La convocazione assembleare presuppone il rispetto di una serie di adempimenti che, giocoforza, rendono impossibile una riunione immediata. Ciò vale anche nei casi d'urgenza: la legge non prevede una procedura specifica per la convocazione di un'adunanza d'emergenza.
Anzi, al contrario, eccezionalmente contempla periodi ancor più dilatati, come nell'ipotesi di assemblea convocata per la modifica della destinazione d'uso di una parte comune, ai sensi dell'art. 1117-ter c.c.
Alla luce di ciò, a meno che non ci sia il consenso unanime dei condòmini, tra il giorno della ricezione dell'invito e quello dell'effettivo svolgimento della riunione devono sempre trascorrere almeno cinque giorni. È in questo contesto che si pone il seguente interrogativo: cosa deve fare l'amministratore nel caso di opere urgenti? Vediamo cosa prevede la legge.
Manutenzione ordinaria: cosa deve fare l'amministratore?
Ai sensi dell'art. 1130 c.c., l'amministratore deve «disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini» e «compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio».
L'amministratore può quindi occuparsi liberamente dell'ordinaria manutenzione dell'edificio, disponendo tutti gli interventi di cui i beni e i servizi comuni necessitano per conservare la loro normale funzionalità.
Nell'ordinaria manutenzione rientrano le opere di routine, periodiche o programmate con anticipo, che non comportano un grande esborso per i proprietari, incluse le piccole riparazioni.
Rientrano pertanto nell'ordinaria manutenzione la revisione della caldaia e le verifiche del corretto funzionamento dell'ascensore; la cura del verde; la pulizia delle scale (Trib. Milano, sent. n. 2198/2020); la sostituzione delle lampadine non più funzionanti; la riparazione di piccoli guasti.
In tutte queste ipotesi, l'amministratore agisce in autonomia, senza il preventivo consenso dell'assemblea, riscuotendo dai condòmini le quote necessarie per il pagamento della spesa.
Manutenzione straordinaria: cosa deve fare l'amministratore?
Diversa è la situazione per la manutenzione straordinaria, che l'art. 1135 c.c. attribuisce alla competenza esclusiva dell'assemblea, salvo che si tratti di interventi urgenti per i quali non è possibile attendere la convocazione dell'adunanza.
Nelle ipotesi di opere importanti, eccezionali e costose, quindi, l'amministratore non può che rimettersi alla volontà dei condòmini, limitandosi ad eseguire la deliberazione adottata.
Interventi urgenti: cosa deve fare l'amministratore?
È possibile che il condominio abbia necessità di un urgente intervento per salvaguardarne la stabilità, la sicurezza o il decoro.
In ipotesi del genere, la legge attribuisce piena autonomia all'amministratore, il quale può agire senza ottenere alcuna autorizzazione da parte dell'assemblea.
Tale ipotesi è espressamente prevista dal sopracitato art. 1135, secondo comma, c.c., a tenore del quale «L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea».
L'unico obbligo dell'amministratore è quindi quello di informare immediatamente i condòmini della decisione adottata, affinché l'assemblea possa esprimersi su di essa, ratificandola oppure impugnandola. Quest'ultima considerazione merita uno specifico approfondimento.
L'assemblea può contestare i provvedimenti urgenti dell'amministratore?
Secondo l'art. 1133 c.c., «i provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condòmini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137».
L'assemblea può quindi sempre sconfessare la scelta dell'amministratore, annullandola e sostituendola con un'altra gradita al consesso, sempreché ovviamente la situazione sia ancora reversibile.
Si immagini la seguente situazione. Davanti all'improvviso cedimento di una parete condominiale, l'amministratore decide di chiamare immediatamente una ditta di sua fiducia affinché effettui le prime riparazioni necessarie a evitare il crollo e a mettere in sicurezza l'edificio.
Informata dalla decisione, l'assemblea decide di non ratificare la scelta dell'amministratore, colpevole a proprio dire di aver affidato l'incarico a un'impresa particolarmente costosa anziché chiamare una ditta più economica.
In un caso del genere, è chiaro che l'assemblea non potrà sottrarsi al pagamento degli interventi già compiuti, ma potrà decidere di affidare i lavori successivi a un'altra ditta, scelta a maggioranza.
Se però è stata ravvisata una particolare responsabilità dell'amministratore, si potrà agire contro di lui per ottenere il risarcimento dei danni.
Si tratta invero di un'ipotesi rara in quanto, nell'ipotesi di interventi urgenti, ciò che è rimproverabile all'amministratore è solitamente la negligenza, non la cattiva scelta del fornitore.
In altre parole, l'assemblea potrà agire contro l'amministratore che, davanti all'emergenza, è rimasto inerte, ma non contro l'amministratore che si è prontamente attivato per far fronte alla situazione d'urgenza, contestandone nel merito le scelte.
In quest'ultima ipotesi, si potrà agire tutt'al più nell'ipotesi di conflitto d'interessi o di altre circostanze che dimostrano la malafede dell'amministratore, il quale ha agito per un proprio tornaconto personale.
E così, riprendendo l'esempio della ditta intervenuta per porre rimedio a una situazione d'emergenza, l'assemblea potrebbe eventualmente chiamare in causa l'amministratore se è dimostrato che questi abbia affidato l'incarico all'impresa di cui è socio o perfino legale rappresentante al fine di ottenerne un guadagno, con conseguente pregiudizio per la compagine.