela di cui all'art. 1669 c.c. e sia in considerazione della infondatezza della tesi difensiva di parte opposta in riferimento alla eccepita prescrizione e decadenza dell'opponente condominio dalla relativa azione, in ragione del mancato rispetto dei termini di legge.
Nel corso del procedimento è emerso che la ditta incaricata aveva riconosciuto la sussistenza dei vizi lamentati dal committente, impegnandosi, giusta dichiarazione del 27.10.2014, all'eliminazione dei difetti e delle anomalie delle opere realizzate (espressamente, infatti, l'impresa in questione rilasciava "…dichiarazione per l'esecuzione delle opere aventi anomalie e vizi…", precisando che "…l'impresa si impegna ad eseguire le necessarie opere per sanare le anomalie che si sono prodotte sulla pavimentazione del cortile condominiale così come illustrate dalla relazione dell'arch. dei Lavori…").
Alla luce di quanto sopra il Tribunale ha ricordato che l'impegno dell'appaltatore ad eliminare i vizi della cosa o dell'opera costituisce, alla stregua dei principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, fonte di un'autonoma obbligazione di "facere", la quale si affianca all'originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo; tale obbligazione, pertanto, è soggetta non già ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale.
Secondo lo stesso Tribunale (a prescindere dalla tempestiva denuncia degli stessi o dal decorso del termine prescrizionale annuale ivi previsto) è emersa con chiarezza la responsabilità dell'appaltatrice ai sensi dell'art. 1669 c.c., trovando applicazione, nella fattispecie in esame, l'ordinario termine di prescrizione decennale in considerazione dell'espresso riconoscimento, da parte della società appaltatrice, dei difetti lamentati dal condominio.
La convenuta, pertanto, è risultata tenuta alla garanzia di cui all'art. 1669 c.c. nei confronti del condominio e, come tale, obbligata al risarcimento dei danni alla stessa derivati dalla sussistenza degli accertati e gravi difetti delle opere realizzate in esecuzione del contratto d'appalto del 26.6.2013; la misura del risarcimento dovuto è stata quantificabile sulla base delle risultanze peritali (Trib Roma 13 marzo 2023 n. 4126).
Si ricorda che la nuova obbligazione dell'appaltatore, poiché non estingue quella originaria, può concernere i soli difetti contestati dal committente, non potendosi estendere ad ogni problematica che sia sorta successivamente con riferimento all'oggetto dell'appalto.