In ambito condominiale, investono questioni giuridiche di significativa rilevanza le vertenze promosse per l'accertamento ed il riconoscimento della proprietà esclusiva di parti che, in ragione della enucleazione di cui all'art. 1117 c.c. si presumono comuni.
La querelle portata avanti alla Corte di Cassazione (ordinanza n.27481 del 23 ottobre 2024) ha ad oggetto la domanda avanzata da alcuni titolari di unità poste all'interno di un edificio, nei confronti degli altri, volta alla dichiarazione della loro proprietà esclusiva del cortile.
A tal riguardo non possiamo esitare nel ricordare che, per quanto concerne la individuazione delle parti comuni, l'art. 1117 c.c. riporta una enucleazione delle stesse, da intendersi quale indicazione meramente esemplificativa, ai fini della presunzione di condominialità "se non risulta il contrario dal titolo" e la Giurisprudenza di Legittimità ha espresso consolidati principi ermeneutici.
Sul tema, dunque, è indefettibile espletare un approfondita indagine dei titoli di proprietà e di provenienza per ricostruire le reali ed obiettive intenzioni manifestate dalle parti negli atti di trasferimento da leggersi ed interpretarsi in correlazione con la funzione e la destinazione che attende ai beni oggetto del contendere.
Controversia sulla proprietà del cortile tra condomini
Il padre dei contendenti, di lui figli e tra loro fratelli, aveva donato ad ognuno di essi, le unità immobiliari poste in un edificio, con titolarità ad assegnazione esclusiva di ciascuna, all'uopo costituendo il condominio.
In proposito, occorre precisare, che ad un figlio erano stati donati due locali ad uso negozio con accesso unicamente dalla via pubblica e le residue proprietà, ovvero quattro appartamenti, una ciascuna agli altri con attribuzione a quest'ultimi, per la quota di un quarto, della area coperta della tettoia ubicata nel cortile ed adibita a posti auto.
Nell'insorta lite tra i fratelli, il Tribunale aveva statuito che il cortile era da ritenersi in esclusiva proprietà di coloro che erano titolari degli appartamenti e dei posti auto ivi collocati, escludendo di tal guisa il proprietario dei negozi.
Detta pronuncia è stata riformata in sede di appello, in quanto la Corte ha, diversamente, dichiarato che il cortile de quo era in comproprietà a tutti i condomini.
Ad avviso dei Giudici di seconde cure, la circostanza che nell'atto di donazione dei due locali ad uso negozio non vi fosse alcuna menzione del cortile comune, così come accesso allo stesso, non ne precludeva la comproprietà con gli altri immobili ad uso civile abitazione in quanto la tettoia attribuita in parti uguali a quest'ultimi occupava solo una porzione del cortile.
Ulteriormente, è stato rilevato che la funzione del cortile è quella di dare luce ed aria a tutte le unità che ivi si affacciavamo indipendentemente da uno sbocco sullo stesso, che - tra l'altro - nessuno degli immobili aveva.
La sentenza di appello è stata impugnata avanti alla Corte di Cassazione ed i Giudici di Legittimità hanno rigettato il ricorso per i motivi di seguito esposti.
Presunzione di condominialità del cortile ex art. 1117 c.c.
Per una esaustiva disamina della fattispecie che ci occupa, è doveroso evocare il dettato normativo dell'art.1117, comma I, n.1) c.c., il quale individua e statuisce che i cortili sono da ritenersi di proprietà comune, quali parti dell'edificio necessarie all'uso comune.
Ritenuto e considerato che l'elenco delle parti comuni di cui alla citata norma stabilisce una presunzione di condominialità, che può essere vinta solo da una diversa volontà contenuta nel titolo di provenienza, nella trattazione delle liti che interessano l'argomento non è possibile astrarsi da un attento esame delle clausole riportate e convenute negli atti di trasferimento e dalla valutazione della funzione e destinazione che la parte comune de qua riveste.
Posto ciò, nel caso de quo, è utile e confacente richiamare la nozione tecnica di cortile in rispondenza alla quale "è definito come l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti.
Avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto alla funzione di dare aria e luce agli ambienti che vi prospettano, peraltro, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio" (Cassazione civile sez. II, 22/06/2022, n.20111).
Al contempo, appare opportuno rammentare che il cortile ha una destinazione, cosiddetta accessoria, di dare aria e luce alle varie unità immobiliari.
Tanto premesso, in ragione delle diverse esigenze che il cortile assolve, quale parte comune ex art. 1117 c.c., la presunzione di condominialità, come testualmente prescritto in detta disposizione, può essere superata solo da una diversa pattuizione apposta nel titolo con la quale sia stata manifestata puntuale riserva di proprietà di tale area solo in favore di alcuni con esclusione, per l'effetto, degli altri.
Nell'ipotesi di cui si scrive, i Giudici di Appello hanno giustamente osservato che la tettoia assegnata con l'atto di donazione a quattro unità non rappresentava l'intero cortile ma, unicamente, una porzione di esso.
L'attribuzione di tale spazio in proprietà esclusiva ad alcune proprietà non poteva, quindi, assumersi come comprensiva della residua parte del cortile.
Ugualmente, è appropriato spiegare che nell'atto di donazione prodotto, la restante parte del cortile viene nominata ed indicata quale "cortile comune" senza alcuna altra disposizione.
In considerazione della destinazione propria del cortile di dare luce ed aria, quale accessorietà necessaria, una diversa interpretazione dell'atto di donazione sul punto, chiaramente estensiva, secondo la Corte, avrebbe travalicato le intese ivi convenute.
Ruolo del cortile come parte comune e sua utilità
Fermo quanto sopra argomentato, già di per sé dirimente ed assorbente per comprendere i motivi di rigetto del ricorso per cassazione presentato, è conveniente evidenziare che l'orientamento della Giurisprudenza è unanime nel riconoscere che "Per principio generale la presunzione di condominialità sancita dall'art. 1117 c.c. opera per il solo fatto che il bene è idoneo ad un uso collettivo, con onere della prova contraria a carico della parte che abbia interesse a vincere la predetta presunzione.
Nello specifico caso dei cortili, essendo questi destinati a dare aria e luce allo stabile comune, la presunzione di condominialità opera in modo ancora più incisivo, posto che tale presunzione non può essere vinta dalla mera circostanza che al cortile si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condòmino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione collettiva del bene" (Corte appello Roma sez. VIII, 03/03/2023, n.1562).
Nella vicenda in commento, nessun degli immobili ha accesso diretto al cortile e l'atto di donazione prevede la proprietà esclusiva unicamente della tettoia, in pari quote, per i titolari delle unità abitative senza nulla disporre sulla area restante del cortile per cui, dal dato letterale emerge, indubbiamente, che nessuna riserva è stata espressa sulla condominialità della stessa.
Al contempo, è opportuno sottolineare che nel ricorso è stata censurata genericamente l'interpretazione operata dalla Corte territoriale senza muovere puntuale contestazione sul diverso canone interpretativo violato posto che quello assunto risponde a quello letterale.
Alla luce di quanto sopra, l'ordinanza emessa dalla Suprema Corte non può che ritenersi pienamente conforme al diritto ed ai principi illustrati.