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Per il recupero degli oneri condominiali si passerà direttamente dall'avvocato. Analisi di una nuova proposta di legge

Secondo un recente disegno di legge, l'emissione del provvedimento monitorio potrebbe avvenire a mani dell'avvocato.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 
Dic 3, 2018

Il recupero crediti, anche in condominio, potrebbe subire una brusca accelerata. E' notizia di questi giorni la presentazione da parte del presidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama - il senatore Andrea Ostellari - della proposta recante "Modifiche al procedimento monitorio ed esecutivo per la effettiva realizzazione del credito".

Secondo il disegno di legno - e per quanto è dato apprendere dai mass media - l'emissione del provvedimento monitorio potrebbe avvenire a mani dell'avvocato, incaricato dell'attività di recupero del credito, così bypassando il ricorso ad un Giudice, sia esso riconducibile ad un Tribunale piuttosto che ad un Ufficio del Giudice di Pace.

E' inutile sottolineare il grande vantaggio che potrebbe discendere dall'applicazione di una simile proposta. Si pensi ai tempi: i quali verranno notevolmente contingentati, dovendo, all'occorrenza, l'avvocato solo certificare la sussistenza dei requisiti per l'emissione dell'ingiunzione di pagamento, senza dover attendere l'emissione di provvedimento giudiziale.

Si pensi ai costi: visto che potrebbero non essere più dovute le cosiddette spese borsuali per l'emissione del decreto ingiuntivo (vale a dire, il contributo unificato e la marca).

Si pensi, infine, all'efficacia dell'azione amministrativa: a fronte dell'alleggerimento del carico di lavoro degli stessi uffici giudiziari (secondo alcuni dati attinti dalla presentazione della proposta i procedimenti monitori presentati dinnanzi ai Tribunali sarebbero oltre 490mila, a cui vanno aggiunti anche circa 430mila procedimenti monitori presentati ai giudici di pace. Le opposizioni agli stessi risultano essere circa 20mila).

I singoli condomini possono agire per il recupero di somme spettanti al condominio?

Una simile riforma, se effettivamente portata a termine ed attuata, potrebbe beneficiare, su tutti, il comparto "condominiale", stante la gestione dei rapporti interni tra condòmini e amministratore.

Si potrebbe favorire la nascita di una sorta di "automatismo" per il recupero dei crediti nei confronti dei condòmini morosi.

A tutt'oggi, il legale di turno è tenuto all'acquisizione di pochi ma nevralgici documenti per consentire al giudice l'emissione del decreto ingiuntivo, quali: un rendiconto, un verbale contenente la delibera di relativa approvazione, un estratto conto coincidente con quello presente nel documento contabile, oltre che di una, seppure eventuale, nota di costituzione in mora inviata al condòmino moroso nelle more stragiudiziali.

Il ricorso al provvedimento monitorio tramite "legale", secondo lo schema riportato nel citato disegno di legge, enfatizzerebbe, inoltre, il ruolo dell'amministratore e la cura di quell'adempimento "pregnante" riportato in seno all'articolo 1129, codice civile, a mente del quale: quest'ultimo, salvo dispensa assembleare, ha il dovere di "agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso" (ivi contemplandosi, tale fattispecie, in caso di inadempimento, al comma 12 del medesimo articolo fra le possibili condotte integranti una irregolarità nell'esecuzione del mandato - tale da giustificarne la revoca dal mandato -).

Per contro, l'emissione di un decreto ingiuntivo in presenza di rendicontazione contabile non approvata assemblearmente potrebbe rendere più complicato del previsto il sistema di accesso, seppure l'esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea rileva soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all'onere probatorio a suo carico (Cass. n. 2452/1994; 14665/1999).

Nel qual caso, l'avvocato dovrebbe certificare la sussistenza delle condizioni per l'emissione del provvedimento monitorio in ragione della presenza di ricevute condominiale emesse a seguito dei piani di riparto della spesa, redatti a consuntivo o a preventivo di spesa, in ragione di appositi giustificativi contabili e fiscali.

Inoltre, un ulteriore vantaggio previsto dalla riforma, sarebbe quello di consentire al legale emittente il decreto ingiuntivo di corredarlo del provvedimento di cui all'articolo 492 bis codice di procedura civile, così da consentirgli la ricerca dei beni del debitore da poter pignorare (senza ricorrere all'instaurazione di una ulteriore procedura incidentale).

Esclusa l'applicazione del principio dell'apparenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino.

Va da sé che, la mera incertezza sui requisiti occorrenti al legale di turno per poter emettere un provvedimento con il marchio di "decreto ingiuntivo", anche in un ambito quale quello condominiale, rende l'esame della proposta legislativa, seppure affascinante, alquanto teorica.

Anzi, v'è da dire, non si sono atti attendere i primi commenti contro la "riforma", secondo i quali la relativa applicazione comporterebbe la violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo, visto che il creditore avrebbe la possibilità di arrivare all'emissione del decreto ingiuntivo senza contraddittorio e senza passare da un giudice.

Il progetto di riforma appare, inoltre, incompleto poiché non ragionerebbe sulla forma, i termini e i modi con cui l'ingiunto (nel nostro caso, il condòmino moroso) sarebbe in grado opporre il provvedimento monitorio, ovvero esercitare il diritto all'accesso alla stessa documentazione che ha giustificato l'emissione del decreto ingiuntivo, laddove in possesso dell'avvocato del creditore procedente.

Insomma, se dal punto di visto teorico la proposta pare alettante, specie al contesto condominiale e all'ambito d'operatività dell'amministratore, dal punto di vista pratico rimane una "chimera".

Vedremo che succederà nel proseguo…

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