Rumori in condominio: inquadramento
Il tema che attiene alle immissioni ha la sua disciplina all'art. 844 Cod. Civ., il quale, al comma I, recita «Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi».
La ratio della norma concerne tanto le immissioni di rumore che quelle di fumi ed individua nella "normale tollerabilità" il criterio generale applicabile a tutte le fattispecie che possono essere interessate da tali fenomeni al fine di ottenere la giusta tutela, certamente dirimente al fine di determinare se ed in che misura una immissione può essere o meno impedita, ovvero oggetto di tutela sia inibitoria che risarcitoria.
Sul punto, dalla lettura dell'art. 844 Cod. Civ. risulta di tutta evidenza che il bene protetto è il godimento (pacifico) del proprio immobile (proprietà) il quale può subire una grave e significativa limitazione - appunto - dalla propagazione di rumori.
A tal riguardo, occorre precisare come la sussistenza di determinati rumori, tenuto conto anche della loro ripetizione e non occasionalità, così come dello stato dei luoghi, possa potenzialmente e verosimilmente menomare la fruizione del proprio bene tanto da comportare un pregiudizio ed una rilevante compromissione dell'esercizio ed estrinsecazione del diritto di proprietà quale privazione delle modalità d'uso - appunto - del bene stesso.
Ne deriva che, per potersi configurare una situazione tale da legittimare una tutela, l'immissione deve superare la "normale tollerabilità", criterio principe da adottare, unitamente alla "condizione dei luoghi".
Ebbene, in condominio, sovente, insorgono vertenze in ordine alle turbative che possono sorgere da immissioni sonore, siano esse derivanti da una abitazione che da un locale adibito ad attività commerciale.
Preliminarmente, in entrambi i casi, occorrerà svolgere un attento e scrupoloso esame della richiamata "condizione dei luoghi" per valutare correttamente la situazione e poter indicare eventuali rimedi.
Inoltre, qualora le immissioni provengano da un immobile destinato ad uso non abitativo, soccorre, quale ulteriore criterio, il II comma dell'art. 844 Cod. Civ. in base al quale «Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà».
Al contempo, emerge con intuibile chiarezza che le problematiche connesse alla tematica in esame si realizzano ricorrentemente nei rapporti di vicinato, siano essi di confine e condominiali, ove il criterio della tollerabilità trova considerazione ed applicazione solo nelle aule di Tribunale e mai prima.
Parimenti, preso atto dei profili giuridici illustrati, appare indubbio come per affrontare compiutamente l'argomento in esame non si possa trascurare l'opera della Giurisprudenza per cogliere anche le sfumature delle diverse situazioni nella interpretazione ed applicazione della norma.
Immissioni in condominio
Per comprendere materia e le sue estrinsecazioni nella vita quotidiana, è opportuno prendere il passo da pronunce esemplificative delle diversi e molteplici circostanze che possono presentarsi.
In particolare, oltre al provvedimento ravvisabile nella tutela inibitoria e risarcitoria (ove dimostrato il nesso di causa), nelle sentenze emesse in materia, si rinviene l'indicazione di cautele e rimedi da porre in essere per ovviare al problema.
Posto ciò, è utile ricordare che le vicende che coinvolgono il profilo delle immissioni acustiche possono coinvolgere una querelle tanto tra condomini che tra condomino e condominio.
In tale seconda ipotesi, ad esempio, non possiamo omettere di considerare ed enucleare esempi ove la doglianza in merito alla contestata rumorosità aveva ad oggetto beni e/o servizi condominiali.
Nella vertenza portata all'attenzione del Tribunale di Firenze, un condomino ha convenuto in giudizio il condominio al fine di accertare e dichiarare la rumorosità dell'ascensore condominiale in conseguenza della quale veniva lesa la tranquillità ed il pacifico godimento della sua vita quotidiana.
In tale vicenda, accertata la intollerabilità delle immissioni acustiche provenienti dall'ascensore durante la sua attivazione ed utilizzo, il Tribunale ha ordinato al condominio di far eseguire gli opportuni lavori di isolamento (Tribunale Firenze sez. II, 15/10/2020, n.2215).
