Le clausole del regolamento limitative dei poteri e delle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà possono risultare non vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti. Il problema è stato recentemente affrontato dal Tribunale di Napoli nella sentenza n. 6274 del 18 giugno 2024.
Regolamento di condominio e divieto di svolgimento dell'attività di affittacamere non opponibile a terzi. Fatto e decisione
Un appartamento veniva locato dall'usufruttuaria e dal nudo proprietario ad un conduttore che decideva di esercitare nell'appartamento l'attività di affittacamere.
Una condomina, con raccomandata, invitava i titolari dell'immobile ed il conduttore a cessare qualsiasi attività contraria al regolamento di condominio (di natura contrattuale in quanto trascritto in data 29.5.1926); in particolare lamentava la violazione dell'articolo XI, disposizione che testualmente stabiliva quanto segue: "È vietato di destinare tutti i locali ad uso di scuole, agenzie di pegni, case da gioco, sanatori o case di salute per malattie infettive o contagiose, di esercitarvi l'industria delle camere mobiliate, e di farne comunque uso contrario alla tranquillità, alla decenza ed al buon nome del caseggiato.
È vietato del pari di destinare sia le case che i terranei ed i sotterranei ad industrie rumorose, emananti esalazioni nocive o pericolose per l'igiene e l'incolumità dei vicini".
La stessa condomina, non ottenendo riscontro alla sua comunicazione e dopo aver introdotto procedimento di mediazione conclusosi con verbale negativo, citava davanti al Tribunale i titolari dell'appartamento ed il conduttore, chiedendo la condanna dei convenuti, in solido tra loro, alla immediata cessazione dell'utilizzo dell'immobile contrario al regolamento.
I convenuti si costituivano in giudizio e chiedevano ed ottenevano l'autorizzazione a chiamare in causa gli altri proprietari di immobili che esercitano la medesima attività di affittacamere nel caseggiato, affinché, nella ipotesi di accoglimento della domanda dell'attrice, fossero anch'essi condannati alla cessazione dell'attività.
Il Tribunale ha dato torto all'attrice.
Il giudice campano ha notato che la clausola del regolamento sopra detta, limitativa della libertà di destinazione d'uso della porzione di piano in proprietà esclusiva, non è opponibile ai convenuti in quanto la stessa non è stata trascritta mediante l'indicazione, in apposita nota distinta da quella dell'atto di acquisto, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 cod. civ., né è stata espressamente accettata nei contratti di acquisto.
Limiti del regolamento condominiale e trascrizione delle clausole
Le clausole - contenute nel regolamento contrattuale - che limitino la facoltà dei proprietari delle unità singole di adibire il loro immobile a determinate destinazioni costituiscono servitù reciproche a favore e contro ciascuna unità immobiliare di proprietà individuale e sono soggette alla trascrizione, ai fini dell'opponibilità ai terzi.
Ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti deve essere regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, in apposita nota distinta da quella dell'atto di acquisto (in forza dell'art. 17, comma 3, della legge 27 febbraio 1985, n. 52), delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., non essendo, invece, sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale (Cass. civ., sez. II, 18/10/2016, n. 21024; Cass. civ., sez. II, 31/07/2014, n. 17493).
Non è, quindi, atto soggetto alla trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell'art. 2645 c.c., il regolamento di condominio in sé, quanto le eventuali convenzioni costitutive di servitù che siano documentalmente inserite nel testo di esso. Ove si tratti di clausole limitative inserite nel regolamento predisposto dal costruttore venditore, originario unico proprietario dell'edificio, con le note di trascrizione del primo atto di acquisto di un'unità immobiliare ivi compresa e del vincolo reale reciproco si determina l'opponibilità di quelle servitù, menzionandovi tutte le distinte unità immobiliari, ovvero ciascuno dei reciproci fondi dominante e servente.
All'atto dell'alienazione delle ulteriori unità immobiliari, il regolamento andrà ogni volta richiamato o allegato e dovrà eseguirsi ulteriore trascrizione per le servitù che man mano vengono all'esistenza, fino all'esaurimento del frazionamento della proprietà originariamente comune. In assenza di trascrizione, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscano i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono altrimenti soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto (Cass. civ., sez. II, 09/08/2022, n. 24526).
Nel caso esaminato la clausola regolamentare richiamata dall'attrice non è risultata opponibile ai terzi acquirenti.
Qualora la stessa pattuizione regolamentare fosse risultata operativa la condomina avrebbe dovuto dimostrare che i comportamenti degli ospiti, i quali nel corso del tempo hanno frequentato gli immobili di proprietà dei convenuti, e/o il loro numero, sono stati tali da "turbare la tranquillità dei condomini" o sono stati comunque pregiudizievoli "alla decenza, ed al buon nome del caseggiato" (come previsto dal regolamento).
Come ha osservato il Tribunale però non sono emerse, contestazioni specifiche, né deterioramenti di beni comuni dovuti all'azione di soggetti estranei alla compagine condominiale, né interventi delle Autorità locali in relazione a schiamazzi, a turbative, a problematiche igienico sanitarie o a fatti di reato correlati all'afflusso degli ospiti all'interno del palazzo.
In ogni caso, poi, i divieti e i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo a incertezze giudiziarie e/o ermeneutiche.