Ancora una volta si sono confrontati un condominio e un creditore in merito all'importo dovuto per l'esecuzione di alcuni lavori di manutenzione straordinaria. Si tratta di una circostanza in cui, frequentemente, sorgono dei disaccordi tra le parti. In particolare, ciò accade lì dove non c'è stato un patto scritto su caratteristiche e modalità degli interventi nonché sulla misura del compenso.
Insomma, come è successo nella lite risoltasi, da ultimo, con la sentenza della Corte di Appello di L'Aquila n. 1767 del 30 novembre 2021, può accadere che il creditore azioni, in sede monitoria, la propria fattura.
Vediamo, però, più in particolare, cosa ha caratterizzato la vicenda qui in esame.
Ingiunzione, effetti della prova e compensazione. Il caso
In un condominio teramano erano stati eseguiti dei lavori sugli impianti elettrici del fabbricato. In particolare, si era fatto carico dell'incombenza un condòmino dell'edificio per mezzo della propria impresa.
Compiuti gli interventi, però, erano sorte delle contestazioni sulla misura del compenso, anche perché non c'era stato un preventivo accordo scritto in merito alla prestazione da realizzare e al corrispettivo per l'impresa. Le successive riunioni condominiali, che avevano discusso l'argomento, non avevano risolto il problema.
Perciò, secondo il creditore de quo, era venuto il momento di azionare la propria pretesa in sede monitoria, tant'è che era ottenuto un decreto ingiuntivo, a carico del condominio, per l'ammontare complessivo di circa 10.000 euro.
Era, quindi, proposta opposizione dinanzi al Tribunale di Teramo. Quest'ultimo, al termine dell'istruttoria, sosteneva che non era stata raggiunta la prova per confermare l'ammontare del decreto ingiuntivo opposto.
Era, infatti, emerso che il credito in contestazione fosse, sensibilmente, più basso rispetto alla pretesa descritta in fattura.
Si arrivava alla detta riduzione, altresì, compensando alcuni crediti che il condominio vantava nei confronti del titolare della ditta appaltatrice.
Per questa ragione, l'anzidetto ufficio abruzzese decideva per la revoca del provvedimento emesso in prima istanza e per la riduzione dell'importo dovuto alla società creditrice nella misura di circa 2.000 euro.
A quel punto, per scelta della parte soccombente, la questione si spostava dinanzi alla Corte di Appello di L'Aquila. Anche in questa sede, però, emergevano, senza alcun dubbio, le stesse criticità rilevate nel corso del primo giudizio.
Secondo la Corte, il creditore non aveva dimostrato di avere diritto all'intera somma oggetto della fattura.
Era, inoltre, ritenuta corretta la compensazione tra il credito azionato e quello del condominio.
Insomma, anche l'appello si concludeva negativamente per il creditore, il quale era chiamato al pagamento delle spese, secondo il principio della soccombenza.
Opposizione ingiunzione e onere probatorio del creditore
In sede monitoria, per il creditore, la produzione della fattura non saldata può essere sufficiente a giustificare l'emissione di un decreto ingiuntivo a carico del debitore. Vedi ad esempio, quanto afferma a tal proposito l'art. 634 co. 2 c.p.c.
«Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture».
La situazione, però, si complica in sede di opposizione. Il debitore, infatti, potrebbe contestare l'ammontare del credito azionato ed oggetto del provvedimento monitorio.
A quel punto, alla parte opposta, sostanzialmente attrice dell'intero procedimento, spetterebbe l'onere di allegare e provare il fondamento della propria pretesa «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (Art. 2697 co. 1 cod. civ.».
Applicando tale principio alla vicenda in commento, dinanzi all'inadempimento del debitore, la società appaltatrice, producendo il contratto, con tanto di descrizione dei lavori commissionati e del corrispettivo da ricevere, avrebbe legittimato la propria posizione.
Viceversa, il creditore de quo ha offerto, come prove, solo dei conteggi generici, da lui predisposti, e la fattura in questione. Insomma, è emerso un quadro probatorio, decisamente, insufficiente per ottenere conferma dell'intero importo preteso in sede monitoria poiché, come ribadito dalla Corte di L'Aquila «l'efficacia probatoria delle fatture è limitata alla fase monitoria ma non costituisce prova dell'esistenza del credito nel successivo giudizio di opposizione, la società... avrebbe dovuto dare prova del credito oggetto di ingiunzione».
Compensazione dei debiti in caso di opposizione a ingiunzione
Tra i modi di estinzione del debito c'è anche la compensazione che, come specifica il codice civile, si realizza allorquando «Quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono (Art. 1241 cod. civ.».
Insomma, non c'è motivo di effettuare uno scambio di denaro tra due soggetti se entrambi sono sia creditori che debitori dell'altro.
È ciò che è accaduto anche nella lite in commento.
È emerso, infatti, che il titolare della società appaltatrice era, altresì, condòmino del fabbricato ingiunto. È stato, inoltre, dimostrato che questi aveva accettato di compensare i propri debiti condominiali con il corrispettivo che avrebbe dovuto incassare per i lavori elettrici eseguiti nel fabbricato per mezzo della propria impresa.
A quel punto, sia per il Tribunale di Teramo che per la Corte di Appello di L'Aquila, è stato conseguenziale accertare l'avvenuta compensazione e, per questo motivo, ridurre l'originario importo oggetto dell'azione di recupero.