Si parla di atti leciti dannosi - che possono rappresentare fonti di obblighi di riparazione - in relazione, ad esempio, all'articolo 843 c.c. sull'acceso al fondo. Si tratta di casi di responsabilità al di fuori di un fatto illecito.
In ambito condominiale si potrebbe pensare alla disciplina dettata dall'art. 1127 c.c., il quale - dopo aver previsto che il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio ovvero il proprietario esclusivo del lastrico solare può, a determinate condizioni e salvo che risulti altrimenti dal titolo, elevare nuovi piani o nuove fabbriche - introduce un "contrappeso" al vantaggio lecitamente conseguito a discapito degli altri condomini, prevedendo che in detta ipotesi debba essere corrisposta a questi ultimi un'indennità.
Tale ragionamento è già stato fatto in un caso in cui l'opera di consolidamento delle strutture portanti di un caseggiato - eseguita dal condominio in ottemperanza ad un'ordinanza sindacale emanata per la tutela della pubblica incolumità a fronte del pericolo di crollo del fabbricato - ha determinato un pregiudizio della proprietà esclusiva del singolo condomino, sotto il profilo della riduzione della superficie e della cubatura fruibile del suo fondo a piano terra, adibito ad autorimessa: in tal caso inevitabilmente è sorto, a carico del condominio, l'obbligo di corrispondere al condomino danneggiato un indennità per il sacrificio imposto nell'interesse della collettività condominiale (Cass. civ., sez. II, 16/12/2015, n. 25292). Che cosa succede però se il danneggiato agisce ricorrendo ad un'azione negatoria ex art 949 e non prospetta un'ipotesi di responsabilità per fatto lecito senza domandare, nemmeno in via subordinata, il riconoscimento a carico del condominio di un obbligo indennitario? La questione è stata recentemente esaminata dal Tribunale di Monza nella sentenza n. 1304 del 7 giugno 2022.
Opere di adeguamento alla prevenzione incendi imposte dai Vigili del Fuoco e inevitabili lavori nelle proprietà esclusive: la vicenda
In un supercondominio il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco imponeva opere di adeguamento alla prevenzione incendi, opere deliberate dall'assemblea di condominio all'unanimità.
In particolare i condomini aveva incaricato una società di effettuare i lavori di adeguamento di cui al progetto ed al capitolato redatto da un tecnico (nominato, altresì, Direttore dei Lavori e Coordinatore della Sicurezza) secondo cui "per chiudere l'anello nelle posizioni progettuali impiantistiche ed avere così le giuste pressioni, alcuni tubi e condotti dell'impianto antincendio sarebbero dovuti passare all'interno di alcuni box" di proprietà dei condomini.
Tali lavori venivano eseguiti. I condomini proprietari di un box però citavano in giudizio il supercondominio, chiedendo la condanna del convenuto all'eliminazione dei tubi e delle condotte di collegamento poste, senza il loro consenso e a loro insaputa, nella loro proprietà, oltre al risarcimento del danno corrispondente al mancato godimento del box in conseguenza delle opere di adeguamento eseguite dal condominio, nonché per il tempo necessario al ripristino della situazione precedente.
Il condominio si costituiva ed eccepiva, la mancata impugnazione della delibera condominiale e l'esistenza di un accordo tra gli attori, il direttore dei Lavori e/o l'impresa esecutrice delle opere per far attraversare il box da tubazioni e condotti dell'impianto (condominiale) antincendio.
Il Tribunale accoglie la richiesta del condominio per l'adeguamento antincendio
Il Tribunale ha dato ragione al condominio. Secondo lo stesso giudice la domanda degli attori deve essere qualificata alla stregua di actio negatoria svolta ai sensi dell'art. 949 c.c.; in tal caso la parte che agisce con l'actio negatoria deve solo provare il diritto di proprietà ai limitati fini della dimostrazione del suo titolo di legittimazione processuale, mentre al convenuto incombe l'onere di provare l'esistenza del diritto a lui spettante di compiere l'attività lamentata come lesiva.
Nel rispetto di tale principio, i condomini hanno provato che l'opera di adeguamento degli impianti dell'edificio condominiale alla prevenzione incendi è stata eseguita in ottemperanza ad una comunicazione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco.
Del resto - come ha sottolineato lo stesso Tribunale - il condominio ha, altresì, provato che le opere volte alla rimozione della situazione antigiuridica riscontrata dai Vigili del Fuoco sono state approvate e deliberate dall'assemblea di condominio all'unanimità e ha allegato la mancata impugnazione della suddetta delibera assembleare.
In ogni caso gli attori erano a conoscenza del progetto. Inevitabile quindi il rigetto della domanda di rimozione delle tubazioni sul fondo di proprietà degli attori e della correlata domanda risarcitoria in relazione al preteso danno figurativo da mancato utilizzo del box.
Il Tribunale, però, ha evidenziato come, nel caso di specie, gli attori non abbiano prospettato un'ipotesi di responsabilità per fatto lecito, non avendo domandato, nemmeno in via subordinata, il riconoscimento a carico del condominio di un obbligo indennitario, ai sensi dell'art.1173 c.c., per il sacrificio imposto, nell'interesse della collettività condominiale, alla loro proprietà esclusiva, non avendo in alcun modo dedotto - nemmeno a seguito delle contestazioni mosse da controparte - l'insorgenza di un pregiudizio non antigiuridico a seguito e per effetto della realizzazione delle opere dirette ad adeguare l'impianto antincendio condominiale (ad esempio, la riduzione della superficie, dell'altezza, della luce e della cubatura fruibile del box). E il giudice, secondo il c.d. principio dispositivo, non ha potuto pronunciarsi oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato.