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La creolina come disinfettante crea problemi respiratori al vicino di casa? Meglio non abusare.

Il Comune autorizza la sostanza e un uomo finisce sotto accusa per avere arrecato disagi e problemi respiratori ad alcuni vicini di casa.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

“Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 674 cod. pen., emissioni di gas, vapore o fumo atti a cagionare offesa o molestia alle persone nei casi non consentiti dalla legge, il parametro di legalità deve individuarsi nel contenuto del provvedimento amministrativo di autorizzazione all'esercizio di una determinata attività, e nei casi in cui non sia richiesta l'autorizzazione si deve avere riguardo al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ.”. Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Penale con la sentenza del 9 gennaio 2017 n. 798 in merito all'uso della creolina.

I fatti di causa. Tizio con ricorso proponeva impugnativa avverso la sentenza del Tribunale di Lucca di condanna per il reato continuato di cui all'art. 674 cod. pen. per avere versato in luogo di pubblico transito, in due distinte occasioni, sostanza di tipo "creolina".

Tale sostanza in un'occasione, secondo il giudice, era atta ad offendere e molestare i vicini di casa Tizio e Caio ed in una seconda cagionava difficoltà respiratorie a Caio.

Secondo il ricorrente, tuttavia, vi era stata una errata applicazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza del reato: la fattispecie doveva essere inquadrata nella seconda parte dell'art. 674 cod. pen.

Inoltre, veniva evidenziato che, a causa delle scarse condizioni igieniche del paese, il Comune aveva autorizzato l'uso della creolina quale disinfettante.

Sicché, a parere del ricorrente, a fronte di una regolare autorizzazione amministrativa non poteva addebitarsi la responsabilità di quanto era accaduto.

Gatti in condominio. Come comportarsi?

Il getto pericolo di cose. Il reato in esame ai sensi dell'art. 674 c.p disciplina la fattispecie in cui “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a duecentosei euro”.

La norma in esame è diretta a tutelare l'ordine pubblico, preservando nello specifico la sicurezza e la tranquillità dei consociati.

In particolare la distinzione tra le due condotte si ravvisa nell'oggetto, solido nel caso del gettare, liquido per quanto riguarda il versamento ovvero nei casi di emissioni pericolose di gas, vapori e fumo.

Ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere le persone, né tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi.

Aspetti giurisprudenziali. In giurisprudenza, è stato osservato che per la sussistenza del reato, è richiesto che l'“emissione” abbia una potenzialità nociva, ossia possa dirsi presumibilmente diretta a molestare le persone.

È configurabile il reato di getto pericoloso di cose in caso di produzione di "molestie olfattive" mediante un impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione, quale parametro di legalità dell'emissione, del criterio della "stretta tollerabilità", e non invece, di quello della "normale tollerabilità" previsto dall'art. 844 cod. civ., attesa l'inidoneità di quest'ultimo ad assicurare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana (Cass. Penale 36905/2015).

Pulizie domestiche ed immissioni rumorose.

Il ragionamento della Corte di Cassazione Penale. Secondo i giudici di legittimità, conformemente a quanto precisato dalla recente giurisprudenza, la condotta contestata di utilizzo della creolina doveva essere inquadrata nella seconda parte dell'art. 674 cod. pen. e non nella prima giacché, tra le emissioni di gas, vapori o fumo atte ad offendere o imbrattare o molestare persone rientrano tutte le sostanze volatili che, come quella di specie, emanano odori provocanti disturbo, disagio o fastidio alle persone (Cass., Pen. n. 46149 del 03/11/2016).

Pertanto è apparso corretto il ragionamento del Tribunale in ordine alla illiceità dell'uso stesso; difatti “non risultando stabiliti dei limiti di legge oltre i quali l'uso della sostanza di specie (autorizzato, a quanto sembra, sia pure in un secondo tempo dalla stessa amministrazione comunale), il criterio da impiegare per giudicare della liceità o meno della stessa era quello della "stretta" e non della "normale" tollerabilità (in tal senso, tra le altre, Cass. Penale n. 19898 del 26/05/2005).

Di conseguenza, non era in discussione l'illecito compiuto, ma il profilo della colpa, soprattutto alla luce dell'autorizzazione data dal Comune per l'utilizzo della creolina.

Su questo aspetto, tuttavia, non è stato possibile alcun approfondimento a causa dell'intervenuta prescrizione del reato che (sul piano penale) ha salvato l'uomo dalla condanna.

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione Penale con la pronuncia in commento ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione e a rinviato, quanto alle statuizioni civili, al giudice civile competente per valore in grado d'appello.

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