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Opere eseguite dal singolo condomino nelle parti comuni: la Cassazione bacchetta la Corte d'appello in confusione

Pareri difformi della Corte circa la compatibilità dell'intervento edilizio con la precarietà della struttura del palazzo.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
7 Ott, 2024

Una recente decisione della Cassazione ha sottolineato la necessità di distinguere l'intervento edilizio eseguito dal condomino sulle parti comuni da quelle opere realizzate da chi abita all'ultimo piano unicamente mediante occupazione della colonna d'aria soprastante.

In entrambi i casi, i limiti della stabilità e della sicurezza del fabbricato ex artt. 1102 e 1120 c.c. e delle condizioni statiche dell'edificio ex art. 1127 c.c. rappresentano condizioni dell'esistenza stessa dei diritti di modificazione e di sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito (Cass. civ., sez. II, 01/07/2024, n. 18036). Analizziamo vicenda e decisione della Suprema Corte.

Opere eseguite dal singolo condomino nelle parti comuni e Corte d'appello in confusione. Fatto e decisione

Alcuni condomini citavano in giudizio i proprietari dell'appartamento soprastante, per sentirli condannare a ripristinare il tetto e l'immobile condominiale, modificati mediante realizzazione di due nuovi abbaini in falda e di un lucernario, lamentando l'alterazione della statica dell'edificio e l'illegittima acquisizione di un vano tecnico di proprietà comune.

Gli attori citavano anche l'amministratore per sentirlo condannare a risarcire i danni causati dall'inadempimento agli obblighi su lui incombenti.

Il Tribunale riteneva che i convenuti avessero realizzato una sopraelevazione non consentita dall'articolo 1127 c.c. (per problemi di tenuta statica del palazzo) e condannava i convenuti alla riduzione in pristino, mentre rigettava la domanda risarcitoria proposta nei confronti dell'amministratore. La Corte di Appello invece dava torto agli attori.

I giudici di secondo grado, in prima battuta, evidenziavano che il CTU nominato dal Tribunale aveva affermato come l'intervento di costruzione degli abbaini non avesse risolto le problematiche strutturali legate alle carenze statiche dell'edificio, derivanti dalla presenza di spallette murarie prive di idoneità alla portata, in quanto sprovviste di sottostanti opere di sostegno; in particolare, l'ausiliare aveva rilevato che nell'esecuzione dei lavori era stata utilizzata per l'appoggio delle travi degli abbaini una spalletta muraria preesistente non adatta a sostenerne il peso. Successivamente, a seguito delle osservazioni formulate dai consulenti di parte dei convenuti, lo stesso consulente d'ufficio del Tribunale aveva però rettificato le sue conclusioni, sostenendo che, per effetto dell'intervento di realizzazione degli abbaini da parte dei convenuti, si era prodotta una diminuzione del 25% dello scarico sulla spalletta, con conseguente miglioramento della situazione statica complessiva del fabbricato condominiale.

Alla luce di quest'ultima conclusione la Corte di Appello osservava che il caseggiato aveva dei problemi di tenuta statica non legati ai lavori eseguiti dei convenuti e implicanti opere strutturali su parti di proprietà comune.

La sentenza di secondo grado non riteneva perciò che i condomini dell'ultimo piano avessero realizzato una sopraelevazione, riconducendo le opere realizzate nell'ambito dell'art. 1102 c.c.; in altre parole i giudici di secondo grado ritenevano gli interventi in questione lecite modifiche delle parti comuni non richiedenti una autorizzazione assembleare.

La Cassazione ha ritenuto la decisione di secondo grado "ambigua" in quanto fondata sull'altalenante parere espresso dal CTU del Tribunale circa la compatibilità dell'intervento edilizio con la precarietà del sistema strutturale e le preesistenti carenze statiche dell'edificio.

I giudici supremi hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello della stessa città in diversa composizione.

La Cassazione ha messo in rilievo come i giudici del rinvio siano tenuti a fornire adeguata e specifica giustificazione del convincimento che sia stata raggiunta la prova, incombente sugli autori delle nuove costruzioni, che le stesse e la struttura sottostante sono idonee a fronteggiare il rischio statico del palazzo.

Nuova costruzione, definizione e criterio della prevenzione: i chiarimenti della Cassazione

Analisi sulla legittimità degli interventi edilizi nelle parti comuni condominiali

I giudici della Cassazione hanno notato che per valutare la legittimità degli interventi realizzati dai convenuti i giudici di secondo grado avrebbero dovuto accertare quali opere eseguite da proprietari dell'ultimo erano state realizzate sulle parti comuni dell'edificio condominio e quali opere erano state invece realizzate dai proprietari dell'ultimo piano del fabbricato condominiale unicamente mediante occupazione della colonna d'aria soprastante: gli interventi sulle parti comuni sono da valutare alla stregua dei limiti imposti dall'articolo 1102 c.c., nonché di quelli desumibili dall'articolo 1120 c.c.; le opere riconducibili all'esercizio del diritto di sopraelevazione devono essere valutate in relazione all'articolo 1127 c.c., per le quali operano, invece, il divieto assoluto dell'impedimento collegato alle condizioni statiche dell'edificio, nonché gli altri due limiti del turbamento delle linee architettoniche e della diminuzione di aria e di luce in ipotesi di opposizione dei singoli condomini interessati.

A tale proposito si ricorda che l'assenza di ogni pericolo statico, derivante dal rigoroso rispetto della normativa antisismica, quale presupposto del divieto contenuto nel secondo comma dell'articolo 1127 c.c., deve essere verificata (e provata) già prima dell'intervento che si intende realizzare, e non può essere affidata alla mera diligenza della parte interessata, essendo elemento integrante l'essenza stessa del diritto di sopraelevare (Cass. civ., sez. II, 21/11/2023, n. 32281).

In ogni caso, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, non si tiene conto né del conseguimento della concessione edilizia relativa al corpo di fabbrica elevato sul colmo dell'edificio, né della certificazione di idoneità statica delle opere eseguite, o ogni altro atto che attenga all'ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, legato all'aspetto formale dell'attività edificatoria.

Sentenza
Scarica Cass. 1 luglio 2024 n. 18036
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