Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria) il Giudice può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato interamente o parzialmente abusivo?
Una decisione di merito ha recentemente consolidato la tesi elaborata dalla Cassazione.
Per comprendere meglio la questione si ricorda che la comunione ereditaria consiste nel fatto che essa ha ad oggetto i beni che componevano il patrimonio del de cuius e si costituisce per legge tra gli eredi quando, a seguito dell'apertura di una successione mortis causa, vi siano una pluralità di chiamati all'eredità ed una pluralità di accettazioni (espresse o tacite).
Ogni comunione però è, per sua natura, "transitoria", potendo in ogni momento cessare.
Ciascuno dei coeredi può chiedere in ogni tempo lo scioglimento della comunione (c.d. "divisione"), anche in disaccordo con gli altri compartecipi, mediante l'esercizio di un apposito diritto potestativo individuale riconosciutogli dall'ordinamento.
In particolare lo scioglimento della comunione ereditaria può avvenire attraverso la divisione giudiziale, cioè un giudizio a tutti gli effetti che si instaura quando i coeredi non concordano sul fatto di dividere i beni di cui sono comproprietari oppure non concordano sulle modalità per attuare la divisione.
In tal caso, la decisione in merito spetta al giudice competente, ossia al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.
Tra le operazioni necessarie per eseguire la divisione dei beni ereditari si può ricordare, l'inventario di tutti i beni e delle passività e la valutazione dei singoli beni dell'asse ereditario.
I beni immobili devono essere valutati in base ai prezzi medi di mercato correnti al momento della divisione, tenendo conto della loro eventuale potenzialità, ossia della maggiore redditività che potrebbe derivare da possibili miglioramenti ordinari.
Tuttavia, come è stato recentemente ricordato, il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46 e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione per domandare la divisione ex art. 713 c.c., sotto il profilo della "possibilità giuridica", e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale (Trib. Lecce 4 ottobre 2024 n. 3076).
È stato, peraltro, chiarito che tale preclusione non investe la comunione nella sua integralità, in quanto permane la possibilità di chiedere e ottenere lo scioglimento giudiziale della comunione per l'intero complesso degli altri beni, con la sola esclusione degli edifici abusivi, anche ove non vi sia il consenso degli altri condividenti (Cass. civ., sez. II, 09/03/2023, n. 7020).