L'art 1130-bis c.c. (disposizione introdotta dalla legge n. 220 del 2012 ed entrata in vigore il 18 giugno 2013) stabilisce che il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica.
Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
Questi documenti (il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione) devono essere redatti in modo tale da soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, e così consentire in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato.
Non è chiaro, però, se il rendiconto vada redatto secondo i principi di cassa o secondo i principi di competenza.
L'argomento è stato recentemente affrontato dal Tribunale di Oristano nella sentenza n. 451 pubblicata il 7 agosto 2023.
Rendiconto condominiale e principio di cassa. Fatto e decisione
Alcuni condomini impugnavano davanti al Tribunale della loro città una delibera assembleare contestando, tra l'altro, l'approvazione dei bilanci del condominio (annualità 2016, 2017 e 2018) predisposti dall'amministratore sulla base di rendiconti contabili che ritenevano falsi ed errati.
Nel corso del procedimento il giudice disponeva una CTU contabile volta ad accertare se, esaminati i documenti contabili relativi agli esercizi sopra detti, i bilanci approvati dall'assemblea condominiale rappresentavano la reale situazione contabile del condominio o contenevano eventuali divergenze e irregolarità.
Il CTU precisava che la metodologia di contabilizzazione delle operazioni seguita dall'amministratore del condominio è stata, per la registrazione delle entrate, il principio di "cassa" e, per le uscite, il criterio di "competenza". Il CTU riteneva errato il criterio misto adottato e rielaborava i calcoli (sulla base della documentazione processuale esaminata) adottando il principio di cassa sia per le "entrate" che per le "uscite". Alla luce di quanto sopra Tribunale ha annullato la delibera.
Secondo lo stesso giudice l'amministratore ha adottato un criterio misto nella redazione del suo rendiconto, criterio idoneo a ingenerare confusione nei condomini, poiché le poste indicate non hanno trovato riscontro documentale.
In ogni caso lo stesso giudicante ha sostenuto che la giurisprudenza è prevalentemente orientata nel ritenere necessario l'utilizzo del criterio di cassa.
Considerazioni conclusive
Secondo un principio giurisprudenziale consolidato la contabilità condominiale non deve essere tenuta con forme rigorose analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere comprensibile ai condomini le voci di entrata e di spesa con le relative quote di ripartizioni (Cass. civ., sez. VI, 18/01/2023, n. 1370).
Rimane però ancora oggi dibattuto se il rendiconto vada redatto secondo i principi di cassa o secondo i principi di competenza o un criterio misto.
Secondo un'opinione giurisprudenziale, la contabilità condominiale si dovrebbe ispirare ad un criterio misto, in parte retto dal criterio di cassa ed in parte retto dal criterio di competenza (App. Genova, 4 luglio 2018, n. 1107).
In particolare questa tesi ritiene che il registro di contabilità debba essere improntato al criterio di cassa in quanto vi sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita, rappresentando, quindi, il dettaglio analitico di quanto riportato in sintesi nel conto flussi. Lo stato patrimoniale dovrebbe invece essere redatto secondo il criterio di competenza, in quanto tra le "attività", devono essere indicati, ad esempio, i crediti verso i condomini, i crediti verso i fornitori (da annotare secondo la competenza), le disponibilità liquide, mentre tra le "passività" dovranno essere indicati i debiti verso i condomini, i debiti verso i terzi, i fondi accantonati, le riserve (Trib. Udine 19 agosto 2019 n. 1014). Tuttavia recenti sentenze di legittimità (Cass. civ., sez. II, 30 ottobre 2018, n. 27639) e di merito (Trib.
Roma, 28 gennaio 2019, n. 1918) sostengono l'obbligatorietà del principio di cassa, ravvisato quale unico presupposto per garantire intelligibilità al rendiconto condominiale.
In quest'ottica, nonostante in materia condominiale, non trovino applicazione le norme prescritte per i bilanci delle società, il rendiconto deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute e deve consentire ai condomini di poter controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite atteso che tale ultimo requisito costituisce il presupposto fondamentale perché possano essere contestate, appunto, le singole partite.
Invero, attraverso il rendiconto, vengono giustificate le spese addebitate ai condomini, ragione per la quale il conto consuntivo della gestione condominiale andrebbe strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione.
Per questa tesi (che oggi sembra prevalente) poi, laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa e che di competenza, i condomini possono facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste.
Secondo altri, infine, l'art. 1130-bis c.c. pacificamente impone il criterio della competenza (Trib. Catania, 12 aprile 2017).