Con la sentenza n. 364 del 27 aprile 2025, il Tribunale di Campobasso ha escluso l'esistenza di una servitù di passaggio sull'area porticato di proprietà esclusiva del titolare di un locale commerciale nonché di una servitù di uso pubblico, richiamando la copiosa giurisprudenza di legittimità in materia.
Usucapione servitù di passaggio: decisione su porticato condominiale
La proprietaria di un locale commerciale, posto al piano terra di uno stabile condominiale, citava in giudizio il Condominio al fine di ottenere l'accertamento e la declaratoria del suo diritto di proprietà sul porticato esteso per tre lati del detto locale e sull'antistante area scoperta.
Chiedeva l'accertamento e la declaratoria dell'inesistenza di qualsivoglia servitù di passaggio ovvero altro diritto su detta area in capo al Condominio, fatta eccezione per il diritto di passaggio sulla piccola superficie quadrata al piano terra facente parte del porticato ed antistante la scalinata condominiale di accesso ai piani superiori dello stabile.
L'attrice chiedeva, altresì, che venisse accertato e dichiarato il proprio diritto a delimitare l'area di sua proprietà non gravata da servitù.
Si costituiva in giudizio il Condominio chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto; in via riconvenzionale, chiedeva l'accertamento dell'esistenza, sull'area porticato di proprietà dell'attrice, in proprio favore, di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia con riferimento agli impianti di acqua e gas e ai passaggi esistenti fin dalla separazione dei fondi originariamente di proprietà di altra società, nonché di una servitù di passaggio pedonale acquisita per usucapione; in subordine, chiedeva l'accertamento dell'esistenza, sulla medesima area, di una servitù di pubblico passaggio.
Il Condominio convenuto rappresentava di non aver mai affermato diritti di proprietà sull'area porticato e sull'antistante area scoperta, ma di aver usucapito la servitù di passaggio sull'area adibita a portico, in quanto utilizzata fin dagli anni '70 come passaggio pedonale coperto, caratterizzata anche da uso pubblico, in quanto utilizzata per accedere ai locali commerciali presenti nel porticato.
Evidenziava l'impossibilità, per parte attrice, di delimitare l'area di sua proprietà a mezzo recinzioni di qualsiasi tipo, in ragione della contrarietà al decoro del palazzo e al regolamento condominiale.
Istruita la causa in via documentale e mediante prova orale, il Tribunale ha accolto integralmente la domanda di parte attrice respingendo tutte le domande riconvenzionali avanzate dal Condominio.
Invero, il Tribunale ha affermato il diritto di proprietà in capo all'attrice sul porticato esteso per i tre lati del locale commerciale e sull'antistante area scoperta in quanto non solo non contestato dal Condominio, ma anche da questo espressamente riconosciuto.
Il Tribunale ha accertato e dichiarato l'inesistenza di qualsivoglia diritto di servitù ovvero di qualsivoglia altro diritto sull'area porticato fatta eccezione per il diritto di passaggio sulla piccola superficie quadrata al piano terra facente parte del porticato e antistante la scalinata condominiale.
In particolare, il Tribunale ha rigettato la domanda riconvenzionale avanzata dal Condominio relativa all'intervenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio gravante sul porticato quale fondo servente per non aver fornito prova chiara del dies a quo dell'esercizio della pretesa servitù di passaggio con la conseguenza dell'impossibilità di ritenersi maturato il ventennio utile ad usucapire la servitù.
Il rigetto della suddetta domanda riconvenzionale è, altresì, derivato dalla mancanza di significativi atti di possesso (essendo emerso dalla prova testimoniale, che il porticato non fosse l'unica via di accesso alla piccola area quadrata scoperta antistante la scalinata condominiale) nonché dalla mancanza del requisito dell'apparenza ossia di opere visibili e permanenti destinate all'esercizio della servitù, necessario per il relativo acquisto per usucapione (o per destinazione del padre di famiglia).
Il Tribunale ha, altresì, ritenuto inesistente, sulla medesima area porticato e antistante area scoperta, la servitù di uso pubblico per mancanza di prova di una ultraventennale attività di passaggio da parte dei cittadini e non solo dei proprietari dei fondi limitrofi, per finalità di pubblico interesse ovvero di una convenzione con i proprietari stessi.
