Per espressa previsione legislativa (art. 1117, nr. 3, c.c.), l'ascensore è un bene comune; da tanto deriva la necessità che alla sua manutenzione partecipino tutti i condòmini, secondo lo speciale criterio dettato dal codice civile.
Nello specifico, l'art. 1124 c.c. dispone che la spesa per sostituire l'ascensore va ripartita tra i proprietari delle unità immobiliari che usufruiscono dell'impianto, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.
La norma precisa che, al fine del concorso nella metà della spesa ripartita in ragione del valore, si considerano come piani anche le cantine, i palchi morti (la struttura lignea che limita sopra di sé un vano non abitabile), le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.
Tale criterio, che può essere derogato solamente da una diversa disposizione adottata all'unanimità (come meglio si dirà in conclusione), vale non solo per la sostituzione dell'intero ascensore ma per ogni altro tipo di intervento, ordinario o straordinario (ad esempio, la sostituzione del solo motore o il cambio delle funi).
La giurisprudenza (Cass., 27 settembre 2018, n. 23222) ha precisato che «a differenza dell'installazione "ex novo" di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l'art. 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino), quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore già esistente vanno ripartite ai sensi dell'art. 1124 c.c.»
Secondo la citata sentenza, al pari delle scale, l'impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune anche relativamente ai condòmini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché pure tali condòmini ne fruiscano, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell'ascensore, in rapporto e in proporzione all'utilità che possono in ipotesi trarne.
Alla luce di quanto appena illustrato, possiamo dunque affermare che la sostituzione dell'ascensore è posta a carico di tutti i condòmini, anche di coloro che vivono al pianterreno, secondo lo speciale criterio ibrido stabilito dall'art. 1124 c.c., a tenore del quale le spese si dividono per metà in ragione dei millesimi e per la restante metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo, con l'ovvia conseguenza che chi abita al pianoterra e ai piani più bassi pagherà meno di chi abita più in alto.
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La spesa è posta a carico anche dei soggetti che godono di ingresso separato, nella misura in cui l'ascensore può (potenzialmente) servire loro per raggiungere le parti comuni poste in alto (tetto, terrazzo, ecc.).
Va sempre fatta salva l'applicazione del criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 1123 c.c., a tenore del quale se un edificio ha più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità.
Tale principio si applica anche nel caso di sostituzione integrale del bene comune, con la conseguenza che, in un condominio parziale costituito da più scale, ogni palazzina dovrà sostenere le spese inerenti alla manutenzione/sostituzione del proprio ascensore.
Infine, per quanto concerne la deroga al criterio di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione dell'ascensore di cui all'art. 1124 c.c., è il caso di richiamare quanto statuito dalla Suprema Corte (12 settembre 2018, n. 22157), secondo la quale «Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori può essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce "di natura contrattuale"), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, ovvero col consenso di tutti i condòmini».