Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Parte comune rovinata e violazione del decoro architettonico

Nel giudicare la lesione al decoro architettonico di un condominio, si devono valutare anche le condizioni in cui si trovava precedentemente il fabbricato.
Avv. Marco Borriello 

Nel cosiddetto condominio minimo, dove ci sono soltanto due proprietari diversi, la gestione dei beni comuni può diventare, in concreto, molto complicata. I due proprietari devono essere entrambi d'accordo sugli interventi da eseguire. Non è possibile, infatti, formare una maggioranza che possa imporsi, legittimamente, sulla minoranza dissenziente, così come avviene nei fabbricati con più condòmini.

Capita, perciò, che, di sua iniziativa, uno dei proprietari proceda a realizzare un determinato intervento, senza il consenso dell'altro, salvo chiedere il rimborso. Dopodiché, l'altro potrebbe rifiutarsi negando l'indispensabilità dei lavori.

È accaduto ciò anche nel caso oggetto della recente sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1164 del 22 ottobre 2024. Nello specifico, a litigare in sede giudiziale, erano stati due fratelli, unici proprietari di un fabbricato, per alcuni lavori eseguiti da uno di essi.

Dinanzi al competente Tribunale l'esecutore delle opere in contestazione aveva chiesto il rimborso dei costi sostenuti. Il fratello convenuto, invece, oltre a contrastare tale pretesa, affermando che fosse stata inutile e, certamente, non necessaria, proponeva varie domande riconvenzionali.

Tra queste c'era quella relativa alla violazione del decoro architettonico dell'edificio: le tegole della copertura, profondamente rovinata e soggetta a infiltrazioni, erano state sostituite da un sistema a lamiera coibentata.

Dunque, agli uffici coinvolti, è spettato il compito di stabilire torti e ragioni nella vicenda.

Rimborso lavori eseguiti da uno dei proprietari di un condominio minimo: come procedere?

Nella vicenda in esame, uno dei due proprietari di un fabbricato aveva eseguito alcuni lavori sulla copertura comune, in assenza del consenso dell'altro.

Egli sosteneva che si trattasse di opere urgenti e che, in ragione di ciò, avesse diritto al rimborso dei costi sostenuti nella misura del 50 per cento.

In pratica, leggendo la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, la disposizione di legge invocata era l'art. 1134 cod. civ. "Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente".

Purtroppo, però, nel corso del procedimento di primo grado, la prova dell'urgenza delle opere eseguite non era stata fornita.

Pertanto, per legittimare l'intervento ed ottenere la compartecipazione del proprietario dissenziente, il promotore avrebbe dovuto superare l'impasse, rappresentato dal mancato consenso del fratello, ricorrendo al rimedio di cui all'art. 1105 cod. civ. "Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune.

Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.

Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione.

Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore".

Nel caso specifico, invece, nulla era stato fatto a riguardo e, in assenza della prova dell'urgenza delle opere, al Tribunale in prima istanza non è restato che rigettare la domanda di rimborso dell'attore.

Lavori straordinari di manutenzione non eseguiti e richiesta di restituzione degli accantonamenti da parte di un condomino

Parte comune degradata e lesione del decoro architettonico

Nel caso in esame, la parte convenuta in giudizio, oltre a contestare la domanda di rimborso per i lavori eseguiti sulla copertura comune dall'altro proprietario, aveva proposto domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la rimozione dell'intervento.

Secondo la tesi del convenuto, la sostituzione delle tegole, con la copertura in lamiera, aveva violato il decoro architettonico del fabbricato.

Ebbene, tale tesi era respinta dal Tribunale di Catanzaro in prima istanza. La detta conclusione non mutava nemmeno ad opera della Corte di Appello in commento.

Per l'ufficio calabrese, infatti, non si poteva fare a meno di considerare lo stato di degrado della parte comune e l'effetto, indubbiamente, migliorativo che aveva comportato l'intervento, rispetto alla funzione di copertura svolta dal tetto de quo.

Ecco perché la violazione del decoro architettonico andava esclusa, in quanto, come sostiene la Cassazione, occorre valutare le condizioni della parte oggetto dei lavori e se l'opera abbia determinato, o meno, un incremento lesivo alla medesima "il giudice che si trovi a dover valutare la sussistenza o meno di una lesione al decoro architettonico di un edificio condominiale a causa dell'intervento di un singolo condomino, deve valutare anche le condizioni in cui si trovava precedentemente il fabbricato potendo anche giungere alla conclusione che l'ulteriore innovazione non abbia procurato un incremento lesivo (Cass. civile sez. II, 08/05/2017, n.11177)".

Pertanto, la questione si è conclusa con il rigetto dell'appello sul punto.

Sentenza
Scarica App. Catanzaro 22 ottobre 2024 n. 1164
Resta aggiornato
Iscriviti alla Newsletter
Fatti furbo, è gratis! Più di 100.000 amministratori, avvocati e condomini iscritti.

Ricevi tutte le principali novità sul condominio e le più importanti sentenze della settimana direttamente nella tua casella email.

  1. in evidenza

Dello stesso argomento