La Corte di cassazione, con l'ordinanza in commento, ha precisato un aspetto particolare che riguarda la sussistenza concreta di un bene per essere definito comune, che va oltre i concetti di accessorietà e funzionalità rispetto alla realtà condominiale.
Natura condominiale di un bene e collegamento funzionale con una o più proprietà esclusive. Fatto e decisione
Con ordinanza n. 9551 pubblicata il 7 aprile 2023, la Corte di cassazione ha parzialmente accolto il ricorso promosso da un condomino, facente parte di un supercondominio, avverso la sentenza di primo grado che, in sede di gravame, aveva confermato il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace in favore del condominio, dichiarando lo stesso definitivamente esecutivo.
La controversia aveva ad oggetto il pagamento di oneri per la manutenzione di una strada situata nel supercondominio della quale il ricorrente si dichiarava non condòmino, ma titolare di un diritto di servitù di passaggio. Diritto che asseriva competergli solo per la porzione utilizzata per raggiungere la sua proprietà.
Il condominio, da parte sua, evidenziava che l'opponente al decreto ingiuntivo era, invece, condomino a tutti gli effetti avendo lo stesso contribuito alla formazione del supercondominio e non essendosi mai opposto all'approvazione del regolamento d'uso della strada e delle relative tabelle millesimali.
Per quanto di interesse, il ricorrente lamentava che la strada de qua era stata erroneamente considerata parte comune ai sensi dell'art. 1117-bis c.c. per un duplice motivo: l'area di sedime sulla quale la stessa poggiava era rimasta nella proprietà esclusiva venditore.
Inoltre, al tempo dell'acquisto degli immobili di proprietà del medesimo ricorrente non esisteva alcuna strada (ancora in costruzione), né i fabbricati attualmente situati lungo tutto il tratto successivo erano stati ancora edificati.
Questo, dunque, era sufficiente ad escludere la presunzione di condominialità di cui all'art. 1117-bis c.c. del bene medesimo.
In via preliminare la Corte ha affermato che «la domanda di accertamento della qualità di condomino, ovvero dell'appartenenza, o meno, di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., non va proposta nei confronti della persona che svolga l'incarico di amministratore del condominio medesimo, ma impone la partecipazione di tutti i partecipanti al condominio in situazione di litisconsorzio necessario (Cass., sez. 6-2, 25 giugno 2018, n. 16679; Cass., sez. 6-2, 17 ottobre 2017, n. 24431), sicché tale questione, quando si inserisca nel giudizio di impugnazione di delibera assembleare, nel quale legittimato passivo è l'amministratore del condominio, come nella specie, può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale, ma privo di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli (Cass., sez. 6-2, 25 giugno 2019, n. 17022; Cass., sez. 2, 31 agosto 2017, n. 20612).
Detto questo, i giudici di legittimità hanno ritenuto fondate, in parte, le censure sollevate dal ricorrente nei confronti della decisione di secondo grado, con conseguente accoglimento del ricorso e rinvio al Tribunale in diversa composizione.
Secondo la Corte l'errore commesso dal giudice di merito era stato quello di sostenere che, in costanza di costituzione del supercondominio, se una strada sia necessaria ai vari frontisti per raggiungere le rispettive proprietà essa è comune a tutti, a prescindere da qualsivoglia altra considerazione.
Il Tribunale, infatti, che era partito dall'assunto secondo cui la prova della comproprietà non è necessaria laddove si tratti di cose che per natura siano parti comuni del condominio o del supercondominio ai sensi dell'art. 1117 c.c., aveva trascurato il fatto che la condizione di tale previsione, superabile solo con l'esistenza di un titolo contrario (sia esso il primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dall'originario proprietario al primo acquirente, oppure il regolamento di natura contrattuale allegato, oppure ancora quello anche di natura assembleare ma approvato o accettato con il consenso di ciascun partecipante al condominio) «non possa configurarsi quando, al momento della costituzione, manchino i presupposti della nascita del condominio (Cass., sez. 6-2, 25 giugno 2019, n. 17022), ossia l'unitaria conformazione del compendio (Cass., sez. 2, 23 settembre 2011, n. 19490) e, dunque, il collegamento tra le opere comuni funzionalmente asservite alla proprietà individuali e, nella specie tra strada e fabbricati di proprietà esclusiva, restando escluso che sia determinante il collegamento sorto successivamente».
