Premessa: questo articolo non fornisce soluzioni, ma propone delle valutazioni sulla base della legislazione/giurisprudenza, vigente.
Svolte questa necessaria premessa entriamo nel merito grazie ad in quesito di un nostro lettore:
Lo scorso anno l'amministratore del condominio in cui vivo ha intrattenuto una fitta corrispondenza con un altro condomino che abita fuori dall'edificio.
Quando ha presentato il rendiconto in assemblea, ho notato che le spese postali – in verità non soltanto queste ma tutte – sono ripartite tra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà.
Io credo che sarebbe più giusto addossare queste spese al diretto interessato: insomma se io pretendo che l'amministratore mi risponda è più corretto che la spesa di quella risposta ricada direttamente su di me. Sbaglio? Se ho ragione che fare?
Al riguardo, in giurisprudenza, osserviamo due orientamenti parzialmente difformi.
Il primo, di carattere generale, trova espressione in una sentenza resa dal Tribunale di Napoli nel 2003. Si legge in questa pronuncia che “le spese postali sopportate dal condominio, anche se relative all'invio della corrispondenza a singoli condomini, attenendo alle spese di amministrazione del condominio, vanno ripartite tra tutti i condomini, in base alle tabelle millesimali e non, invece, imputate «ad personam»”. (Trib. di Napoli, 29 novembre 2003, n. 12015 di recente, in senso conf. Trib. Milano 9 giugno 2015, n. 7103).
La seconda posizione, che riguarda specificamente le spese postali sostenute dal condominio per la convocazione dell'assemblea condominiale, è stata espressa dal Tribunale di Genova, che in una sentenza del 1993 ha affermato che spese per la convocazione dell'assemblea, in quanto d'interesse individuale (corretta informazione del condomino rispetto allo svolgimento della riunione) debbono essere espunte dalle spese generali e addebitate direttamente al singolo in favore del quale sono state sostenute).
Non c'è che dire: quanto meno rispetto alla convocazione dell'assemblea si tratta di due posizioni diametralmente opposte. D'altra parte, come ha acutamente affermato autorevole dottrina, “il problema della ripartizione delle spese è quello che, in Italia, ha portato una completa disarmonia nell'istituto condominiale” (così Terzago, Il condominio, Giuffrè, 1985). Né la riforma del condominio ha dato una risposta che sarebbe stata ben auspicabile.
Il problema, nell'approccio a questo genere di questioni (si pensi anche alle spese da suddividersi tra i condòmini in parti uguali, criterio non espressamente contemplato dalla legge), è sempre lo stesso: al di là della stringata valutazione codicistica, rispetto ad alcune spese è possibile considerare ragioni di equità sostanziale che portino a concludere per l'addebito delle spese alla persona che le ha generate?
Per quanto riguarda situazioni nelle quali è necessario porre a base di ciò valutazioni di responsabilità la risposta è negativa: il condominio, dice la Cassazione, non ha poteri di autotutela e se ritiene che un condomino abbia causato un danno abbia un responsabilità rispetto ad alcune spese, allora dovrebbe fare accertare ciò giudizialmente.
Lo stesso discorso dev'essere fatto per le spese postali (se io scrivo una lettera a Tizio a meno che non gli invio una lettera con contrassegno sopporto io le spese per la missiva), oppure vale quanto affermato dal Tribunale di Genova?
Chiaramente propendere per una o l'altra posizione, stante anche l'incertezza giurisprudenziale sul punto, consente di affermare che la deliberazione secondo tabella millesimale debba essere considerata invalida o legittima.