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Rimozione barriere architettoniche e riparto delle spese

I costi vanno generalmente ripartiti tra tutti i condòmini, ma vi sono anche delle ipotesi particolari.
Avv. Gianfranco Di Rago - Foro di Milano 
21 Set, 2021

Si definiscono barriere architettoniche gli ostacoli fisici che impediscono la fruibilità degli spazi a una persona con ridotte o limitate capacità motorie, sia in ambito pubblico che privato. Il problema, quindi, riguarda anche gli spazi condominiali.

In casi del genere il condòmino diversamente abile può quindi chiedere all'amministratore di sottoporre all'assemblea la delibera relativa all'installazione di un ascensore o di altro impianto utile per garantirgli un comodo accesso alla propria unità immobiliare (si pensi a un servoscala o allo scivolo da installare sui gradini dell'ingresso principale).

Quali maggioranze per la deliberazione assembleare?

In base al disposto dell'art. 2 della legge n. 13 del 1989 è possibile ottenere una deliberazione siffatta con una maggioranza ridotta.

Occorre tenere presente che il più delle volte opere del genere rappresentano una innovazione e, quindi, in base a quanto previsto dall'art. 1120, comma 1, c.c., sarebbe necessario il consenso di tanti condòmini che rappresentino la maggioranza dei presenti e almeno i due terzi dei millesimi dell'edificio (art. 1136, comma 5, c.c.).

Invece il nuovo comma 2 dell'art. 1120 c.c., come modificato dalla riforma del condominio del 2012, consente che tali decisioni possano essere legittimamente adottate dall'assemblea anche con la maggioranza dei presenti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136, comma 2, c.c.).

Sia che la delibera sia diretta all'eliminazione delle barriere architettoniche sia nel caso in cui l'installazione costituisca una miglioria per il godimento delle parti comuni è comunque fatto salvo il disposto di cui agli artt. 1120, ultimo comma, e 1121 c.c.

Pertanto non potranno essere approvate innovazioni che arrechino pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell'edificio o che alterino il decoro architettonico dello stabile, anche se l'intervento sia finalizzato all'abbattimento di barriere architettoniche.

Al fine di non alterare la sicurezza e la stabilità dell'edificio occorrerà rispettare dei precisi requisiti tecnici, mentre occorre sottolineare che per il decoro architettonico la giurisprudenza ha specificato che la modifica diventa rilevante soltanto se e in quanto comporti un pregiudizio economicamente valutabile per l'edificio.

Le innovazioni inoltre non devono rendere inservibili le parti comuni all'uso cui sono destinate o ledere il godimento della proprietà del singolo condomino. Inoltre, in base a quanto previsto dall'art. 1121 c.c., ove l'innovazione possa essere intesa come gravosa o voluttuaria e consista in opere o impianti suscettibili di utilizzazione separata, i condòmini che non intendono trarne vantaggio potranno farne apposita dichiarazione ed essere quindi esonerati dalle relative spese.

Ripartizione delle spese per l'eliminazione delle barriere architettoniche

Con l'approvazione a maggioranza della delibera diretta all'eliminazione di una barriera architettonica, l'assemblea di fatto autorizza una nuova opera o un nuovo impianto di proprietà comune, con l'ovvia conseguenza le spese verranno ripartite tra tutti i condòmini, in misura proporzionale ai rispettivi millesimi di proprietà, secondo il principio generale di cui all'art. 1123, comma 1, c.c..

Come si anticipava, ove si tratti di innovazioni gravose (si pensi, ad esempio, all'installazione di un nuovo ascensore), i condòmini che non siano interessati ad avvalersi dell'impianto, potranno effettuare la relativa dichiarazione in assemblea o all'amministratore ed essere pertanto esonerati dalla relativa spesa, che sarà distribuita tra tutti gli altri condòmini.

In capo ai medesimi resta comunque il diritto di subentrare in un secondo momento nell'utilizzo e nel godimento del bene alle condizioni di cui al medesimo art. 1121 c.c. (con una successiva partecipazione alle spese per l'esecuzione e la manutenzione dell'opera).

La manutenzione dell'impianto costituisce infatti un onere che deve essere sopportato da tutti i comproprietari, secondo il criterio sancito dall'art. 1124 c.c., relativo alle scale, ma applicabile per analogia anche agli ascensori.

Barriere architettoniche, niente detrazioni se la fattura è generica

Resta infine da osservare che, in applicazione del principio del c.d. condominio parziale (art. 1123, comma 3, c.c.), ove il nuovo impianto finalizzato a superare la barriera architettonica sia oggettivamente destinato a servire solo alcuni condòmini, soltanto questi ultimi dovranno sopportare la relativa spesa (salva sempre la possibilità di dissociarsi da essa ex art. 1121 c.c., ove ne ricorrano i presupposti in precedenza indicati).

Esempio classico è quello dell'edificio condominiale che consti di più scale, ove si decida di installare l'impianto di ascensore solo su una di esse (ovviamente in questo caso avranno diritto a votare sulla proposta soltanto i condòmini interessati).

Cosa succede in mancanza di una delibera?

Qualora invece l'assemblea non approvi l'innovazione prospettata, l'art. 2, comma 2, della legge n. 13/89 consente che la persona con disabilità, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possa procedere autonomamente e a proprie spese alla messa in opera di particolari innovazioni sulle parti comuni o di uso comune dell'edificio, quali l'installazione di servoscala o di altre strutture mobili e di facile rimozione, oppure alla modifica dell'ampiezza delle porte di accesso.

Le ricadute applicative del principio sotteso a tale disposizione, che è evidentemente quello di non penalizzare la persona diversamente abile nello svolgimento delle proprie attività quotidiane e di consentire una reale ed effettiva abitabilità dell'unità immobiliare, sono state man mano ampliate dalla giurisprudenza, di legittimità e di merito, facendo applicazione dell'art. 1102 c.c. che, come è noto, consente ai condòmini di fare ampio utilizzo delle parti comuni, a condizione di non alterarne la destinazione e consentire agli altri condòmini di farne parimenti uso.

La norma sulle barriere architettoniche negli edifici privati si applica anche a favore degli anziani

È quindi possibile che il condòmino, in caso di diniego assembleare o anche senza interpellarla preventivamente (anche se, per ovvie ragioni, appare sempre preferibile una soluzione in qualche modo "partecipata", anche per individuare quelle soluzioni tecniche meno impattanti per le parti comuni), si attivi unilateralmente per la realizzazione dell'innovazione finalizzata all'abbattimento della barriera architettonica, utilizzando in misura più ampia degli altri le parti comuni a ciò necessarie (ad esempio la tromba delle scale per l'installazione di un ascensore interno o il cortile condominiale e la facciata dell'edificio come appoggio per l'impianto esterno, ecc. ecc.).

Quanto sopra, ovviamente, dovrà sempre avvenire nel rispetto dei limiti appena ricordati di cui all'art. 1102 c.c., nonché di quelli in precedenza richiamati di cui all'art. 1120, ultimo comma, c.c.

In questo caso, trattandosi di un impianto di proprietà di un unico condòmino, tutte le spese di installazione e manutenzione rimarranno in capo a quest'ultimo. Tuttavia nulla vieta che altri condòmini interessati possano successivamente interpellare detto condòmino per godere a loro volta dell'impianto, subentrando quindi a loro volta nella gestione di dette spese, con un criterio analogo a quello di cui al citato art. 1121 c.c..

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