Il Tribunale di Chieti, con decreto del 2 dicembre 2024, ha stabilito che, in caso di revoca giudiziale, l'amministratore è condannato alle spese di lite sostenute dal ricorrente.
Secondo il giudice abruzzese, pur se iscritto nel registro della volontaria giurisdizione, la natura sostanzialmente contenziosa del procedimento consente di disciplinare le spese in base al principio della soccombenza.
Si tratta di una pronuncia molto interessante che si pone all'interno di un contesto giurisprudenziale nient'affatto pacifico. Ma procediamo con ordine.
Revoca giudiziale dell'amministratore: fatto e decisione
Un condomino proponeva ricorso al tribunale per ottenere la revoca giudiziale dell'amministratore, responsabile a suo dire di gravi irregolarità, tra le quali annoverava la mancata approvazione del rendiconto annuale e l'omessa esecuzione di una deliberazione con cui era stato deciso di dare incarico a una ditta edile per effettuare importanti lavori di ristrutturazione.
Parte convenuta non si costituiva.
Il Tribunale di Chieti, con il decreto del 2 dicembre 2024 in commento, ha accolto il ricorso disponendo la revoca giudiziale dell'amministratore gravemente inadempiente.
Ciò che più interessa della pronuncia, però, è la condanna alle spese di lite che il tribunale abruzzese ha ritenuto di comminare all'amministratore revocato.
Così testualmente il decreto oggetto di commento: «La natura sostanzialmente contenziosa del procedimento (pur se iscritto nel registro della volontaria giurisdizione) impone di disciplinare le spese in base al principio della soccombenza».
La decisione è tutt'altro che scontata, atteso che la giurisprudenza - compresa quella di legittimità - sul punto non è per nulla pacifica. Approfondiamo quanto appena detto.
Spese del procedimento di revoca dell'amministratore: considerazioni conclusive
La revoca giudiziale dell'amministratore nei casi di gravi irregolarità ex art. 1129 c.c. è un procedimento di volontaria giurisdizione.
Da questa particolare natura della procedura discendono conseguenze importanti, come ad esempio l'impossibilità di ricorrere in Cassazione.
Così la Suprema Corte: «È inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la Corte d'appello provvede sul reclamo contro il decreto del Tribunale in tema di revoca dell'amministratore del condominio» (2 febbraio 2023, n. 3198).
Ciò perché il decreto del giudice d'appello non è un provvedimento di carattere decisorio, stante appunto l'iscrizione della causa all'interno del registro della volontaria giurisdizione.
Per quel che ci riguarda, la natura della controversia tenderebbe quindi ad escludere la possibilità che il giudice, all'esito del procedimento, possa pronunciarsi sulle spese di lite, attesa l'assenza di una controversia in senso stretto.
Va infatti ricordato che, per definizione, la volontaria giurisdizione non è diretta a dirimere contenziosi ma a gestire determinati diritti (nel caso di specie, quello a rimuovere l'amministratore inadempiente).
Proprio per tale ragione, i provvedimenti finali non risolvono conflitti fra contrapposti diritti.
Questa tesi è sposata dalla giurisprudenza (Cass., 11 ottobre 2018, n. 25336) che ritiene che il procedimento per la revoca dell'amministratore di condominio, non avendo natura contenziosa, non possa determinare la condanna al pagamento delle spese del giudizio.
Secondo questo orientamento, il provvedimento camerale relativo alla revoca dell'amministratore di condominio è di tipo sostanzialmente amministrativo, come tale privo dell'attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto.
Ne consegue che in questi procedimenti non trovano applicazione gli artt. 91 ss. c.p.c. in merito alle spese del giudizio, che richiedono l'esistenza di una parte vittoriosa e di una soccombente alla fine di un conflitto di tipo contenzioso.
Al contrario, la giurisprudenza maggioritaria (Cass., 2 febbraio 2023, n. 3198, sopra citata; Cass., 1° settembre 2014, n. 18487) sostiene che Il procedimento di revoca dell'amministratore condominiale, pur essendo iscritto nella volontaria giurisdizione, possa contenere le determinazioni in ordine alle spese processuali.
L'art. 91 c.p.c. relativo alla condanna alle spese è infatti norma di riferimento non solo per le sentenze ma per tutti i provvedimenti che, nel risolvere contrapposte pretese, definiscono il procedimento, indipendentemente della natura e dal rito del procedimento stesso.
La soluzione del contrasto insorto tra condomino ed amministratore comporta infatti una soluzione che implica una soccombenza, da regolare in base alle previsioni dell'art. 91 c.p.c., come correttamente fatto dal Tribunale di Chieti con il decreto in commento.
Peraltro, va sottolineato come le statuizioni in merito alle spese abbiano natura giurisdizionale e, dunque, siano idonee al passaggio in giudicato tra le parti in giudizio.
In sintesi. Al provvedimento di revoca dell'amministratore segue la determinazione delle spese legali, che può essere di condanna della parte soccombente o di compensazione.
Tale determinazione, se non impugnata nei termini di legge, acquista valore di giudicato come qualsiasi tipologia di provvedimento di condanna.
Da tanto deriva che se il condomino che ha adito il tribunale per la revoca giudiziale dell'amministratore non si vede riconosciuta la rifusione delle spese, può impugnare il provvedimento ma non può agire contro la compagine per ottenere il rimborso.