Le tabelle millesimali rappresentano le quote di proprietà nel condominio, espresso come rapporto fra il valore di ciascuna unità e il valore dell'intero edificio, uguale a mille. Ma qual è il valore delle tabelle millesimali se l'edificio a cui si riferiscono viene completamente (o in gran parte) demolito per essere ricostruito?
È questo il caso affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 21716 dell'8 ottobre 2020. La questione riguarda la validità delle tabelle millesimali approvate precedentemente alla ristrutturazione del fabbricato a seguito del sisma che ha colpito l'Italia (e, in particolare, l'Irpinia) nel novembre del 1980.
La sentenza tocca il tema dell'estinzione del condominio e della successiva determinazione delle quote di proprietà. In un'ipotesi del genere, hanno ancora validità le tabelle millesimali approvate a maggioranza dall'assemblea?
Quote condominiali: il caso sottoposto alla Corte di Cassazione
La vicenda sottoposta alla Suprema Corte prende le mosse da un'azione legale finalizzata a ottenere lo scioglimento della comunione su un fabbricato gravemente danneggiato dal sisma del 1980.
All'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale approvava il progetto di divisione. Avverso tale sentenza proponeva appello uno dei comproprietari, il quale lamentava l'erronea individuazione dei valori millesimali sulla scorta dei quali poi procedere all'attribuzione della proprietà del fabbricato ricostruito.
Nel giudizio d'appello si costituiva altro comproprietario il quale, tra le altre cose, deduceva che una tabella millesimale era già stata approvata dal condominio e che, quindi, era erronea la decisione di attribuire analogo incarico al Ctu al fine di giungere all'esatta determinazione delle quote di proprietà.
La Corte d'Appello disponeva procedersi allo scioglimento della comunione in conformità del progetto redatto dal Ctu nominato nel secondo grado di giudizio.
Il giudice di secondo grado evidenziava che non poteva trovare applicazione il disposto di cui all'art. 12 della legge n. 219/81, che permetteva l'approvazione di delibere condominiali di ricostruzione e riparazione di edifici danneggiati dal sisma del 23 novembre 1980 con le maggioranze di cui all'art. 1136, co. 2 c.c., posto che era stata approvata una ricostruzione con modalità difformi dall'edificio originario.
Pertanto, secondo la Corte territoriale, operavano le norme in materia di accessione con la nascita di una comunione sull'edificio riedificato, immobile da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo.
Quote condominio e tabelle: i motivi del ricorso in Cassazione
Avverso la decisione d'appello veniva proposto ricorso per Cassazione. Tra le doglianze ne spicca una che interessa l'argomento di cui ci stiamo occupando.
Secondo il ricorrente, erroneamente il giudice di appello ha fatto proprie le conclusioni del Ctu quanto alla predisposizione delle nuove tabelle millesimali, trascurando che vi erano delle preesistenti tabelle già approvate dall'assemblea.
Ne discende che, in presenza di una valida tabella già determinata in sede assembleare, non essendo necessaria una delibera con il voto favorevole di tutti i condomini (secondo il disposto dell'art. 12 della legge 219/81 e della sentenza n. 18477/2010 resa a Sezioni Unite), la decisione non avrebbe potuto prescindere dal contenuto di tali tabelle, ancora vincolanti.
In altre parole, il ricorrente, al fine di pervenire allo scioglimento della comunione, e quindi di ripartire le varie unità immobiliari inserite nell'edificio ricostruito, ritiene che abbiano assunto carattere vincolante le tabelle millesimali oggetto di approvazione nel corso dell'assemblea, sia pur con il voto non unanime di tutti i comproprietari.
Estinzione condominio e determinazione quote: la decisione della Corte
I supremi giudici ritengono infondata la censura. Correttamente la sentenza impugnata ha sottolineato come non potesse trovare applicazione la previsione di cui all'art. 12 della legge n. 219/81 circa l'approvazione a maggioranza delle tabelle millesimali, posto che la ricostruzione dell'edificio danneggiato dal sisma era stata deliberata (all'unanimità) con la previsione di una ricostruzione in maniera difforme dal manufatto originario, con la realizzazione di nuovi piani aggiunti, il che impediva di ritenere che potesse ipotizzarsi il protrarsi del vecchio condominio.
