"Qualora le infiltrazioni d'acqua, provenienti dal tetto di un Condominio, cagionino un danno ad un condomino, responsabile non è solamente il Condominio stesso ma altresì, ai sensi dell'art. 2051 c.c., il proprietario dell'appartamento sovrastante quello del danneggiato che non abbia provveduto alla manutenzione ordinaria del proprio immobile". (Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza del 4 aprile 2018, n. 8393).
La vicenda. Tizio aveva proposto azione di risarcimento danni nei confronti di Caio a causa delle infiltrazioni provenienti dall'immobile di questo. In primo grado, il giudice di pace condannava Caio al risarcimento del danno.
In secondo grado, il Tribunale di Frosinone riformava la sentenza di primo grado, rideterminando il danno da risarcire in quanto, secondo il Tribunale, la causa principale delle infiltrazioni lamentate era da ascrivere alla vetustà del tetto di copertura del fabbricato, come tale, la responsabilità delle infiltrazioni a carico dell'immobile di Tizio, andava imputata all'intero condominio. Tuttavia, secondo il Tribunale (in grado di appello), andava comunque ascrivibile all'originario convenuto il non avere attuato, nel corso degli anni, nemmeno la manutenzione ordinaria del proprio appartamento (senza preoccuparsi di sollecitare l'esecuzione dei lavori condominiali ed anzi disinteressandosi delle richieste dei condomini) e lasciandolo privo di infissi (come riferito dai testi) di talché l'acqua piovana attingeva direttamente il pavimento interno, evidentemente non predisposto a svolgere funzione di impermeabilizzazione. Di conseguenza doveva applicarsi il criterio di spesa previsto dall'art. 1227 c.c. Avverso tale pronuncia, Caio ha proposto ricorso per cassazione.
Il ragionamento della Corte di Cassazione. Secondo i giudici di legittimità, gli elementi che avrebbero contribuito a determinare i danni da infiltrazioni era dipesi da: completa vetustà del tetto di copertura dell'intero edificio; la mancata manutenzione ordinaria dell'appartamento di proprietà di Caio; il verificarsi dell'allagamento nel mese di dicembre 2008, allorquando i lavori di rifacimento del tetto era stati appaltati. Dunque, secondo la Corte di cassazione, se è vero che nel caso specifico il Tribunale (in grado di appello) ha accertato una responsabilità del condominio è anche vero, che ha accertato una responsabilità esclusa di Caio per mancata custodia dell'appartamento di sua proprietà. A parere della Corte, tale responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale che, nel caso in esame quell'onere non è stato assolto.
A tal proposito, il Tribunale aveva evidenziato che: "(...) appare ascrivibile all'originario convenuto ex art. 2051 cod. civ. il non avere attuato nel corso degli anni nemmeno la manutenzione ordinaria del proprio appartamento (...) e lasciandolo privo di infissi di talché l'acqua piovana attingeva direttamente il pavimento interno evidentemente non predisposto a svolgere funzione di impermeabilizzazione (...)".
In conclusione, per i motivi esposti, secondo la Cassazione, in considerazione del grado di responsabilità in ordine alle infiltrazioni a carico dell'appartamento di Tizio, il Tribunale ha correttamente posto a carico di Caio, ai sensi dell'art. 1227 cod. civ. i due terzi della spesa complessiva per il ripristino dell'appartamento attoreo. Pertanto il ricorso di Caio è stato rigettato.