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Sezioni Unite: quando il Comune viene evocato in giudizio per fare valere diritti di natura privatistica la giurisdizione spetta al giudice ordinario

Il Comune, come qualsiasi privato, ha l'obbligo di eliminare le infiltrazioni che interessano i sottostanti box quando provengono da una sovrastante area di sua proprietà.
Avv. Adriana Nicoletti 
21 Apr, 2023

Non è raro che la Pubblica Amministrazione procuri danni a beni appartenenti a privati cittadini. Se il giudizio per accertare la causa dell'evento dannoso viene incardinato dinanzi al Tribunale ordinario, altrettanto spesso l'Ente amministrativo tenta di paralizzare l'azione formulando l'eccezione di difetto di giurisdizione.

Per la condanna nei confronti del Comune per i danni causati da bene in custodia la giurisdizione compete al giudice ordinario. Fatto e decisione

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la decisione n. 9945 del 13 aprile 2023, hanno respinto l'eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione sollevata da un Comune, convenuto da un Condominio di box e da alcuni intestatari dei locali dinanzi al Tribunale ordinario e chiamato a rispondere, ex artt. 2043 e 2051 c.c., delle infiltrazioni provenienti da aree di proprietà dell'Ente e poste a copertura dei sottostanti locali/box.

Il Comune aveva, infatti, asserito che il giudice competente a conoscere della controversia avrebbe dovuto essere il TAR della regione Lombardia poiché la società, dante causa degli attori, aveva sottoscritto con il medesimo una convenzione urbanistica in base alla quale il primo era divenuto proprietario superficiario dell'area sovrastante i box a fronte dell'autorizzazione concessa alla società di realizzare, nel terreno sottostante all'area ceduta, il complesso immobiliare.

Gli attori, da parte loro, ribadivano la giurisdizione del giudice ordinario trattandosi, nella specie, di responsabilità extracontrattuale del Comune. In ogni caso, anche a voler ipotizzare una responsabilità contrattuale dell'Ente pubblico questa andava individuata non nella convenzione urbanistica ma in una successiva transazione intervenuta tra i due contendenti ed avente medesimo oggetto.

In tale accordo, infatti, il Condominio aveva rinunciato al pagamento riconosciutogli nel giudizio di primo grado ed il Comune si era impegnato ad eseguire una serie di interventi per eliminare le infiltrazioni che provenivano dall'area verde di sua proprietà. L'attuale fenomeno infiltrativo aveva, pertanto, un precedente.

Di avviso opposto il Comune, il quale negava il carattere di atto autonomo e novativo della transazione in questione rispetto alla convenzione urbanistica originaria, con in conseguente riconoscimento della giurisdizione in capo al TAR, vertendosi in materia di accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo, oppure di controversia avente ad oggetto atti e provvedimenti della P.A. in materia urbanistica ed edilizia.

Va, peraltro, precisato che la controversia, poi approdata all'esame della Corte di cassazione, nasceva da un ricorso ex art. 696-bis c.p.c., nel corso del quale il tecnico designato aveva indicato i lavori che il Comune avrebbe dovuto eseguire per eliminare i fenomeni infiltrativi che, in realtà, non erano mai stati eseguiti.

I punti focali della sentenza delle Sezioni Unite, con la quale è stata dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario sono i seguenti:

  • la convenzione urbanistica intervenuta tra le parti costituiva la fonte originaria del diritto di superficie istituito in favore del Comune, ma rimaneva in secondo piano rispetto all'attuale controversia, rappresentando - come detto - il titolo di acquisto dell'area a copertura dei box da parte del Comune;
  • tale convenzione aveva, quindi, legittimato il Comune ad essere controparte passiva dell'odierno giudizio, il cui oggetto consisteva nella tutela dei diritti scaturiti dalla stessa convenzione;
  • è la domanda proposta dalla parte che individua il giudice cui spetta la giurisdizione sul caso. Nella specie l'attore aveva voluto far valere in giudizio la responsabilità extracontrattuale del Comune quanto «all'esistenza di un fenomeno infiltrativo in atto, a carico delle aree sottostanti all'area scoperta di proprietà del Comune [n.d.a. che] non è posto in collegamento con alcun provvedimento che in qualche modo incida sulla predetta convenzione, con la conseguenza che il Comune non è evocato in giudizio, neppure mediatamente, nell'esercizio di pubblici poteri, ma nell'ambito di un rapporto esclusivamente privatistico».

Alla luce di tali considerazioni il consesso dei giudici della Suprema Corte ha dichiarato che la giurisdizione del caso spettava al giudice ordinario, mancando ogni riferimento al potere autoritativo dell'amministrazione comunale.

Chiarimenti sulla giurisdizione nei contenziosi con la Pubblica Amministrazione

Quanto alla natura della convenzione urbanistica tra il principio affermato in questa sede dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione ed il precedente, richiamato nella sentenza in oggetto, sembrerebbe esservi un contrasto giurisprudenziale. Ma così non è.

Infatti era stato affermato che «la convenzione urbanistica volta a disciplinare, con il concorso del privato proprietario dell'area, una delle possibili modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per dare al territorio interessato la conformazione prevista dagli strumenti urbanistici, deve assimilarsi ad un accordo sostitutivo del provvedimento amministrativo, sicché le controversie che ne riguardano la formazione, la conclusione e l'esecuzione appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che non viene meno neppure in ipotesi di successivo atto di transazione emendativo della convenzione originaria, intercorso tra comune e parte privata, stante la stretta correlazione reciproca, oggettiva e soggettiva, tra questi esistente» (Cass., Sez. Un., 5 ottobre 2016, n. 19914).

Nella fattispecie in esame, invece, la domanda esula dall'ambito della convenzione urbanistica, mero atto di natura amministrativa, intervenuta tra le parti, rectius tra la parte originaria dell'accordo ed il Comune, per incardinarsi in una disputa di natura privatistica extracontrattuale di condanna all'esecuzione di opere edilizie che ponessero fine alle infiltrazioni che l'Ente aveva provocato ai box sottostanti all'area di sua pertinenza.

Per quanto concerne, poi, la circostanza che il Comune sia stato evocato in un giudizio di carattere privatistico, con l'attribuzione di responsabilità specifiche di questo tipo di rapporto, la sentenza non si è discostata - e non poteva essere diversamente - dal consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass., sez. 6-3, 23 settembre 2021, n. 25843; Cass., Sez. U., 14 marzo 2011, n. 5926) ad avviso del quale la P.A. deve gestire e mantenere i beni di propria appartenenza secondo i normali canoni di diligenza e prudenza.

Il privato, quindi, può agire dinanzi al giudice ordinario sia quando intenda conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, sia allorché voglia ottenere la condanna della stessa ad un "facere", dal momento che la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del "neminem laedere", senza che ciò sia impedito dal vigore di quelle norme che affidano alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia (art. 34 del D. lgs n. 80/1998 come sostituito dall'art. 7 della l. n. del 1998, come sostituito dall'art. 7 della l. n. 205/2000).

Sentenza
Scarica Cass. Sez. Un. 13 aprile 2023 n. 9945
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