Questo ha portato, quindi, la Corte suprema a dettare il principio secondo il quale «al fine di affermare la natura condominiale di un bene non basta, in sostanza, valutarne il collegamento funzionale con una o più proprietà esclusive o la sua accessorietà ad esse, essendo necessario che le condizioni di tale contitolarità siano sussistenti nel momento in cui il soggetto acquisti beni in proprietà esclusiva, atteso che la proprietà condominiale costituisce una particolare declinazione della comunione, che si caratterizza per il collegamento funzionale del bene con le proprietà esclusive, senza prescindere dalla comproprietà di esso».
Considerazioni conclusive
A fronte della contestazione del ricorrente circa la non configurabilità della strada in contestazione come bene del supercondominio la Corte ha richiamato principi oramai più consolidati in ordine al condominio complesso la cui disciplina, con la riforma del 2012, è stata definitivamente integrata nelle norme che regolamentano il condominio.
Partendo, infatti, dal presupposto che il supercondominio sorge ipso iure e facto, senza che occorra alcuna manifestazione di volontà, tanto meno assembleare, ed essendo, invece, sufficiente che più unità immobiliari o più edifici abbiano in comune i beni ed i servizi indicati, anche se in modo non esaustivo, nell'art. 1117 c.c. (ex multis Cass., sez. 2, 15 novembre 2017, n. 27094), la Corte Suprema ha precisato che «la qualificazione super-condominiale replica al plurale la qualificazione condominiale, postulando anch'essa una relazione funzionale di accessorietà necessaria, per non essere il bene in (super)condominio - diversamente dal bene in comunione - suscettibile di godimento autonomo (Cass., Sez. 2, 10 dicembre 2019, n. 32237)».
Se tale principio è fondato sulla considerazione che le due entità, condominio e supercondominio, rispondono a criteri sostanzialmente analoghi ed hanno una ratio comune, che consiste non solo nella accessorietà fra i beni, ma anche nel collegamento funzionale degli stessi con le unità immobiliari di proprietà esclusiva, è altrettanto vero che il bene per essere comune deve essere attuale, non futuro (in quanto previsto per una futura realizzazione) e neppure in corso di realizzazione.
Là dove il bene è accessorio allorché è strumentale rispetto al bene finale di proprietà esclusiva, mentre la funzionalità risponde piuttosto al concetto di destinazione ed uso del bene posto in relazione agli edifici, unità immobiliari che formano il condominio/supercondominio.
A questo proposito la giurisprudenza ha specificato che i «c.d. "volumi tecnici", ossia quelli destinati a contenere gli impianti tecnici del fabbricato (quali i vani ascensore, caldaia, autoclave, contatori), per essere vincolati all'uso comune, in virtù della loro naturale destinazione o della loro connessione materiale e strumentale rispetto alle singole parti dell'edificio.
Tuttavia, per stabilire la condominialità di detti beni (nella specie, vano caldaia e contatori), occorre accertare che la relazione di accessorietà ed il collegamento funzionale fra gli impianti o i servizi comuni, da un lato, e le unità in proprietà esclusiva, dall'altro, sussistessero già al momento della nascita del condominio, non rilevando il collegamento creato solo successivamente alla formazione dello stesso, dal quale potrebbe piuttosto discendere la costituzione di una servitù a carico di porzione di proprietà esclusiva» (Cass., sez. 6-2, 19 novembre 2021, n. 35514). Principio estensibile, naturalmente, a beni di qualsivoglia natura e contenuto.