Nel procedimento appena conclusosi con la recente sentenza n. 703 del 21 giugno 2023, il Tribunale di Civitavecchia ha risolto una lite tra un condominio e un'impresa edile. L'oggetto del contenzioso, manco a scriverlo, è stato un contratto di appalto.
In particolare, come spesso accade, le parti sono andate in contraddizione per l'inadempimento dell'appaltatore. Secondo la tesi del committente, i lavori non erano stati completati nel termine pattuito, il contratto si era risolto e le somme, sin lì versate, dovevano essere restituite.
All'ufficio laziale, perciò, è stato affidato il compito di dirimere la diatriba. Non mi resta, quindi, che approfondire e meglio specificare il caso concreto.
Risoluzione dell'appalto: obbligo di restituzione delle somme versate
In un condominio del litorale laziale, nel febbraio del 2019, l'amministratore del fabbricato, previa autorizzazione assembleare, stipulava con un'impresa un contratto di appalto.
In base a quest'ultimo, entro un termine perentorio di cinquanta giorni solari dall'inizio dei lavori, pena la risoluzione automatica del contratto, per la somma complessiva di € 77.000,00, dovevano essere risanate le facciate del fabbricato.
In ragione di ciò, iniziati i lavori ed emesse le prime tre fatture in avanzamento, l'ente provvedeva al regolare saldo delle medesime per circa € 17.000,00. Nonostante ciò e il contratto in corso, i lavori erano sospesi e non venivano terminati nel termine pattuito.
Nasceva, perciò, l'inevitabile contenzioso sul punto che vedeva il condominio, non prima di aver sollecitato la controparte al rispetto degli accordi, invocare la risoluzione automatica del contratto e la richiesta di restituzione degli importi sin lì versati oltre ai danni ulteriori. Domande, queste, che erano, ritualmente proposte in sede giudiziale.
Dinanzi al competente Tribunale di Civitavecchia, l'impresa convenuta, nonostante fosse stata regolarmente citata, restava contumace, così com'era assente il rappresentante legale della medesima all'interrogatorio formale articolato e disposto in fase istruttoria.
Al termine del procedimento, l'ufficio laziale ha accolto la domanda. Per il magistrato, infatti, era stato acclarato l'inadempimento dell'appaltatore nonché la risoluzione automatica del contratto ex tunc, atteso il vano decorso del termine per il completamento dei lavori e la clausola risolutiva espressa prevista nell'accordo.
Per questo motivo, andava applicato l'art. 1458 cod. civ. e i 17.000,00 euro già versati dovevano essere restituiti al committente.
Risoluzione dell'appalto e principi di restituzione delle somme
Con la sentenza in commento, alla luce della risoluzione di un appalto, il Tribunale di Civitavecchia ha applicato il principio sancito dall'art. 1458 co. 1 cod. civ., in base al quale si retroagisce al momento della firma del contratto anche in merito alle prestazioni già eseguite (ex multis Cass. sent. n. 15705/2013).
In ragione di tale impostazione interpretativa, possiamo affermare che il prezzo versato, sostanzialmente corrispondente al valore delle opere già realizzate, è stato restituito al committente a titolo di equivalente pecuniario della dovuta restitutio in integrum "la restituzione delle somme versate dal Condominio rappresenta già di per sé una forma di risarcimento del danno, seppure in via equitativa".
Di diverso avviso, invece, pare essere una pronuncia degli Ermellini, per la quale nel caso di risoluzione del contratto per colpa dell'appaltatore, quest'ultimo ha, comunque, diritto al compenso per le opere eseguite e delle quali il committente ha beneficiato. Ciò, verificandosi "per entrambi i contraenti ed indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempienza, una totale restitutio in integrum. (Cass. ord. n. 27640/2018)".
Si può concludere, perciò, che, in tema di risoluzione del contratto di appalto ex art. 1458 cod. civ., con la sentenza in esame, il Tribunale di Civitavecchia ha aderito al primo degli orientamenti sopra descritti.