Il fatto. Uno dei condomini citava in giudizio il Condominio chiedendone la condanna all'eliminazione delle cause di infiltrazione d'acqua che interessavano il proprio appartamento al primo piano, oltre al risarcimento dei danni, incluso il maggiori costo del riscaldamento. A difesa della propria posizione, il Condomino affermava di aver adempiuto a tutti gli obblighi spettanti in qualità di custode, sin dall'anno 2003, epoca in cui sono stati effettuati lavori di manutenzione straordinaria dello stabile riguardanti anche il sistema di smaltimento delle acque e del sistema fognario.
Il Tribunale ha accolto la domanda relativa all'accertamento della responsabilità del Condominio.
Responsabilità per mancata custodia. Come accertato dal consulente tecnico nominato dal giudice, le infiltrazioni d'acqua lamentate insistono nell'appartamento dell'attore a causa della mancata regolamentazione delle acque meteoriche sia dell'area condominiale di parcheggio che dei pluviali dai quali l'acqua defluisce a cielo libero, la cui mancanza risulta addebitabile, appunto, al Condominio.
Rischio di danni a terzi. Scatta dunque la responsabilità per mancata custodia a carico dell'ente condominiale ex art. 2051 c.c.
Tale disposizione - spiega il tribunale - prevede una imputazione del danno al custode della cosa sulla sola base del nesso causale fra la cosa stessa e l'evento dannoso.
Il fondamento della responsabilità è dunque costituito dal rischio (di provocare danni a terzi) insito nella cosa, che la legge imputa al responsabile per effetto del rapporto di custodia (Cfr. Cass. civ. 13/01/2015 n. 295).
Obbligo di manutenzione dell'area di parcheggio comune. In tema di condominio è indiscutibile che l'ente di gestione ha la custodia delle parti comuni, di cui certamente l'area condominiale di parcheggio fa parte.
Si legge nella sentenza che il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno rispondendo, in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile (Cass. civ. 12/07/2011, n. 15291).
Il Condominio risponde per i difetti di costruzione. Nel caso di specie, come detto, si tratta di danni imputabili a difetti costruttivi. È stato accertato che le infiltrazioni d'acqua provenivano dall'area condominiale di parcheggio, con pendenza verso il fabbricato dell'attore, senza griglie, nonché dai pluviali dai quali l'acqua defluisce a cielo libero direttamente sul piazzale.
Prova liberatoria. A fronte di tali accertamenti, il Condominio non ha fornito la prova liberatoria del caso fortuito, unica idonea a superare la presunzione di responsabilità a suo carico posta dall'art. 2051 c.c. per le infiltrazioni che interessano l'appartamento dell'attore.
La decisione. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 8803 del 26 aprile 2019, ha accertato la responsabilità del Condominio condannandolo ad eseguire tutte le opere di ripristino come indicate dal CTU nella perizia tecnica, necessarie per eliminare le infiltrazioni in questione; ha invece respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata dal condomino, perché ritenuta troppo generica e del tutto sfornita di prova.
La prova del danno. Il Tribunale di Roma, nel solco della giurisprudenza di legittimità, ricorda che la parte che agisce per il risarcimento del danno ha il dovere di indicare analiticamente e con rigore i fatti materiali che assume essere stati fonte di danno. E dunque:
- in cosa è consistito il pregiudizio non patrimoniale;
- in cosa è consistito il pregiudizio patrimoniale;
- con quali criteri di calcolo dovrà essere computato il danno.
Ne consegue che "una richiesta di risarcimento dei «danni subiti e subendi», quando non sia accompagnata dalla concreta descrizione del pregiudizio di cui si chiede il ristoro, va qualificata generica ed inutile".
Generica, perché non mette né il giudice, né il convenuto, in condizione di sapere di quale concreto pregiudizio si chieda il ristoro; inutile, perché tale genericità non fa sorgere in capo al giudice il potere dovere di provvedere (Cass. civ. 30/06/2015, n. 13328).
Pertanto, anche alla luce della assoluta genericità della formulazione, la domanda risarcitoria del condominio è stata respinta dal Tribunale.