Ugualmente, può trovare simile soluzione la rumorosità del motore dell'impianto di aria condizionata o di riscaldamento, come quella di un'autoclave, laddove le relative immissioni acustiche sono atte a ledere la pace e tranquillità in considerazione anche della ripetizione costante del rumore.
A conferma, è utile richiamare anche una sentenza più risalente nel tempo, secondo cui «Il proprietario danneggiato da immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità, concorrentemente all'azione ordinaria da responsabilità aquiliana esperibile ex art. 2043 c.c., può agire per ottenere l'inibizione delle turbative ex art. 844 c.c. anche nei confronti del condominio (nella specie: immissioni rumorose in un appartamento provenienti dall'impianto di riscaldamento centralizzato sito in un locale adiacente all'appartamento stesso)» (Tribunale Milano, 02/06/1988).
In altra e diversa fattispecie, ma pur sempre attuale, relativa al rumore derivante dallo stazionamento ed ingresso delle auto ai garages, i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato la domanda in quanto «Le immissioni di rumori e di gas provocati dall'uso del garage da parte dei condomini e che derivano dalla sosta dei veicoli in caso di incrocio e dall'utilizzo in salita della rampa non possono ritenersi tali da risultare intollerabili, attesa la non frequenza della prima ipotesi e la velocità comunque moderata dei veicoli imposta dallo stato dei luoghi» (Cassazione civile sez. VI, 05/06/2012, n.9094).
Altra ipotesi di frequente rimostranza è l'abbaio del cane, situazione non sempre facile da valutare.
Certamente, se è riconosciuto in Giurisprudenza che l'abbaio è il verso del cane tramite il quale svolge anche la sua funzione di "guardia" è altrettanto condivisibile che debbano essere apprestate dai proprietari tutte le opportune cautele per non arrecare disturbo agli altri condomini.
Sul punto, appare congrua la motivazione del Giudice di merito ove ciò che ha formato oggetto di censura non è tanto e giustamente l'abbaiare del cane quanto la negligenza del proprietario nella cura dello stesso «che lasciava il cane da solo nel suo appartamento anche nelle ore notturne senza curarsi dei pregiudizi arrecati ai suoi vicini dal continuo abbaiare dell'animale» (Tribunale Lucca, 10/01/2014, n.40).
Immissioni e regolamento di condominio
Fermo quanto sopra, per quanto concerne più strettamente la questione delle immissioni in condominio e le norme da applicare, non possiamo ignorare che, rispetto alla disposizione di cui all'art. 844 Cod. Civ., qualora vi sia una disciplina ad hoc nel regolamento condominiale, le valutazioni del giudice devono basarsi non sul codice civile ma sulle previsioni negoziali del regolamento stesso.
Invero, nei rapporti condominiali, la turbativa ad opera di uno dei condomini che leda la tranquillità degli altri, se è oggetto di espressa tutela di disposizioni contrattuali del regolamento condominiale, non è soggetta alla prescrizione ex art. 844 Cod. Civ., ritenuto e considerato che le norme regolamentari di natura contrattuale sono suscettibili di imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori di quelle stabilite dall'indicata norma generale.
A conforto, la Giurisprudenza ha condiviso che «quando si invoca, a sostegno dell'obbligazione di non fare, il rispetto di una clausola del regolamento contrattuale che restringa poteri e facoltà dei singoli condomini sui piani o sulle porzioni di piano in proprietà esclusiva, il giudice è chiamato a valutare la legittimità o meno dell'immissione, non sotto la lente dell'art. 844 c.c., ma esclusivamente in base al tenore delle previsioni negoziali di quel regolamento, costitutive di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca» (Tribunale Milano sez. XIII, 05/12/2018, n.12316).
In rispondenza a quanto sopra, a titolo esemplificativo, il regolamento condominiale può prevedere ed indicare gli orari di riposo in cui vige l'espresso divieto di svolgere alcune attività o tenere determinate condotte che possono arrecare disturbo come il suono di strumenti musicali e/o il canto, l'ascolto di musica oltre un determinato volume, oppure giochi nel cortile condominiale.