La Cassazione, con l'ordinanza n. 19712 del 21 settembre 2020, relatore il Cons. Antonio Scarpa, conferma che occorre sempre esaminare il primo atto di acquisto per valutare se un determinato bene sia in comproprietà pro indiviso di tutti i condòmini - e quindi bene comune - oppure se appartenga ad uno o alcuni solamente di essi.
Vediamo perché.
Nel caso di specie, quello esaminato dai Giudici di legittimità, ci troviamo di fronte ad un lastrico solare che, nel primo atto di vendita, avvenuto nel 1983 (ed anche nei 3 atti di poco successivi), era stato dichiarato dal costruttore e venditore come bene comune a tutti i condòmini, mentre, negli atti di vendita del 1984 lo stesso costruttore e venditore dichiarava di aver riservato a sé la proprietà esclusiva del lastrico e, così, la trasferiva agli acquirenti.
La causa era stata avviata dal Condominio avverso i suddetti acquirenti e ormai condòmini, perché costoro avevano apportato modifiche strutturali al lastrico solare 'trasferito' dal costruttore; il Condominio intendeva accertare la natura condominiale, cioè di bene comune, del lastrico e così (immaginiamo) ottenere la rimozione delle modifiche ed il risarcimento del danno.
Durante il giudizio, intervenivano anche altri due condòmini, a sostegno del Condominio.
Mentre il Tribunale aveva dichiarato la natura condominiale del lastrico, la Corte d'Appello dava torto al Condominio ed ai due condòmini intervenuti, evidenziando le risultanze degli atti di acquisto del 1984 e sostenendo che il Condominio aveva dato prova di quanto affermava solamente tramite un atto ricognitivo del Notaio all'epoca rogante l'atto di acquisto del 1983, non valido, pertanto, secondo la Corte, a dare certezza e piena prova della proprietà del bene.
La Cassazione, invece, adita su ricorso dei due soli condòmini intervenuti, ribalta la pronuncia e rimette la causa ad altra sezione della Corte d'Appello affinché pronunci guidata dal principio di diritto enucleato dai Giudici di legittimità.
Sulla scorta delle difese dei due condòmini intervenuti e ricorrenti, la Cassazione sottolinea come l'atto di acquisto del 1983, ove il lastrico era dichiarato bene comune, fosse stato prodotto in giudizio sin dalla fase istruttoria del I°, cosicché, mentre detto atto dava piena prova della natura comune del lastrico, la dichiarazione operata dal costruttore nell'atto del 1984 era illegittima, dato che egli non era già più, in quel momento, proprietario del bene (il lastrico solare), che aveva 'ceduto' l'anno prima al Condominio (tramite la dichiarazione nell'atto di acquisto del 1983) e, pertanto, non poteva venderlo ai due condòmini acquirenti.
Per completezza, rammentiamo al lettore che, oltre al primo atto di acquisto, le riserve di proprietà e le altre disposizioni concernenti regimi 'particolari' e in deroga alle norme del Codice civile, laddove possibile (v. art. 1138 c.c. e art. 72 disp. att. c.c.) si possono trovare anche nel Regolamento del Condominio, che viene da tempo inquadrato dalla giurisprudenza come rientrante nella nozione di "titolo contrario" richiamata dall'art. 1117 c.c. laddove detta la disciplina delle parti comuni, elencandole.
Ovviamente, atti di acquisto e Regolamenti di condominio non possono essere in contrasto sulla proprietà (privata oppure comune) dei beni; laddove lo siano, occorrerà verificare la natura del Regolamento e, se questo non ha natura 'contrattuale', dare prevalenza agli atti di acquisto - e principalmente al primo.
Quando nasce un condominio: la vendita della prima unità immobiliare
Nel parlare quotidiano il termine 'condominio' ha finito con l'identificare il fabbricato o edificio o costruzione che dir si voglia, tanto che siamo abituati a pensare che il Condominio nasca contemporaneamente alla posa dell'ultima pietra del palazzo.
Tuttavia, il Condominio, come disciplinato nel nostro Codice civile dal 1942 e come lo conosciamo anche dal punto di vista edilizio è altro.
