La vicenda affrontata dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 19191 del 30 dicembre 2022 riguarda la delibera della collettività condominiale con la quale è stata decisa la scissione di un originario condominio in due caseggiati (cioè il condominio pal. B/C ed il condominio pal. A) con conseguente modifica alla conduttura principale dell'acqua e all'impianto elettrico.
Per un condomino tale decisione era in contrasto con una clausola di natura contrattuale del regolamento contrattuale che sanciva il divieto di scioglimento del condominio; per l'attore, quindi, la delibera era invalida atteso che avrebbe richiesto l'unanimità dei consensi mentre era stata assunta solo con la maggioranza prevista dall'art. 1136 c.c., comma 2.
Lo scioglimento del condominio: la disciplina
Lo scioglimento del condominio è possibile ex art. 61 disp. att. c.c. (non modificato dalla legge di riforma) qualora un edificio o un gruppo di edifici, appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi, si possano dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi.
Lo scioglimento è deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell'articolo 1136 c.c. o è disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione.
Sembra utile sottolineare che l'art. 61 disp. att. c.c. esplicitamente prevede e subordina lo scioglimento del condominio e la costituzione in condominio separato solo per quegli edifici, o gruppo di edifici, "che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi", dovendosi con ciò intendere che la costituzione in condominio separato è possibile allorché la residua porzione abbia una propria autonomia strutturale, anche se, ai sensi del primo comma del successivo art. 62, restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'art. 1117 c.c. (Cass. civ., Sez. II, 28/03/2022, n. 9846).
Come precisa il Tribunale di Roma il tenore della norma, riferito all'espressione "edifici autonomi", esclude di per sé che il risultato della separazione si concreti in una autonomia meramente amministrativa; il termine "edificio" va riferito ad una costruzione, la quale, per dare luogo alla costituzione di più condomini, deve essere suscettibile di divisione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere amministrativo.
Tuttavia ove la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e siano necessarie opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio e la costituzione di più condomini separati possono essere approvati solo dall'assemblea condominiale, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio.
Questa diversa maggioranza si giustifica perché lo scioglimento determina un aggravio per i condomini che devono affrontare delle spese per realizzare le opere che rendono possibile la divisione.
In questa ipotesi lo scioglimento può essere deliberato solo dall'assemblea, non potendo far ricorso all'autorità giudiziaria, in coerenza con il principio che il giudice può disporre lo scioglimento solo ove questo non comporti oneri aggiuntivi per i condomini.
Tuttavia, è ben possibile che i condomini e/o terzi prevedano divieti o condizioni particolari relativamente allo scioglimento del condominio all'interno del regolamento condominiale.
In tali casi è necessario valutare la natura del regolamento condominiale in cui tali clausole sono inserite e interrogarsi circa i rapporti tra tali previsioni e le disposizioni di legge.
Condizioni per la scissione e formazione di condomini autonomi
Il Tribunale di Roma, dopo aver ricordato i principi contenuti nell'articoli 61 e 62 disp. att. c.c., ha chiarito che, ove non vi sia un'esigenza - strutturale o funzionale - che renda necessario l'istaurarsi o il mantenimento di un unico condominio tra i tutti i comproprietari delle singole unità immobiliari, questi ultimi possono organizzarsi in condomini autonomi con conseguente estinzione dell'organizzazione originaria e la costituzione di nuova organizzazione per ciascuna gestione dei neo costituiti condomini.
Sulla base di tale considerazione e tenendo conto della disciplina sopra detta, il giudice romano ha ritenuto la delibera impugnata valida.
Nel caso di specie infatti è pacificamente emerso che il complesso condominiale era costituito fin dall'origine da edifici autonomi.
Inoltre il condominio si era limitato solo ad eseguire lavori di scissione dell'utenza idrica delle palazzine B e C dall'utenza comune alle palazzine A, B e C senza alcun intervento invasivo.
Infine il giudice ha notato che nel regolamento prodotto non era presente alcuna clausola volta ad imporre un divieto di scioglimento o divisione del condominio.