Per revocare o sopprimere l'amministratore di condominio è necessaria la volontà dell'assemblea validamente espressa. Insufficienti le raccomandate di chi rappresenta la maggioranza delle quote.
Questa in breve sintesi, la conclusione cui è giunto il Tribunale di Rimini con la sentenza n. 875 dell'8 novembre 2019.
Una pronuncia interessante, che evidenzia come uno degli strumenti maggiormente utilizzati nelle comunicazioni condominiali, la raccomandata, ha dei limiti di utilizzabilità.
La riforma operata dalla legge n. 220/2012 ha fortemente inciso sulla figura dell'amministratore, sulle sue attribuzioni, nonché sulla nomina e revoca di tale figura.
L'art. 1129 c.c., nella sua versione novellata, stabilisce che la nomina dell'amministratore debba essere effettuata quando i condomini sono più di otto (anziché più di quattro, come nella precedente versione).
Qualora non vi provveda l'assemblea, la medesima norma consente che della nomina dell'amministratore possa occuparsi l'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario.
La riforma del 2012 ha dunque previsto un aumento del numero minimo di condomini necessario affinché si configuri l'obbligatorietà della nomina dell'amministratore.
In tal modo, molti enti di gestione, ovvero quelli con un numero di condomini compreso tra 5 e 8, si sono ritrovati con un amministratore pur non essendo più obbligatorio nominarlo.
Condominio e revoca dell'amministratore
Indubbiamente la figura dell'amministratore appare assai importante per un condominio, anche con un numero di proprietari al di sotto della soglia prevista dall'art. 1129 c.c., ma la legge consente comunque di revocarlo o addirittura sopprimere tale figura, pur tuttavia nel rispetto della procedura prevista dallo stesso codice civile.
La revoca dell'amministratore, precisa la legge, può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.
Salvo alcuni casi di gravi irregolarità o altri inadempimenti legati alla gestione e alla rappresentanza (per cui è consentito l'intervento dell'autorità giudiziaria), della revoca se ne occupa dunque l'assemblea condominiale.
Non si ritiene possibile, dunque, revocare l'amministratore non coinvolgendo l'assemblea, ad esempio mediante una mera raccomandata proveniente da un solo condomino, anche qualora questi rappresenti la maggioranza delle quote condominiali.
Si tratta di una conclusione ribadita anche dalla giurisprudenza, come emerge dalla sentenza n. 875/2019 del Tribunale di Rimini, investito a seguito del ricorso di un condomino destinatario di un decreto ingiuntivo ottenuto dal Condominio e inerente il pagamento di oltre duemila euro di contributi e oneri condominiali.
Amministratore in regime di prorogatio
In sede di opposizione, il proprietario lamenta il difetto di legittimazione dell'amministratore di condominio a proporre l'azione monitoria in quanto egli stesso, titolare della maggioranza delle quote condominiali, aveva provveduto a revocarlo dall'incarico.
Tuttavia, sia in prime che in seconde cure, il proprietario vede rigettarsi le proprie istanze. Nel ricostruire la vicenda, il Tribunale di Rimini evidenzia come l'amministratrice di condominio fosse stata nominata dall'assemblea all'unanimità.
Successivamente, il condomino opponente le aveva inviato due raccomandate revocandola dall'incarico e sostenendo di voler sopprimere la figura dell'amministratore di condominio, non più necessaria alla luce della riforma del 2012.
L'amministratrice aveva pertanto convocato l'assemblea per la nomina di un successore, ma alle successive riunioni il condomino opponente non si era presentato e la sua assenza aveva paralizzato l'attività deliberativa. Pur in mancanza del numero legale, in diverse sedute, l'assemblea aveva poi confermato l'amministratrice in carica.
Dall'esame delle delibere, evidenzia il Tribunale, emerge che l'incarico dell'amministratrice, conferito da assemblea validamente costituita, fosse cessato con l'esercizio 2011-2012.
A partire da tale data, quindi, l'amministratrice ha operato legittimamente in prorogatio. La giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 77699/2019) avalla tale possibilità sostenendo che l'amministratore revocato, dimissionario, o che abbia cessato l'incarico per qualsiasi ragione, continua ad esercitare i suoi poteri sino alla sostituzione, salvo che l'assemblea (validamente convocata e costituita, e non un singolo condomino, seppure di maggioranza) abbia manifestato una volontà contraria.
Raccomandata insufficiente per revocare l'amministratore
Inutile per il condomino lamentare che, nel caso in esame, l'amministratore non sarebbe stato semplicemente revocato, ma del tutto soppresso. Infatti, per la soppressione dell'organo amministrativo sono inidonee le missive del solo condomino, che devono considerarsi "tamquam non esset" e dunque non consentono di escludere l'operatività della prorogatio.
Un simile effetto, spiega il Tribunale, potrebbe essere prodotto esclusivamente dalla volontà dell'assemblea validamente espressa, alla quale l'art. 1129 c.c. riserva la competenza a deliberare la revoca e la nomina dell'amministratore e a maggior ragione la scelta di sopprimere l'organo amministrativo.
Ancora, si ritiene che la raccomandata neppure possa valere quale formale revoca dell'incarico dell'amministratore: anche tale decisione, infatti, deve essere assunta con delibera riservata alla competenza assembleare, all'esito di regolare convocazione.
Pertanto, nel caso in esame, mancando la suddetta delibera dell'assemblea, l'organo amministrativo del condominio non può considerarsi soppresso, con conseguente operatività dell'istituto della prorogatio.