È noto che l'assemblea condominiale possa tornare sui propri passi per annullare una precedente deliberazione, ad esempio perché ritenuta sostanzialmente erronea oppure formalmente invalida. Tale ripensamento, però, potrebbe essere tardivo e aver ripercussioni su alcuni condòmini, ad esempio su coloro che nel frattempo si sono attivati per impugnare la decisione contraria alla legge.
In questo contesto si pone il seguente quesito: nel caso di revoca della delibera impugnata, c'è diritto al rimborso delle spese di mediazione?
Revoca della delibera e cessazione della materia del contendere
Una delle ipotesi più frequenti, infatti, è quella dell'assemblea che, accortasi dell'errore commesso a seguito di impugnazione preceduta dall'istanza di mediazione, per evitare il contenzioso decida di revocare la decisione contestata, vanificando così ogni successiva azione giudiziaria.
Orbene, quando ciò accade durante la pendenza del procedimento giudiziario, si verifica ciò che tecnicamente si chiama "cessazione della materia del contendere": il condominio, resosi conto dell'errore, ritira la deliberazione impugnata innanzi al giudice, il quale dovrà decidere solo sulle spese di lite (cosiddetta "soccombenza virtuale").
Tale principio si applica anche nell'ipotesi di revoca della deliberazione allorquando si è ancora nella fase della conciliazione obbligatoria? A seguito del ripensamento dell'assemblea il condomino che si è attivato con la mediazione può pretendere il rimborso delle spese sostenute sino a quel momento? Il condomino potrebbe proseguire l'azione in giudizio al solo fine di chiedere la refusione delle spese?
Rimborso delle spese di mediazione a seguito di revoca della delibera
La questione è stata affrontata dalla giurisprudenza (Trib. Roma, 12 aprile 2023, n. 5828), la quale è giunta alla seguente conclusione: il condomino che intenda ottenere il rimborso delle spese di mediazione a seguito di deliberazione revocata dall'assemblea deve provare in modo analitico gli esborsi sostenuti.
Nel caso di specie, peraltro, la giurisprudenza ha correttamente evidenziato come non possa discorrersi di una cessazione della materia del contendere, la quale ricorre solamente se, nel corso di un giudizio già pendente, interviene una causa che elide la controversia (una sopravvenuta transazione, ad esempio).
A parere della giurisprudenza di legittimità (n. 24481/2020), le spese sostenute per l'assistenza stragiudiziale hanno natura di danno emergente; di conseguenza, il loro rimborso è soggetto ai normali oneri di domanda, allegazione e prova.
Orbene, il condomino che voglia ottenere il rimborso delle spese di mediazione dovrà necessariamente adire l'autorità giudiziaria, dimostrando gli esborsi sostenuti e, cioè, l'indennità di avvio della mediazione (ritoccata al rialzo dal D.M. n. 150/2023) e la parcella del difensore (debitamente fatturata e saldata), sempreché quest'ultima sia consona all'effettiva prestazione svolta.
Essendo questa la situazione, il condomino dovrà valutare attentamente la convenienza di un'azione giudiziaria tesa solamente a ottenere il rimborso delle spese sostenute per avviare la mediazione, considerato che, solitamente, esse sono piuttosto esigue e che, in base alle modifiche apportate dalla cosiddetta riforma Cartabia, l'istante beneficia di un credito di imposta sulle indennità di mediazione sino a 300 euro in caso di esito negativo (come accade nell'ipotesi in cui la deliberazione impugnata sia successivamente revocata).
Compensazione delle spese legali per carenza di interesse ad agire
In ogni caso, il condomino farebbe bene a desistere dall'intraprendere un'azione giudiziaria qualora, sebbene la delibera contestata non sia stata revocata, di fatto è stato rimosso il pregiudizio di cui l'attore si duole.
È ciò che accade, ad esempio, allorquando si impugna la deliberazione di nomina dell'amministratore e questi, già in sede di mediazione, per evitare il contenzioso, rassegni le proprie dimissioni irrevocabili: una condotta del genere costituisce un'ipotesi di cessazione della materia del contendere in quanto, di fatto, l'attore non ha più un interesse concreto ad agire ex art. 100 c.p.c. (Trib. Sulmona, 16 agosto 2023, n. 252).
Costituisce difatti principio consolidato quello per cui il condomino che fa valere un vizio di annullabilità di una delibera non può limitarsi ad addurre un mero interesse alla rimozione dell'atto, ma deve dimostrare di essere portatore di un interesse concreto e rilevante al suo annullamento, correlato alla posizione di vantaggio effettivo che può derivare dalla pronunzia di annullamento e dall'eliminazione di incertezza che quella delibera genera quanto all'esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti (ex multis, Trib. Monza, 7 marzo 2023, n. 527).
Di conseguenza, il condomino che "ha già ottenuto soddisfazione" nelle more della mediazione può intraprendere il successivo giudizio al solo fine di ottenere il rimborso delle spese legali documentate ma non può pretendere anche la vittoria di quelle processuali, dovendo il giudice optare per la compensazione ogni volta che il giudizio era evitabile.