Parimenti è stata rigettata la domanda riconvenzionale del Condominio di accertamento dell'esistenza di una servitù di acqua e gas nel porticato, in quanto genericamente formulata.
Requisiti e prove per usucapione servitù di passaggio: focus giurisprudenziale
Chi agisce in giudizio per ottenere l'accertamento dell'intervenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio deve dimostrare: il possesso continuato ed ininterrotto per venti anni; il possesso non violento e non clandestino; il possesso "uti dominus" (di aver agito come se fosse titolare della servitù); la presenza di pere visibili e permanenti; l'animus di esercitare la servitù (come una manifestazione del diritto di servitù e non come semplice atto di tolleranza).
In tal senso, rilevano le diverse pronunce giurisprudenziali in materia.
Con la sentenza in esame, il Tribunale di Campobasso ha richiamato una pronuncia della Corte d'Appello di Reggio Calabria, n.102/2023 la quale ultima ha ben argomentato sugli elementi costitutivi dell'acquisto di un bene per usucapione e sul relativo onere della prova, citando le principali pronunce della giurisprudenza di legittimità con particolare riferimento alla necessità di fornire, per chi agisce in giudizio, la prova certa della data di inizio del possesso.
"L'acquisto di un bene per usucapione presuppone la sussistenza di un corpus, accompagnata dall'animus possidendi, corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà - pacifico, non violento, ininterrotto e continuato - che si protragga per il tempo previsto per il maturarsi dell'usucapione.
E, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di merito e di legittimità, chi agisce in giudizio per sentir dichiarare l'intervenuta usucapione in suo favore, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva a titolo originario e, in particolare, ha l'onere di provare sia il momento iniziale del possesso ad usucapionem sia la decorrenza del ventennio nonché di aver acquistato il possesso di cosa altrui in modo pacifico, pubblico, inequivoco e di averlo esercitato in continuità per almeno venti anni, senza interruzione, ponendo in essere tutte quelle attività corrispondenti al diritto di proprietà o di altro diritto reale, tramite il compimento di atti conformi alla qualità ed alla destinazione del bene, tali da rivelare sullo stesso, anche esternamente, un'indiscussa e piena signoria. (...) Sulla scorta delle considerazioni espresse deve, in primo luogo, ribadirsi il concetto che, in materia di prova, la domanda di usucapione è soggetta alla dimostrazione, quanto mai rigorosa, in ordine all'inizio, alla durata ed alle modalità del possesso ad usucapionem.
A tal proposito, ha precisato, anche di recente, la Suprema Corte che "l'espressione di aver posseduto per oltre vent'anni è talmente generica che lascia indeterminati i termini essenziali della fattispecie dell'usucapione" (Cass. civ. sez. VI, 7 settembre 2018, n. 21873 e Cass. civ. sez. VI, 4 luglio 2011, n. 14593).
Quindi, colui che invoca l'intervenuto acquisto per usucapione deve anche allegare e dimostrare il momento e le modalità di acquisto del possesso, non potendosi ritenere sufficiente a tal fine la generica dichiarazione di aver posseduto per oltre vent'anni.
Ovvia conseguenza è che "la parte che afferma di avere usucapito il bene deve fornire la dimostrazione del come e del quando ha iniziato a possedere uti dominus non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto ma essendo, al contrario, indispensabile fornire una prova certa della data di inizio del possesso" (Cass. 21837/18). Non è, in altri termini, sufficiente che l'attore sostenga dinanzi al giudice di possedere il bene "da tempo immemorabile" ovvero "da oltre venti anni et similia" - così come riportato nella comparsa di risposta - giacchè l'incertezza circa il termine iniziale di decorrenza del possesso, non consente di ritenere maturata l'usucapione e ciò in considerazione del fatto di scongiurare il rischio che, invocando l'istituto dell'usucapione, si pongano in essere azioni che siano incardinate senza un idoneo impianto probatorio (Cass. civ., sez. II, 26.04.2011, n. 9325)." (Corte di Appello Reggio Calabria n. 102/2023).
Con particolare riferimento all'usucapione di una servitù di passaggio, è necessaria la presenza del requisito dell'apparenza ossia di opere visibili e permanenti che rivelino in modo non equivoco, l'esistenza del peso gravante sul fondo servente. Ciò, in virtù dell'art. 1061 c.c. il quale stabilisce che le servitù non apparenti non possono essere acquistate per usucapione (o per destinazione del padre di famiglia).
In tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha, in diverse occasioni, chiarito il concetto del requisito dell'"apparenza" della servitù ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, come presenza "di opere visibili e permanenti, che non solo rendano evidente l'esistenza del passaggio, ma mostrino ai terzi per il tempo necessario a fare maturare l'usucapione, che l'onere del passaggio grava sul preteso fondo servente proprio a vantaggio del preteso fondo dominante (...); " come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio, che devono rivelare in modo non equivoco, l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere di passaggio a favore del preteso fondo dominante, per cui non basta avere prova dell'esistenza di una strada, o di un percorso idoneo a consentire il passaggio, essendo essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente, ed occorrendo quindi un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù (vedi in tal senso Cass. ord. n. 11123/2022 in motivazione a pagina 5; Cass. ord. n.29579/2021 in motivazione a pagina 12; Cass. ord. 6.5.2021 n.11834; Cass. ord. 17.3.2017 n. 7004)." (Cass. n. 27344/2024).
" Il requisito dell'apparenza, dunque, (senza il quale, ai sensi dell'art. 1061 c.c., la servitù non può essere usucapita né acquistata per destinazione del padre di famiglia) deve essere legato ad una situazione oggettiva di fatto di per sé rivelatrice dell'assoggettamento di un fondo ad un altro in ragione della presenza di opere inequivocamente destinate all'esercizio della servitù, dovendo conseguentemente dipendere dalle oggettive caratteristiche dell'opera, e non già dal modo in cui questa viene utilizzata" (così Cass. n. 2994 del 2004; Cass. n. 1794/2022).
Nel caso di specie, in difetto di prova del dies a quo dell'esercizio della pretesa servitù di passaggio nonché risultando assente il requisito dell'apparenza della servitù di passaggio pedonale sull'area porticato di proprietà attorea, il Tribunale di Campobasso ha ritenuto non integrata la relativa fattispecie acquisitiva per usucapione.
Il Tribunale ha, poi, pure ritenuto inesistente, sulla medesima area sulla quale è stata esclusa la servitù di passaggio di diritto privato, la servitù di uso pubblico per mancanza della "duplice dimostrazione dell'effettiva destinazione della stessa al servizio della collettività e dell'esistenza di un titolo valido (Cass. n. 7091/2021; Cass. n. 16864/2013; Cass. n. 7718/1991; Cass., n. 1168/1974; Cass. n. 1231/1097; Cass. n. 3310/1971; Cass. n. 2432/1969) il quale può essere costituito tanto da una convenzione tra i proprietari del suolo stradale e l'ente pubblico, quanto dall'usucapione" (Cass. n. 30289/2024; Cass. n.8619/1998; Cass. n.5172/1997; Cass. n. 697/1976).
Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, l'usucapione di una servitù di uso pubblico richiede non solo il decorso di venti anni di possesso continuato ed ininterrotto, ma anche la prova che il bene sia idoneo a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito e che l'uso sia generalizzato da una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia, quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, non anche uti singuli.
In tal senso, la Cassazione ha precisato che nel caso di acquisto per usucapione di servitù di uso pubblico "non rileva la presenza di opere visibili e permanenti destinate all'esercizio della servitù, essendo il requisito dell'apparenza prescritto dall'art. 1061 cod. civ. soltanto per le servitù prediali, essendo invece necessario, al fine di garantire la non equivocità della destinazione al pubblico transito della strada, che ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:
1) l'uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un'utilizzazione uti singuli, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata;
2) l'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù;
3) il protrarsi dell'uso per il tempo necessario all' usucapione" (cfr. Cass. n. 30289/2024 che richiama (Cass., n. 28632/2017; Cass. n. 10772/2003; Cass. n. 8619/1998)."
Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto il passaggio - (non esclusivo) da parte dei condomini in ragione dell'ubicazione del portico rispetto alle rispettive abitazioni nonché da parte di coloro che si trovano occasionalmente ad accedere per raggiungere gli esercizi commerciali lì collocati - un mero atto di tolleranza da parte del proprietario del porticato, mancando la volontarietà del predetto di mettere, con carattere di continuità, un proprio bene a disposizione della collettività.