Negli appartamenti in un condominio, le famiglie residenti cucinano le pietanze di cui si cibano senza alcun problema di sorta. Si tratta, infatti, di un'attività ordinaria, ovviamente, consentita dalla legge all'interno della propria dimora. Stesso dicasi per quanto riguarda un ristorante posto al pian terreno di un fabbricato.
Anche in tal caso, la preparazione dei piatti e tutto ciò che lo consente, sono attività pienamente legittime.
In quest'ultima ipotesi, però, non si può negare che possa sorgere qualche problema. Si pensi ai costanti e consistenti odori di cucina provenienti dal locale che potrebbero disturbare gli abitanti degli immobili limitrofi.
Se ciò dovesse accadere e se il fenomeno dovesse rivelarsi, particolarmente, intollerabile, ci sarebbero tutti i presupposti per una lite dinanzi all'ufficio giudiziario competente allo scopo di risolvere la problematica.
È il caso, ad esempio, di quanto è accaduto in questo condominio brianzolo dove i residenti di un appartamento in condominio, posto al primo piano, hanno citato in giudizio il proprietario e il conduttore del sottostante immobile in cui era esercitata un'attività di ristorazione.
Lo scopo della causa era quello di ottenere la cessazione delle immissioni intollerabili provenienti dal locale, rumorose ed odorose, nonché quello di ricevere il giusto indennizzo per la molestia subita.
Ne è scaturito, quindi, un contenzioso appena terminato con la recente sentenza del Tribunale di Monza n. 982 del 20 marzo 2024. Non ci resta, dunque, che approfondire la questione.
Odori intollerabili provenienti dal ristorante in condominio: è possibile il risarcimento?
Nel nostro codice civile è stata contemplata una norma specifica che, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, può essere invocata per far cessare o regolamentare le immissioni rumorose ed odorose provenienti da un vicino "Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (art. 844 cod. civ.)".
Si tratta di un diritto che può essere esercitato anche per ottenere un risarcimento in ragione della molestia subita. Infatti, ponendo per ipotesi il caso in commento, gli odori provenienti da un adiacente ristorante, se intollerabili, in quanto l'impianto di ventilazione ivi posto non è adeguato o correttamente funzionante, sono in grado di ledere la normale vita privata e familiare della vittima.
Se ciò dovesse accertato in sede giudiziale, il responsabile sarebbe condannato al pagamento di un indennizzo da quantificare in via equitativa, secondo la durata della turbativa (Cass. ord. n. 11930/2022).
Anche il Tribunale di Monza ha confermato questa affermazione "la ratio dell'art. 844 c.c. è certamente quella di proteggere l'interesse del proprietario al pieno godimento delle utilità ritraibili dal fondo.
Tuttavia, alla tutela squisitamente inibitoria prevista dalla disposizione richiamata, può sovrapporsi anche una tutela risarcitoria, sia ove il conflitto sia tra proprietari, sia ove il conflitto sia tra soggetti che effettivamente hanno, a diverso titolo, la disponibilità del fondo".
È alla luce, quindi, di queste considerazioni che i convenuti nella lite in esame, cioè il proprietario dell'immobile e il conduttore titolare del ristorante, sono stati condannati al pagamento di un risarcimento a favore dei residenti dell'appartamento sovrastante.
È stato, infatti accertato che questi avevano dovuto mal sopportare gli odori intollerabili provenienti dalla cucina del locale, nell'occasione non debitamente filtrati.
Odori intollerabili provenienti dal ristorante in condominio: è possibile impedirli?
In tema di immissioni odorose intollerabili provenienti, ad esempio, dall'adiacente ristorante in condominio, il proprietario, vittima della circostanza, dinanzi alla mancata collaborazione del responsabile, può ottenere un provvedimento giudiziale con il quale il convenuto è costretto ad adottare quegli accorgimenti tecnici e strutturali atti ad impedire ulteriori immissioni illecite.
Si tratta di una vera e propria azione reale, pienamente legittimata dalla giurisprudenza della Cassazione «l'azione volta all'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e alla richiesta di realizzazione di modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse ha natura reale e deve essere esperita dal proprietario (Sez. 2, Sent. n. 23245 del 15/11/2016; Sez. U, Sent. n. 4848 del 27/02/2013)».
Infatti, nel caso in commento, previo espletamento di una Ctu, è stato accertato che le immissioni odorose intollerabili potevano essere impedite:
- installando una elettrovalvola che metteva in funzione i ventilatori e i filtri ogni qualvolta si accendevano i fuochi della cucina;
- sigillando ogni apertura del locale da cui potessero fuoriuscire gli odori.
Ecco dunque spiegati i motivi per cui la parte convenuta è stata condannata ad adottare, materialmente, tali accorgimenti.