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Chi è legittimato a presentare querela in caso di reati a danno del Condominio?

Reati a danno del Condominio: ecco chi può presentare querela o costituirsi parte civile.
Prof.ssa Maria Beatrice Magro 
Set 23, 2019

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il condominio negli edifici non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, ma uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini.

Qualora sia stato commesso un reato in danno del patrimonio condominiale, parte offesa è quindi l'intero condominio, e non un singolo condomino, né tantomeno l'amministratore può presentare querela o costituirsi parte civile nel processo penale, in virtù dei propri autonomi poteri.

Infatti solo la persona offesa nella sua interezza può fare valutazioni e scelte di tale complessità e impegno; laddove vittima del reato sia un soggetto collettivo quale è il condominio di un edificio, coinvolge necessariamente la totalità dei componenti nella sua espressione istituzionale, rappresentata dall'Assemblea.

È altresì da escludere che il singolo condomino possa esercitare una facoltà di questo genere con riferimento alla propria quota millesimale delle parti comuni dell'edificio. In presenza di un giudizio che, lo si ritenga vertente sull'effettività dell'offesa o sull'opportunità dell'esercizio dell'azione penate, non è suscettibile di applicazione frazionata rispetto all'oggetto del reato.

Ne consegue che, in caso di reato commesso in danno del patrimonio condominiale, occorre che l'assemblea dei condomini conferisca uno specifico incarico all'amministratore di condominio.

Quand'anche l'amministratore avesse effettivamente sporto una querela (e non una semplice denuncia), in assenza della necessaria autorizzazione del condominio, la stessa non varrebbe pertanto ad integrare la condizione di procedibilità occorrente in relazione ai reati procedibili solo su querela di parte, come ad esempio il reato di furto semplice di energia elettrica condominiale, se è stata esclusa la sussistenza della circostanza aggravante, originariamente contestata, di cui all'art. 625, n. 2, cod. pen. - che rendeva il reato procedibile d'ufficio (Cass. n. 23800/2019).

In caso di furto di energia elettrica mediante manomissione del contatore, non è insolito che l'imputazione avvenga ai sensi degli artt. 624 e 625 n. 2, perché suddetta manomissione è letta come il concretizzarsi dell'aggravante "violenza sulle cose", da intendersi come quell'energia fisica su una cosa, così che la stessa risulta danneggiata, trasformata o resa inidonea alla sua destinazione.

L'aggravante della violenza, infatti, richiama i comportamenti di danneggiare, trasformare o mutare la destinazione di una cosa previsti all'art. 392 c.p.

Se viene contestato al condomino il reato di furto con l'aggravante di cui all'art. 626 comma 2 c.p. nel caso in cui il furto sia avvenuto con violenza sulle cose, il reato è perseguibile d'ufficio e pertanto è sufficiente la presentazione di una denuncia da parte di chiunque, compreso l'amministratore o uno dei condomini.

Lo stesso accade anche nel caso in cui il furto avvenga attraverso mezzi fraudolenti (ad esempio come nel caso di manomissione del contatore), " allorquando lo spossessamento si verifica invito domino, mentre ricorre la truffa nel caso in cui il trasferimento del possesso della res si realizza con il consenso, seppure viziato dagli altrui artifici o raggiri, della vittima". (Cass., Sez. V, sent. n. 22842/19).

Se l'allacciamento abusivo avviene mediante manomissione del proprio contatore, invece, dovrebbe parlarsi di truffa ai sensi dell'art. 640 c.p. È quanto sostiene la dottrina maggioritaria ma anche quanto asseriva la Corte di Cassazione con le sentenze n.1328/1989 e n. 1102/1989, perché nella manomissione del contatore, più che l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento, si concretizzerebbero gli artifizi e raggiri espressamente previsti dalla fattispecie del reato di truffa.

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