Si tratta certamente dell'insieme delle proprietà (private) - le unità immobiliari o «piani o porzioni di piano», come le chiamavamo sino al 2012 - e di una serie di beni e servizi, i quali sono ad esse funzionalmente (cioè per uno scopo) e strutturalmente (cioè da un punto di vista edilizio ed architettonico) asserviti (cioè destinati a servire) - l'ingresso 'comune' al palazzo serve per poter accedere alle unità private site nello stesso, le scale 'comuni' servono per accedere alle singole unità private, il tetto 'comune' copre l'intero fabbricato e lo protegge, la fognatura 'comune' serve per raccogliere e far confluire gli scarti delle singole unità private, e così via.
Ma tutto questo non basta. L'etimologia della parola ci indica che essere in 'cum - dominium' significa avere la proprietà su una cosa INSIEME AD ALTRI.
Il Condominio, quindi la situazione di com - proprietà sulle parti ed i servizi comuni asserviti alle proprietà private (le unità immobiliari), nasce allora quando ci siano almeno DUE PROPRIETARI.
Quando si verifica ciò?
Generalmente, il costruttore dell'edificio, nel momento in cui termina la costruzione, ne diviene proprietario: quindi abbiamo un soggetto - una persona fisica, una società, una cooperativa, etc. - che possiede la proprietà di tutte le unità immobiliari. E allora, la proprietà è UNICA.
Quando l'originario costruttore VENDE LA PRIMA UNITA' IMMOBILIARE - o, come dicono i giuristi, fraziona l'unica proprietà originaria - ecco che avremo due proprietari: lui stesso e chi quell'unità se la compra.
In quel momento sarà nato il Condominio, perché costruttore e nuovo compratore avranno la comproprietà sui beni ed i servizi comuni del fabbricato.
Riserva di proprietà nel condominio: quali beni possono essere esclusi
Nel momento precedente la vendita della prima unità immobiliare, il costruttore può decidere se riservarsi la proprietà di alcuni beni o servizi che altrimenti, per loro struttura, natura e destinazione, sarebbero comuni oppure di riservarla al suo primo compratore.
Come viene eseguita questa riserva?
Nell'atto di compravendita, nella parte generalmente posta all'inizio, dove, dopo aver indicato le generalità del venditore e del compratore, si indica il bene oggetto di acquisto, si riporterà che l'acquirente (il primo condòmino), con l'atto, sta acquisendo la proprietà dell'unità immobiliare oggetto della vendita e, insieme con essa, la comproprietà sui beni ed i servizi comuni; se il costruttore intende riservare a sé la proprietà di alcuni di questi beni, verrà inserita una clausola che indica detta riserva di proprietà - ad esempio, il Sig. Tizio acquista l'u.i.
Scala A, interno 01, con la corrispondente quota millesimale sui beni ed i servizi comuni, accettando al contempo che il lastrico solare rimarrà di proprietà esclusiva del Sig. Caio (costruttore).
Potrebbe anche accadere che l'atto riservi invece al compratore la proprietà esclusiva di un bene che, altrimenti, sarebbe comune.
Potrebbe infine accadere che gli atti di acquisto, anche il primo, rinviino ad un Regolamento, conosciuto ed accettato dal primo compratore e dai successivi, ove la proprietà di alcuni beni viene riservata ad uno o alcuni soltanto dei condòmini.
Nel caso affrontato dalla Cassazione e visto sopra, il costruttore aveva prima dichiarato che il lastrico solare era comune, nei primi atti di acquisto del 1983, mentre, quando era andato a vendere altre unità immobiliari l'anno successivo, aveva dichiarato che il lastrico era stato a lui riservato e che quindi, essendone proprietario, poteva trasferirlo ad altri.
La Corte ha invece chiarito le posizioni: il Condominio aveva provato la natura comune sin dal I°, producendo il primo atto di acquisto, mentre il costruttore, a fronte di quell'atto, non era riuscito a provare la riserva di proprietà, che peraltro non sarebbe stata valida per come fatta nel 1984 dato che egli non era più proprietario del bene.