Tra i numeri statisticamente più rilevanti in fatto di liti in ambito condominiale spiccano quelli il cui oggetto ruota attorno al tema dei danni da "infiltrazioni" e conseguenti richieste risarcitorie, con sensibile impatto anche sulle aule giudiziarie.
Avviando il discorso da argomenti generali, a beneficio soprattutto dei meno avvezzi ai tecnicismi giuridici, va immediatamente detto che trovandoci innanzi all'esame di un danno, la primaria valutazione da compiere è quella volta all'individuazione della causa che l'ha generato.
Ciò al fine di accertare la consistenza del variabile termine di consumazione della prescrizione del relativo diritto risarcitorio. Da tale ricognizione potrà infatti accertarsi se il danno sia correlato allo svolgimento di attività contrattualmente regolate - si pensi al caso dall'operato di una ditta affidataria di lavori edilizi in appalto - o se, al contrario, esso sia disceso da un diverso fatto o azione illecita che abbiano condotto al suo insorgere.
Nella prima ipotesi ricorrerà il caso della "responsabilità contrattuale" il cui termine di prescrizione del diritto risarcitorio è fissato in dieci anni. Nel secondo caso quello della "responsabilità extracontrattuale", il cui termine è di cinque anni.
Ben più complesso ed insidioso, viceversa, può rivelarsi l'esercizio volto all'individuazione del momento iniziale dal quale far decorrere il computo dei termini prescrittivi, specialmente nel caso di danno da responsabilità extracontrattuale legato ad infiltrazioni.
Tema, questo, recentemente fatto oggetto delle statuizioni espresse dalla Corte d'Appello di Milano con Sentenza n.610 del 20.2.2020 la quale offre elementi di indiscutibile interesse esplicativo per focalizzare sull'eterogeneo panorama dei termini iniziali della prescrizione e così permette di operare correttamente ogni successiva considerazione interpretativa e valutativa.
Il caso deciso dalla Corte d'Appello di Milano con Sentenza n.610/2020.
La Corte Meneghina è stata chiamata a pronunciarsi sulla riforma della sentenza del Giudice di primo grado che, in accoglimento di una domanda risarcitoria spiegata dal Condominio e da singoli condomini, all'esito di varie attività istruttorie tecniche e testimoniali espletate, aveva condannato i condomini convenuti a risarcire il danno conseguente alle infiltrazioni generatisi nei locali sottostanti al loro giardino di proprietà, in quanto riconosciuti come causati dall'avvenuta perforazione delle guaine protettive interrate ad opera delle radici di alcuni alberi piantati nel loro giardino.
Tra le plurime argomentazioni difensive spiegate dai condomini proprietari del giardino già innanzi al Tribunale, poi riproposta in sede d'Appello, risalta la sollevata eccezione di avvenuta prescrizione del diritto al risarcimento fondata sul presupposto per cui, risalendo l'insorgere del fenomeno infiltrativo all'anno 2003 e non avendo il condominio mai avanzato loro alcuna contestazione al riguardo sino al giugno 2009, avrebbe dovuto accertarsi come ampiamente ed interamente consumato il termine di legge quinquennale previsto in materia di risarcimento da fatto illecito extracontrattuale.
Nell'esaminare l'argomento, la Corte d'Appello ha però correttamente rilevato che nel caso di specie, sebbene i fenomeni infiltrativi, accertatamente originati dal danneggiamento della guaina impermeabile dalle radici degli alberi piantati nel proprio giardino, ebbero effettivamente inizio nel 2003, cessarono solo con i lavori di rifacimento della guaina impermeabilizzante nel 2011, nella perdurante inerzia degli appellanti protrattasi per tutto il periodo di riferimento consistente nella non eliminazione delle piante causa del danno sul proprio fondo.
Sulla scorta di tale ricostruzione logica, la Corte ha espresso declaratoria d'infondatezza dell'eccezione di prescrizione riconoscendo il danno come causato da un illecito extracontrattuale non già di natura istantanea, bensì di natura permanente e per conseguenza individuato, ai fini del computo della prescrizione, il termine iniziale non nel momento del primo insorgere dell'infiltrazione, ma in quello della sua definitiva cessazione, avvenuta nel 2011.
Allineandosi così alla traccia già segnata in passato da plurima e consolidata giurisprudenza di legittimità.
In particolare può richiamarsi, sul punto, la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, di altrettanto recentissima pubblicazione n.3314 del 11.2.2020 la quale, sempre in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, ha sancito che "nel caso di illecito istantaneo con effetti permanenti, caratterizzato da un'azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando sussistere i suoi effetti, la prescrizione inizia a decorrere con la prima manifestazione del danno" mentre in caso di illecito permanente "protraendosi la verificazione dell'evento per la durata del danno e della condotta che lo produce, essa ricomincia ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa" (Cass. Civ. Sez. III, Sent. 3314/2020).
Fatto illecito istantaneo e permanente.
La sentenza in esame pone in evidenza, in tema di prescrizione del diritto al risarcimento per danni, la profonda diversità che può caratterizzare l'atteggiarsi della legge nel computare i termini in base all'attitudine della condotta illecita ad esaurirsi nel momento stesso della sua consumazione ovvero a protrarsi continuativamente per un arco di tempo più esteso. Generando la dicotomia tra illeciti cosiddetti istantanei e permanenti.
Con necessaria precisazione che per l'individuazione della natura istantanea o permanente dell'azione illecita deve farsi riferimento non al danno ma al comportamento di chi il fatto (o l'omissione) pone in essere.
Nel fatto illecito istantaneo il comportamento si esaurisce nel momento stesso del verificarsi del danno, ad esempio nel caso di danneggiamento di una conduttura condominiale causata da una maldestra trapanatura, e ciò anche se la persistenza del danno si protraesse poi autonomamente rispetto all'azione che l'ha generato: nella qual ultima evenienza può parlarsi di fatto illecito istantaneo con effetti permanenti.
Nel fatto illecito permanente, viceversa, il comportamento produce l'evento dannoso e continua ad alimentarlo per tutto il tempo in cui il danno perdura, coesistendo l'azione (o l'omissione) illecita con il perdurare del danno.
Questo è il caso esaminato dalla sentenza in commento, atteso che i proprietari del giardino hanno perdurantemente omesso di sradicare gli alberi le cui radici hanno prodotto il danno.
In tali evenienze, caratterizzate dal perdurare nel tempo del comportamento lesivo e dal suo non esaurirsi in un unico atto, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della condotta dannosa.