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Rinuncia all'esonero delle spese per gli appartamenti invenduti da parte del costruttore del caseggiato

La clausola che prevede l'esonero dal pagamento delle spese condominiali predisposta dal costruttore/venditore dell'edificio può qualificarsi come vessatoria.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
8 Ott, 2024

Non è raro che in un regolamento si legga che il costruttore è esonerato totalmente dal partecipare a qualsiasi spesa condominiale, per la quota riguardante eventuali unità immobiliari rimaste invendute e per i periodi che tali unità immobiliari resteranno vuote o comunque inutilizzate. A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione del Tribunale di Trani (sentenza del 28 settembre 2024 n. 1363).

Costruttore del caseggiato e rinuncia all'esonero delle spese per gli appartamenti invenduti. Fatto e decisione

Un costruttore citava in giudizio il condominio al fine di far dichiarare, previa sospensione, l'inesistenza, la nullità, l'inefficacia e, comunque, l'invalidità di una delibera dell'assemblea del Condominio (adottata il 20 giugno 1997), nonché di una successiva (del 5 maggio 2023) collegata alla prima.

A sostegno della propria pretesa, l'attore notava che il regolamento condominiale del 30 aprile 1994, all'art. 37, prevedeva l'esonero della società costruttrice dall'obbligo di contribuire alle spese di cui all'art. 1123 c.c. per i locali e gli appartamenti invenduti, sfittati e, comunque, inutilizzati.

Il costruttore faceva presente che nel corso dell'assemblea del 20 giugno 1997, tramite rappresentante, aveva manifestato la propria adesione alla proposta di dichiarazione di inefficacia della clausola n. 37 del regolamento condominiale; di conseguenza, data tale adesione, il condominio gli aveva addebitato i costi di gestione dei locali inutilizzati.

Secondo l'attore la delibera del 20 giugno 1997 doveva ritenersi nulla atteso che era stata assunta a maggioranza dei presenti e non all'unanimità.

Lamentava poi che il rappresentante aveva violato i poteri e doveri di rappresentanza di cui era stata investito.

Inoltre, aggiungeva che la decisione in questione (cioè la modifica all'art. 37 del regolamento) non era stata espressamente prevista tra gli argomenti da trattare all'ordine del giorno.

In ogni caso faceva presente che la nullità della detta delibera a monte aveva inficiato la validità della successiva delibera (del 5 maggio 2023) con cui, sul presupposto dell'inefficacia dell'art. 37 del regolamento, era stato approvato il rendiconto consuntivo del 2022 e quello preventivo del 2023. Il costruttore, perciò, chiedeva, previa sospensione, che venisse accertata e dichiarata l'invalidità delle due delibere collegate fra loro. Il convenuto condominio evidenziava che nel corso dell'assemblea del 20 giugno 1997 un rappresentante della società aveva manifestamente rinunciato all'esonero delle spese previsto dal regolamento condominiale; inoltre osservava che il tema della modifica del regolamento era stato espressamente previsto al punto 5 dell'ordine del giorno e, dunque, non vi era stata alcuna violazione dei diritti di partecipazione consapevole era stata posta in essere: Di conseguenza il convenuto riteneva le delibere sopra dette valide, chiedendo il rigetto delle domande proposte dall'attrice. Il Tribunale ha dato ragione al condominio.

Secondo lo stesso giudice l'attore non ha considerato che nello stesso regolamento è scritto quando segue: "qualsiasi modifica del presente regolamento potrà avvenire solo con il consenso di tutti i partecipanti.

A meno che non si tratti delle norme che disciplinano le materie di cui al primo comma dell'art. 1138 c.c., le quali possono essere modificate dall'assemblea con la maggioranza di cui all'articolo stesso purché non venga snaturato il significato di quelle regole ordinarie e non incidano sui diritti anche di un solo condomino". Tale disposizione, come ha sottolineato il giudicante, prevede che le decisioni relative all'uso delle cose comuni e alla ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c., al decoro e all'amministrazione dell'edificio possono essere assunte a maggioranza. Detto quorum è stato effettivamente raggiunto nell'assemblea del 20 giugno 1997. Il Tribunale ha osservato che la rinuncia all'esonero espressa dalla società costruttrice (tramite rappresentante) è da considerare, indipendentemente dal sistema di votazione adottato, una manifestazione di "accettazione" da parte della rappresentante della società, alla "proposta" avanzata dai condomini circa la partecipazione della stessa società alle spese condominiali, peraltro, in conformità all'art. 1123 c.c. In considerazione di quanto sopra, il decidente ha ritenuto irrilevante l'eccezione di difetto del potere di rappresentanza sollevato dal costruttore, dal momento che la stessa non può essere fatta valere nei rapporti tra il condominio e la società costruttrice.

Gli eventuali limiti relativi ai poteri conferiti al delegato possono essere fatti valere solo dal soggetto delegante nei confronti dello stesso delegato e non anche nei confronti di soggetti estranei (i condomini) ai rapporti interni tra delegante e delegato e non si ripercuotono, pertanto, sulle deliberazioni assunte dall'assemblea (del resto non risulta allegato alla delibera del 20 giugno 1997 un atto formale con cui il costruttore ha limitato l'intervento del delegato a taluni affari o la facoltà di esprimere il proprio voto in relazione ad alcuni punti dell'ordine del giorno).

Regolamento ed esonero dalle spese del costruttore, chi può fare valere la nullità della clausola?

Implicazioni legali dell'esonero dalle spese condominiali per immobili invenduti

Accade non di rado che il regolamento condominiale contrattuale predisposto dal proprietario originario - ovvero, dal costruttore/venditore dell'edificio - ed allegato agli atti di acquisto delle singole unità immobiliari contenga una clausola che lo esoneri dall'obbligo di partecipare alle spese condominiali per gli appartamenti di sua proprietà non ancora venduti.

E' stato affermato che la clausola relativa al pagamento delle spese condominiali inserita nel regolamento di condominio predisposto dal costruttore o originario unico proprietario dell'edificio e richiamato nel contratto di vendita della unità immobiliare concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente, può considerarsi vessatoria, ai sensi dell'articolo 33 del codice del consumo (Dlgs 206/2005), ove sia fatta valere dal consumatore o rilevata d'ufficio dal giudice nell'ambito di un giudizio di cui siano parti i soggetti contraenti del rapporto di consumo e sempre che determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (Cass. civ., sez. II, 27/02/2024, n. 5139).

Nel caso esaminato sembra essere stata conclusa a maggioranza una transazione tra il condominio ed un condomino.

A tale proposito sono nulle le delibere con le quali, a maggioranza, sono stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro (Cass. civ., Sez. Un., 14/04/2021, n. 9839).

Nel caso esaminato però una clausola di natura contrattuale del regolamento ha previsto che le decisioni relative all'uso delle cose comuni e alla ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c., al decoro e all'amministrazione dell'edificio possano essere assunte a maggioranza.

Sentenza
Scarica Trib. Trani 28 settembre 2024 n. 1363
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