Molto spesso le liti, anche quelle potenziali, sono oggetto di transazione. In pratica, mediante reciproche concessioni, le parti si accordano per la definizione di ogni contrasto riducendo le proprie pretese. Procedono, quindi, alla sottoscrizione del patto, confidando nell'adempimento della controparte unitamente al proprio.
Nel caso in commento, invece, secondo la tesi di due condòmini, il fabbricato, con il quale avevano concordato una transazione, non aveva rispettato, puntualmente, i termini dell'accordo. Per questo motivo i singoli hanno invocato la risoluzione del contratto e la reviviscenza della situazione antecedente al medesimo.
Ne è scaturito, quindi, un procedimento giudiziario appena culminato con la sentenza n. 125 del 24 gennaio 2023 emessa dal Tribunale di Cosenza.
In particolare, in tale sede, l'ufficio calabrese ha precisato in che termini è ammissibile proporre questa domanda e cioè se e quando è possibile invocare la risoluzione di un contratto di transazione.
Ora, però, è opportuno approfondire il caso concreto.
Risoluzione transazione in condominio. Il caso concreto
In un fabbricato cosentino, nell'ottobre del 2013, due condòmini addivenivano ad una transazione con il fabbricato con la quale erano risolte varie questioni pendenti.
Ad esempio, c'era un problema relativo alle tabelle millesimali che, secondo i detti proprietari, erano vetuste e non corrispondenti alla realtà. Per tale ragione, questi chiedevano al condominio, che accettava, di procedere, immediatamente, alla revisione. I condòmini de quo, invece, erano debitori di una somma consistente nei riguardi dell'edificio. Con la transazione, questi s'impegnavano a restituire l'arretrato in rate mensili.
Ebbene, a quanto pare, firmato l'accordo, non tutto filava liscio come era lecito aspettarsi. In particolare, il condominio non procedeva alla pattuita revisione delle tabelle millesimali, costringendo, quindi, la controparte ad avviare il procedimento ad hoc per addivenire al medesimo risultato. Nel contempo, però, i condòmini de quo sospendevano il pagamento delle rate concordate.
La questione era, quindi, oggetto di trattazione dinanzi al Tribunale di Cosenza. In tale sede, infatti, i condòmini chiedevano la risoluzione del contratto di transazione. Il convenuto fabbricato, invece, non si opponeva alla richiesta, anzi vi aderiva, ma invocava la prevalente responsabilità della controparte nella frustrazione dei reciprochi interessi tutelati nel contratto in discussione.
L'ufficio calabrese, esaminati gli atti, ha accolto la domanda di risoluzione e ha considerato l'inadempimento del fabbricato prevalente rispetto a quello degli attori che, invece, avevano giustamente sospeso il concordato pagamento dell'arretrato condominiale.
Transazione novativa: può essere risolta?
Con la risoluzione del contratto di transazione, ad esempio per il grave inadempimento di una delle parti, si verifica la reviviscenza dei rapporti originari. Tuttavia, ciò non è possibile nel caso in cui l'accordo è stato di natura novativa.
In quest'ultima circostanza, infatti, la transazione produce l'estinzione di tutti i rapporti oggetto del contratto e definiti da questo. Secondo la legge, perciò, non è possibile chiedere ed ottenere alcuna risoluzione, a meno che non l'abbiano previsto i contraenti "La risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato (art. 1976 cod. civ.)".
Nella vicenda in commento, quindi, il Tribunale di Cosenza ha prima evidenziato la natura non novativa dell'accordo impugnato. Esso, infatti, non aveva estinto alcunché e si era solo limitato a modificare i reciproci e precedenti rapporti tra le parti.
Ciò era avvenuto attraverso una consistente riduzione delle opposte pretese, con l'aggiunta dell'obbligo di revisione delle tabelle millesimali, a cure ed opera del condominio, entro un termine immediatamente successivo al contratto.
Perciò, la risoluzione della transazione, per inadempimento, era ammissibile.
Inadempimento reciproco: cosa succede se entrambi chiedono la risoluzione?
Nella vicenda sottoposta al vaglio del Tribunale di Cosenza, entrambe le parti in giudizio, per ragioni ovviamente differenti ed incolpando ognuna l'altra, hanno chiesto la risoluzione del contratto di transazione.
Pertanto, l'ufficio de quo, ha chiarito che, pur mancando un mutuo consenso negoziale, lo scioglimento del rapporto negoziale doveva essere acclarato, poiché entrambe i protagonisti del processo miravano a questo identico scopo. Ciò, ha aggiunto il magistrato, non poteva essere privo di rilievo.
Restava, però, da stabilire a chi attribuire la colpa della risoluzione e, in tale direzione, è importante ricordare che è compito del giudice individuare quale della parti in causa abbia assunto dei comportamenti in grado di alterare il sinallagma contrattuale "Ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche deve quindi procedersi ad un esame del comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi e all'oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale, con la conseguenza che, qualora l'inadempimento di una delle parti sia valutato come prevalente deve considerarsi legittimo il rifiuto dell'altra di adempiere alla propria obbligazione (Cass. n. 13827/2019)".
Ebbene, tornando al caso in esame, è stato accertato l'inadempimento del condominio. Questi, infatti, nonostante si fosse impegnato a revisionare le tabelle, non aveva proceduto in tal senso.
Secondo il Tribunale di Cosenza è stata una condotta ingiustificabile, anche in ragione della rilevante difformità dei valori millesimali in discussione, acclarata in un separato procedimento.
In ragione di ciò, il condominio è stato ritenuto responsabile della risoluzione della transazione.