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Riforma del processo civile in materia condominiale. Ci sarà una compressione di alcuni diritti di natura costituzionale? Analisi e criticità di una scelta

Commento all'art. 9 del Disegno di Legge Delega per la Riforma del Processo Civile in materia condominiale.
Avv. Roberto Rizzo - Foro di Cosenza 
30 Gen, 2020

L'art. 9 del Disegno di Legge Delega per la Riforma del Processo Civile mira a ridurre le ipotesi in cui il Tribunale, investito di una controversia da decidersi funzionalmente in camera di consiglio, è chiamato a pronunciarsi in composizione collegiale; e ciò in relazione a tutte quelle fattispecie in cui non sia obbligatorio l'intervento del pubblico Ministero e l'interesse sotteso alla pronuncia sia quello di "garantire l'attendibilità di stime effettuate o la buona amministrazione di beni comuni."

Tralasciando i casi disciplinati dagli articoli 2343 e 2343 bis del c.c., in quanto non strettamente afferenti alla materia condominiale, che più da vicino ci riguarda, cercheremo di valutare la rilevanza, e, soprattutto gli effetti, dell'eventuale modifica in tal senso del Codice Civile, con riguardo alle ipotesi normate dagli artt. 1105 e 1129 c.c.; l'uno che -in materia di comunione, applicabile per analogia al condominio negli edifici- "prevede la possibilità di ricorrere al Tribunale, che decide in camera di consiglio, quando non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita" e l'altro che -in materia di condominio- disciplina la revoca dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria -sempre il Tribunale in composizione collegiale- nei casi di gravi irregolarità nella gestione della cosa comune.

Riforma della normativa: il legislatore del 2012 ha deciso di non decidere.

Diciamo subito che -in relazione alle ipotesi citate- l'eventuale passaggio da un giudice collegiale ad un giudice monocratico, solleva, nello scrivente, notevoli perplessità in ragione della complessità delle materie affidate alla cognizione del collegio, le quali, probabilmente, hanno modo di essere meglio valutate, nel loro complesso, proprio in virtù ed in funzione della particolare composizione dell'organo giudicante.

Più precisamente, la struttura "complessa" dell'organismo decidente è garanzia di pluralità di vedute in ordine ad una medesima circostanza la quale, se affidata all'esame di un organismo composito ha -probabilmente- modo di essere esaminata da più angolazioni ed in ogni sua sfaccettatura.

Inoltre, la struttura articolata e tripartita del Collegio (Presidente, Relatore ed Estensore) è garanzia di corretto svolgimento dell'intero iter procedimentale che è destinato a concludersi con il provvedimento ritenuto meglio rispondente all'interesse dedotto in giudizio.

Abbiamo, per così dire, insite nella struttura collegiale dell'organo decidente, due garanzie fondamentali per le parti in causa: una decisione finale adottata con la compartecipazione ed il confronto di più determinazioni volitive ed un procedimento, che in tutte le sue varie fasi, viene "sorvegliato", nel suo corretto incedere, dalla compresenza di più figure, secondo il principio per cui il concorso di più soggetti, con compiti differenti, nella formazione dell'artbitrium iudicis, è, indubbiamente, certezza di maggiore democraticità reale ed effettiva giustizia partecipativa.

Con particolare riguardo, poi, all'ipotesi della revoca giudiziale dell'amministratore di condominio per gravi irregolarità, di cui all'art. 1129 c.c., ancor più penetrante s'avverte la necessità della composizione collegiale dell'organo giudicante, posto che la costituzione complessa del Tribunale adito garantirebbe al massimo l'attuazione dei principi che sottendono all'azione.

Concentrazione, celerità, assunzione probatoria informale, intervento diretto del giudice ed adozione dei provvedimenti più opportuni alla tutela dell'interesse dedotto in giudizio, sono alla base dell'esigenza di arrestare -nel minor tempo possibile- il perpetuarsi di condotte illecite -ipoteticamente- poste in essere dal mandatario di cui si invoca la revoca; tutte caratteristiche, le prime, che sono connaturate con l'essenza stessa dei procedimenti collegiali, in quanto procedimenti camerali e di volontaria giurisdizione.

E' chiaro che, qualora si dovesse propendere per la modifica in oggetto, traslando la attuale competenza del Collegio, nelle materie oggetto di analisi, dal Tribunale in composizione Collegiale al Tribunale in composizione Monocratica, il rischio concreto che si correrebbe sarebbe duplice: da un lato, si potrebbe favorire l'adozione di provvedimenti aventi contenuto decisorio -potenzialmente- caratterizzati da una diminutio partecipativa alla fase decisionale, in quanto adottati, non da un organo complesso, ma da un unico Magistrato, con conseguente cassazione del confronto costruttivo tra le valutazioni dei singoli Giudici e minori potenzialità partecipative nella formazione della parte motiva e dispositiva dell'atto (sentenza o decreto) conclusivo del processo; dall'altro, cosa forse ancor più grave, se rapportata, in special modo, alla revoca giudiziaria dell'amministratore infedele, si correrebbe il rischio di ingolfare ulteriormente il già di per sé enorme carico di lavoro dei Giudici Monocratici, con la certezza, quasi preventivabile, di mortificare definitivamente le aspirazioni delle parti in causa ad avere una tutela degli interessi dedotti in giudizio quanto più rapida possibile.

Sul punto, autorevole dottrina ha rilevato che: "Una Giustizia realizzata a rilento (…) provoca danni economici (immobilizzando beni e capitali), favorisce la speculazione e l'insolvenza, accentua la discriminazione tra chi ha la possibilità di attendere e chi nell'attesa ha tutto da perdere." (Trocker, Processo Civile e Costituzione, Milano, 1974, pgg. 276, 277); ed ancora: "Quanto precede è sufficiente a dimostrare che la tutela giurisdizionale garantita a tutti dall'art. 24, I° comma Cost., è tale solo se la "distensione diacronica" del procedimento giurisdizionale viene contenuta nei limiti strettamente necessari ad assicurare una decisione conforme a giustizia." (Andolina I. Vignera G., I fondamenti Costituzionali della Giustizia Civile, Giappichelli Editore, Torino, 1997, pg. 96).

Il parere chiede di escludere il penale e rinviare le competenze sul condominio.

Quanto sin qui argomentato, a sostegno dei dubbi e delle incertezze suscitate -nello scrivente- dall'art. 9 del Disegno di Legge Delega di Riforma del Processo Civile, in ambito condominiale, apre la strada ad ulteriori spunti di riflessione che lasciamo al lettore, ma che, tutti, andrebbero approfonditi al tavolo della Riforma ipotizzata:

  • nel sopprimere le ipotesi di competenza collegiale, relativamente alla casistica evidenziata, quale forma procedurale sarebbe da preferire?
  • Il Giudice eventualmente investito della competenza dovrebbe essere (auspicabilmente) un togato o un Giudice Onorario di Tribunale (G.O.T.)?
  • Ed ancora, come garantire la celerità e la snellezza dei processi, in materia di revoca giudiziale dell'amministratore condominiale, a fronte dell'enorme carico di contenzioso gravante sui Giudici monocratici?

Ai posteri l'ardua sentenza …….

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