In tal caso, come affermato da precedente giurisprudenza (Cass. n. 12775/2008), il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti dell'edificio condominiale, determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione pro indiviso dell'area di risulta, potendo la condominialità essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente.
Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione è soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote (in senso conforme Cass. n. 11201/1996, che precisa come il condominio nasca solo quando i comunisti individuano gli appartamenti di proprietà esclusiva di ciascuno di essi, con un'operazione negoziale che assume la portata di una vera e propria divisione).
Dunque, rileva la Cassazione che deve escludersi che sul piano sostanziale possa invocarsi, ai fini della divisione del fabbricato oggetto di comunione ordinaria, quale conseguenza della ricostruzione dell'edificio diruto in termini difformi dal preesistente, una determinazione dei valori proprietari non oggetto di decisione unanime da parte di tutti i condomini, ma assunta con il voto maggioritario.
Ricostruzione edificio e ripartizione quote
La sentenza in commento è di estremo interesse in quanto afferma il principio secondo il quale, a fronte dell'estinzione del condominio per sua ricostruzione in maniera sostanzialmente difforme al passato, la determinazione delle quote di proprietà non può desumersi dalle tabelle millesimali approvate a maggioranza, ma occorre una divisione che tenga conto delle quote originarie dei comproprietari del suolo.
In alternativa, è possibile dividere la proprietà secondo il consenso dei proprietari, ma solo se c'è l'unanimità.
A ben vedere, la sentenza in commento non si pone in contrasto con il precedente orientamento. La Suprema Corte, con la nota sentenza numero 18477/2010 resa a Sezioni Unite, aveva affermato che, in tema di condominio, l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, secondo comma, cod. civ. (numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio).
Questo principio, però, appare suscettibile di trovare applicazione fin quando un condominio sia ancora in essere, e le tabelle mirino ad assicurare il suo funzionamento, tramite l'individuazione dei criteri sulla base dei quali pervenire alla valida formazione della volontà in ordine alla gestione del bene comune.
Nella vicenda del condominio da ricostruire, invece, rileva la diversa considerazione che, attesa la precedente delibera assembleare adottata all'unanimità, con la quale si era statuito di abbattere anche le parti rimaste in piedi dopo la devastazione del sisma e di procedere alla ricostruzione con modalità diverse dal passato, era venuto meno il condominio originario e la determinazione dei valori millesimali era funzionale non più alle finalità cui ordinariamente assolvono le tabelle millesimali, ma al diverso ed esclusivo scopo di statuire in merito alla quota di compartecipazione di ognuno dei condividenti sul bene oggetto di comunione, onde predeterminare i criteri (sebbene sulla scorta dei valori proprietari originari) in base ai quali addivenire allo scioglimento della comunione sul nuovo edificio.
In tale diversa prospettiva, deve richiamarsi il costante principio della Corte di Cassazione secondo cui (cfr. da ultimo Cass. n. 8520/2017), poiché le tabelle millesimali hanno funzione accertativa e valutativa delle quote condominiali, al fine di ripartire le relative spese e stabilire la misura del diritto di partecipazione alla volontà assembleare, non possono incidere sui diritti reali spettanti a ciascun condomino, di guisa che, nel caso di specie, poiché l'intento di tali tabelle non era quello di individuare un criterio strumentale all'ordinato svolgimento della vita condominiale, bensì quello di accertare l'entità dei diritti vantati dai singoli (ex) condomini sul nuovo edificio, la loro approvazione non poteva che avvenire all'unanimità; con l'effetto che, una volta manifestatasi l'impossibilità di addivenire a tale esito in via stragiudiziale, era specifico compito del giudice, chiamato a sciogliere la comunione, procedere autonomamente alla fissazione dei criteri sulla scorta dei quali procedere al frazionamento della proprietà indivisa.
Colgono nel segno le considerazioni del giudice di appello laddove ha evidenziato che, attenendo la misurazione delle quote di proprietà ad una divisione di cosa futura, la predeterminazione dei valori spettanti ad ognuno degli originari condòmini, ove intervenuta in via negoziale, si configurava alla stregua di un negozio di accertamento, che presuppone però l'approvazione unanime degli interessati, la cui assenza legittima ed impone, quindi, l'indagine affidata al Ctu, occorrendo supplire all'inerzia negoziale con la determinazione giudiziale.