La vicenda che interessa il Tribunale di Bergamo (sent. n. 409 del 20 febbraio 2020) ha origine dall'impugnazione di una delibera condominiale che ha sostituito integralmente (rectius annullato) quella adottata due anni prima con la quale era stata autorizzata la collocazione di generatori di calore domestici alimentati a biomassa legnosa o più semplicemete camini.
Iter Giudiziale
A motivo delle loro doglianze i condomini hanno sollevato tre distinte censure assumendo la nullità della delibera in quanto la medesima (i) non poteva essere annullata poiché tale potere compete alla autorità giudiziaria ma, unicamente, revocata, (ii) doveva essere approvata con la stessa la maggioranza di quella revocata, (iii) era indeterminata nell'oggetto ed anche esorbitante i poteri dell'assemblea.
In conseguenza, nelle conclusioni formulate, gli attori chiedevano il ripristino della precedente delibera oltre il risarcimento del danno.
Non tardava la costituzione in giudizio del condominio il quale, nei propri scritti difensivi, confutava la tesi avversaria, rilevando la bontà della delibera impugnata in ragione della sussistenza di due distinti divieti: l'uno inerente il divieto di utilizzo dei camini de quibus, negli immobili dotati di riscaldamento a gas per la climatizzazione estiva ed invernale, l'altro afferente alla realizzazione di una canna fumaria che utilizzi impropriamente i condotti di areazione della cantina.
Su tale presupposto, quindi il condominio chiedeva il rigetto delle domande attoree, evidenziando - tra le altre argomentazioni svolte - che la delibera impugnata non aveva vietato l'installazione dei camini ma il rispetto delle prescrizioni intervenute dopo la delibera precedente e, quindi, era stata assunta in rispondenza di Legge.
Il Giudicante, letti gli atti delle parti, ha ritenuto di non dare luogo ad alcuna istruttoria, all'uopo rigettando le domande avanzate dagli attori sulla base delle produzioni documentali.
Annullamento o revoca di una delibera?
La prima questione posta all'attenzione del Tribunale attiene alla obiezione mossa dagli attori in ordine all'avvenuto impiego e menzione, nel verbale di assemblea, del termine "annullamento" con riferimento alla determinazione che ha investito la precedente delibera, in quanto, ad avviso dei medesimi, tale potere è riservato alla sola Autorità Giudiziaria.
Il Giudice non ha ritenuto condivisibile tale appunto, considerato che l'utilizzo del termine annullamento anziché revoca, non inficia l'intento sottostante di arrestare la delibera approvata in precedenza e, per l'effetto, non può essere addotto quale motivo di nullità o, comunque, configurarsi quale legittima denuncia di vizio della stessa.
Invero, il significato dei due termini citati esprime un obiettivo equivalente ritenuto, anche, che sono sovente adoperati quali sinonimi.
Il criterio dirimente è rappresentato, ergo, dall'intenzione che con tale parola l'assemblea ha voluto esprimere e cioè quello di impedire gli effetti di una delibera contra legem dettata dal giusto proposito di adeguarsi alle nuove prescrizioni normative.
Sotto il medesimo profilo, il Tribunale ricorda che l'assemblea detiene sempre il potere di revocare una decisione, laddove, invece, l'autorità giudiziaria è chiamata ad intervenire solo nelle ipotesi disciplinate dagli artt. 1137 e 1105 Cod. Civ.
Revoca della delibera e maggioranze
L'assunto degli attori, per cui la delibera con cui si revoca una decisione può ritenersi valida solo se approvata con le stesse maggioranze della precedente, è errato.
Sul punto, già da tempo, i giudici di legittimità hanno riconosciuto che, per essere valide, le nuove deliberazioni devono attenersi esclusivamente alle disciplina dettata in materia di regolare convocazione della assemblea e non essere assunte in contrasto con la legge o il regolamento.
Ne deriva che, non può essere accolta una diversa interpretazione, in quanto la normativa in tema di condominio prevede espressamente le delibere da adottare a maggioranza qualificata per cui, ove non si rientri in tali casi, la maggioranza sufficiente per l'approvazione è quella semplice contenuta nell'art. 1136 comma II e III Cod. Civ.
Pregiudizio in conseguenza della revoca della delibera
In ultimo, per quanto attiene alla pretesa risarcitoria avanzata dagli attori, il Tribunale non ha ritenuto sussistente alcun pregiudizio in considerazione del fatto che la delibera impugnata non impedisce alla installazione di un camino all'interno delle unità abitative ma, diversamente, si esaurisce nel dettare le modalità con cui l'intervento deve essere eseguito.
A tal riguardo, appare di tutta evidenza come non si possa ignorare che la delibera de qua risponde all'esigenza di adeguare le opere compiute alle disposizioni sancite in una normativa emanata dopo l'adozione della precedente decisione assembleare.
Parimenti, non trova alcuna ragionevolezza, neppure logica, l'eccezione sollevata in merito alla indeterminatezza dell'oggetto dal momento che l'amministratore ha provveduto solo ad informare i condomini della necessità di una preventiva autorizzazione del Comune per l'installazione della canna fumaria ed anche della assemblea, incidendo tale opera, indiscutibilmente, sul decoro architettonico del Condominio giacché investe parti comuni, quali la facciata ed il tetto.
In conclusione, è pienamente legittima l'adozione di specifiche condizioni e/o misure da parte del condominio, nell'eventualità di installazione di canna fumaria, senza che tale decisione possa configurare un abuso di potere ed un pregiudizio nei confronti dei singoli.