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Può essere legittimo sospendere il pagamento dei canoni ed impedire l'effettuazione del servizio di manutenzione ascensore: un esempio concreto

Quando il contratto di manutenzione ascensori contiene clausole vessatorie è legittima la reazione del condominio.
Dott. Giuseppe Bordolli Dott. Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Al contratto concluso con il professionista o un'impresa dall'amministratore del condominio, ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applicano, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, le norme sulla tutela del consumatore, anche in assenza di una prevalenza, fra i condomini, di persone fisiche consumatori. infatti il condominio, nel momento in cui agisce come tale, cioè per la gestione dei beni comuni e strumentali a proprietà solitarie, agisce comunque quale soggetto privatistico che persegue fini estranei alla natura imprenditoriale dei suoi componenti.

La condizione di consumatore del condomino sembra talvolta ignorata da alcune società di manutenzione degli ascensori che inseriscono nei contratti clausole vessatorie.

A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione del Tribunale di Cosenza (sentenza n. 249 del 12 febbraio 2023).

Legittima sospensione del pagamento dei canoni e legittimo impedimento all'effettuazione del servizio di manutenzione ascensore. Fatto e decisione

La vicenda nasceva dal conflitto tra un condominio e una società di manutenzione dell'ascensore.

Quest'ultima non aveva soddisfatto i condomini anche perché si erano manifestati problemi di funzionamento, anche prolungati, dei due ascensori condominiali, che avevano comportavano anche per i residenti più anziani, la necessità di utilizzare le scale.

Alla luce di quanto sopra il condominio aveva deciso di comunicare alla ditta l'intenzione di interrompere il rapporto; successivamente i condomini sospendevano il pagamento dei canoni ed impedivano l'effettuazione del servizio di manutenzione al personale della ditta.

Quest'ultima si rivolgeva al Tribunale pretendendo la condanna del condominio al pagamento dei canoni scaduti con una maggiorazione a titolo di penale e del risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (oltre interessi ex art. 1284 c.c.) o quantomeno al pagamento di un equo indennizzo.

Del resto nel contratto era previsto non solo il rinnovo tacito del contratto (che era di 5 anni) ma anche, nell'ipotesi di recesso del condominio, il pagamento dei canoni fino alla scadenza (originaria o rinnovata) del contratto, maggiorati di una penale.

Per i condomini - che si costituivano in giudizio - tali clausole imposte al condominio - consumatore erano vessatorie e, quindi, invalide. Il Tribunale ha dato ragione ai condomini.

Secondo lo stesso giudice le clausole sopra dette (rinnovo tacito e recesso con obbligo per i condomini di pagare i canoni di manutenzione, maggiorati di una penale, per tutto il periodo in cui era prevista la durata del contratto) sono nulle, in quanto vessatorie.

Del resto la ditta non ha dimostrato che tali clausole sono state oggetto di specifica trattativa con il consumatore ai sensi dell'art. 34, co 5, d.lgs. 206/2005.

In ogni caso il Tribunale ha escluso l'inadempimento del condominio per avere sospeso il pagamento dei canoni ed avere impedito l'effettuazione del servizio di manutenzione. Le domande dell'attrice, in quanto infondate, sono state rigettate.

Considerazioni conclusive

La Suprema Corte ha stabilito che - in ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto, ai sensi dell'art. 1671 c.c. - grava sull'appaltatore che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno l'onere di dimostrare quale sarebbe stato l'utile netto da lui conseguibile con l'esecuzione del contratto (Cass. civ., sez. II, 17/07/2020, n. 15304; Cass. civ., sez. VI, 06/06/2012, n. 9132).

A questo fine il giudice calcola il fatturato mensile, detratte le spese necessarie per proseguire lo svolgimento del servizio, e il committente viene condannato a pagare una somma corrispondente all'utile mensile per il numero di mesi nei quali non ha più dato esecuzione al contratto di appalto (nulla è dovuto però se la ditta non precisa le spese necessarie per proseguire lo svolgimento del servizio).

Se però il contratto della ditta di manutenzione dell'ascensore è contenuto in apposito formulario, destinato ad essere completato con i dati relativi all'impianto ascensore ed in cui risulta predisposto apposito spazio per la sottoscrizione delle diverse clausole, non è possibile senza trattativa (come prevede l'art. 34, co 5, d.lgs. 206/2005- Codice del Consumo) imporre al solo condominio - consumatore di recedere dal contratto solo dietro pagamento di tutti i canoni residui, fino alla scadenza del contratto. Tale pattuizione è vessatoria e, quindi, nulla.

Non è legittimo infatti imporre alla collettività condominiale un importo addirittura maggiorato rispetto a quello previsto in caso di regolare prosecuzione del rapporto, e ciò indipendentemente dall'effettuazione della prestazione da parte della ditta (Trib. Napoli 15 gennaio 2018, n. 427).

Sentenza
Scarica Trib. di Cosenza n. 249 del 12 febbraio 2023
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