La legge impone all'amministratore di redigere il rendiconto consuntivo e di farlo approvare dall'assemblea entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio condominiale. Venir meno a tale obbligo costituisce una grave irregolarità che ne giustifica perfino la revoca giudiziale su iniziativa anche di un solo condomino.
La mancata approvazione del bilancio può tuttavia comportare anche altre conseguenze, alcune delle quali possono incidere perfino sulla legittimità della riscossione degli oneri condominiali. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: se preventivo e consuntivo non sono stati approvati, il condomino deve ugualmente pagare le spese? Sin da subito va detto che sul punto non c'è unanimità di vedute in giurisprudenza. Ma procediamo con ordine.
Il rendiconto preventivo è obbligatorio?
La legge nulla dice circa il rendiconto preventivo, cioè quel documento che anticipa le spese che, con ogni probabilità, dovranno essere sostenute dai condòmini durante l'anno successivo a quello conclusosi.
Ciò significa che l'amministratore non è tenuto alla sua redazione e, quindi, nessuna censura gli può essere mossa nel caso in cui non lo sottoponga all'approvazione assembleare.
Come vedremo, però, è buona norma che l'amministratore si sobbarchi tale onere, in modo tale da sopperire all'eventuale difetto di bilancio.
Cosa succede se il bilancio non viene approvato?
La mancata approvazione del rendiconto consuntivo (o bilancio) ha effetti meno dirompenti di quanto si possa ritenere.
È infatti pacifico in giurisprudenza che l'omessa approvazione del consuntivo non esonera i condòmini dal pagamento delle rispettive quote, così come stabilite all'interno del preventivo (in questo senso Cass., 29 settembre 2008, n. 24299). Questo pertanto manterrà validità fintanto che non verrà sostituito da quello per la gestione corrente
Inoltre, la mancata approvazione del rendiconto consuntivo non impedisce all'amministratore di procedere al recupero dei crediti nei confronti dei condòmini morosi.
In tal senso deve essere letta la norma di cui all'art. 63 disp. att. c.c. la quale, subordinando l'emissione del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, non esonera l'amministratore dal compito di recuperare i crediti condominiali.
In ipotesi del genere, cioè in assenza dell'approvazione del rendiconto e, quindi, del piano di riparto, l'unico handicap nel percorso che porta al recupero dei crediti è costituito dall'impossibilità di potersi avvalere del sopracitato provvedimento monitorio immediatamente esecutivo, non essendo preclusa invece una soluzione diversa, come ad esempio il classico atto di citazione.
Pertanto, la mancata approvazione del bilancio ha come principale effetto quello di rendere formalmente inadempiente l'amministratore, il quale può essere rimosso attraverso lo strumento della revoca giudiziale.
Preventivo e consuntivo non approvati: il condomino deve pagare le quote?
La situazione si complica nel caso in cui, oltre al consuntivo, non sia stato approvato neanche il preventivo. In un'ipotesi del genere, i condòmini sono ugualmente tenuti a pagare i contributi oppure possono legittimamente rifiutarsi? Sul punto non c'è unanimità di vedute.
Secondo un orientamento, in assenza di ogni documento contabile (consuntivo e preventivo), i condòmini non sono obbligati a pagare alcuna spesa.
In base a questa tesi, il singolo condomino è obbligato a pagare le quote solamente in presenza di un preventivo di spesa o di un rendiconto consuntivo approvato, mancando i quali i versamenti possono avvenire solo volontariamente per assicurare al condominio la necessaria provvista al fine di continuare la gestione.
L'approvazione del consuntivo (o del preventivo) costituirebbe, infatti, il presupposto essenziale affinché possa essere emesso il decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti del condomino moroso.
Di tutt'altro avviso è invece un altro orientamento (maggioritario invero), a tenore del quale l'obbligo di pagare le spese condominiali prescinde dall'approvazione di qualsiasi documento, discendendo invece direttamente dallo status di condomino.
Com'è noto, infatti, gli oneri condominiali sono obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni.
Di conseguenza, anche in assenza di un preventivo o di un consuntivo i condòmini devono pagare le loro quote, ciascuno in proporzione al valore dell'unità immobiliare di cui sono titolari esclusivi.
In questo senso anche la Suprema Corte: "l'obbligo del condomino di pagare al condominio, per la sua quota, le spese per la manutenzione e l'esercizio dei servizi comuni dell'edificio deriva dalla gestione stessa e quindi preesiste all'approvazione da parte dell'assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio" (Cass., sent. n. 10621/2017).
Dal canto suo, l'amministratore ha il dovere di procedere alla riscossione dei pagamenti, almeno con riferimento alle spese inerenti all'ordinaria manutenzione, giusta il disposto dell'art. 1130, comma primo, n. 3), secondo cui egli deve "riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni".
Insomma: anche in assenza del preventivo e del consuntivo, i proprietari non possono sottrarsi alla richiesta dell'amministratore di pagare le quote condominiali.