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Cortile condominiale? Non basta essere confinanti per esserne comproprietari

La comproprietà del cortile condominiale richiede specifici requisiti: non è sufficiente essere confinanti, ma è essenziale che lo spazio sia destinato a servire tutti gli edifici circostanti.
Avv. Alessandro Gallucci 
17 Dic, 2014

A ben vedere può essere considerato cortile anche quello spazio antistante l'edificio condominiale che si frappone tra esso e la pubblica via.

Tanto ha specificato la Cassazione, che nel dare una definizione di cortile, ha affermato che esso “avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, i distacchi, le intercapedini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 cod. civ., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione” (Cass. 9 giugno 2000, n. 7889).

Sulla natura condominiale del cortile non vi sono dubbi in quanto ne fa menzione l'art. 1117 c.c., il quale può essere contraddetto solamente dai titoli (leggasi atti d'acquisto, meglio primo atto d'acquisto dopo il quale si può dire sorto il condominio o regolamento condominiale contrattuale).

Cortile condominiale. Definizione comune e tecnico - giuridica del termine.

Tanto la definizione comune del vocabolo, tanto quella tecnico-giuridica fanno riferimento anche allo spazio compreso tra più edifici.

Quando il cortile compreso tra più edifici non ricade nell'ambito della disciplina del condominio?

A questa domanda ha dato risposta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24861 del 21 novembre 2014.

Nel caso di specie due condomini facevano causa al proprietario di un edificio vicino al loro, lamentando che quest'ultimo aveva iniziato ad utilizzare il cortile che, invece, doveva essere considerato in condominio solamente tra di loro.

Il convenuto in giudizio si difendeva dicendo che le cose non stavano così: di quel cortile anch'egli era comproprietario quanto meno per usucapione o comunque per destinazione rispetto alla sua proprietà.

In primo grado i giudici davano ragione al convenuto, mentre nel giudizio d'appello gli originari attori vedevano accolte le loro ragioni: il cortile era loro ed il vicino non poteva utilizzarlo. Da qui la conclusione della causa davanti ad i giudici di piazza Cavour.

Conclusione: il cortile non era in comproprietà anche del convenuto. Motivo? La conformazione dello stato dei luoghi escludeva tale evenienza.

In primo luogo la sentenza ricorda che per parlare di cortile condominiale è necessario che quello spazio ”sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano (sent. 2 agosto 2010 n. 17993; 30 luglio 2004 n. 14559)” e, prosegue la Corte, nel caso sottoposto alla sua attenzione ciò non è stato oggetto di valutazione.

Ma non è solamente questo il punto dirimente della questione. A frapporsi alla comproprietà del cortile c'era anche un altro elemento; infatti, secondo gli ermellini, quanto stabilito dall'art. 1117 c.c. “non può operare con riferimento ad immobili non confinanti direttamente con il cortile (nella specie tra l'immobile di proprietà della ricorrente ed il cortile vi è il vicolo (…))” (Cass. 21 novembre 2014 n. 24681).

Il cortile deve considerarsi di proprietà comune dei condomini se il contrario non risulta dal titolo

Sentenza
Scarica Cass. 21 novembre 2014 n. 24681
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