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Occupazioni abusive del pianerottolo: i giudici non lo consentono

L'occupazione abusiva del pianerottolo condominiale non è consentita: i diritti di uso comune prevalgono su qualsiasi pretesa esclusiva di un singolo condomino, per garantire la sicurezza e l'estetica dell'edificio.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In base all'articolo 1117 c.c., i pianerottoli rientrano tra le parti comuni di un edificio, che appartengono a tutti i condomini. In quanto tali, nel definirne l'uso, occorre tenere conto del dettato dell'articolo 1102 c.c., in base al quale ciascuno può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Diritti e limiti nell'uso dei pianerottoli condominiali

Un condomino ha il diritto di usare dei vani delle scale e dei pianerottoli, collocando davanti alle porte d'ingresso alla sua proprietà esclusiva zerbini, tappeti, piante o altri oggetti ornamentali (ciò che normalmente si risolve in un vantaggio igienico-estetico per le stesse parti comuni dell'edificio), ma tali modalità d'uso della cosa comune trovano un limite invalicabile nella particolare destinazione del vano delle scale; di conseguenza non è ammessa la collocazione di dette suppellettili direttamente sulle scale o nelle parti dei pianerottoli più vicine alle rampe delle scale, in maniera da costringere gli altri condomini a disagevoli o pericolosi movimenti, con conseguente violazione del canone secondo cui l'uso della cosa comune, da parte di un comunista, non deve impedire agli altri comunisti un uso tendenzialmente pari della medesima cosa (App. Roma 13 maggio 2024 n. 3290).

L'occupazione permanente del pianerottolo: il recente intervento della Cassazione

Il giudizio traeva origine dalla domanda con la quale un condomino citava in giudizio i proprietari degli immobili posti al primo e secondo piano per sentire accertare l'illegittimità della installazione nei pianerottoli della scala di mobili a loro uso esclusivo, con conseguente condanna dei convenuti al ripristino dello stato dei luoghi "quo ante". Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda dell'attore.

La Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente l'appello proposto e, sulla base della

CTU, condannava i convenuti a rimuovere mobili e similari collocati nel corpo delle scale a loro esclusivo uso. Il CTU si era reso conto che gli originari convenuti avevano occupato di fatto una porzione del pianerottolo in modo permanente e tale da impedire un pari uso degli altri condomini.

Uno dei convenuti sottoponeva il problema all'attenzione della Cassazione che, con riferimento alla disposta rimozione dei mobili posti sui pianerottoli ordinata dalla Corte di appello, lamentava l'infondatezza di tale decisione, ritenuta non poggiante su alcuna situazione condominiale reale.

La Cassazione ha ritenuto tale censura palesemente inammissibile avendo la Corte disposto l'ordine diretto al ripristino dello stato di fatto mutato, anche contro la volontà dei condomini che vi avevano dato luogo, proprio a tutela del compossesso degli altri condomini, compromesso dalla condotta di coloro che avevano determinato lo spoglio ignorando la situazione di compossesso e/o comproprietà altrui.

Un successivo ricorso per revocazione si è rivelato inutile in quanto non sono suscettibili di revocazione le sentenze e ordinanze della Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa (Cass. civ., sez. II, 26/11/2024, n. 30468).

L'armadio davanti al secondo ingresso: l'opinione del giudice di merito

Un condomino posizionava nella parte del pianerottolo antistante il secondo ingresso dell'appartamento di sua proprietà, un armadio a muro in legno.

Il condominio citava in giudizio detto condomino al fine di sentire condannare lo stesso a rilasciare libero il pianerottolo.

Il convenuto si difendeva sostenendo di non avere mai avuto l'intenzione di incamerare nella sua proprietà la porzione di pianerottolo condominiale antistante l'appartamento.

Lo stesso condomino faceva presenta di non aver necessità di utilizzare entrambe le porte di accesso all'appartamento, rimanendo inutilizzata la porta più addentrata nella nicchia.

Spiegava altresì che il posizionamento dell'armadiatura a chiusura di tale nicchia fosse derivata proprio dall'abolizione di tale vano di accesso, rimanendo la porzione di pianerottolo, ove era presente la citata porta, un incavo inutilizzato, fuori dalla portata di qualsiasi altro condomino, invisibile a tutti i condomini all'infuori del condomino proprietario dell'appartamento attiguo. Il Tribunale ha dato ragione al condominio.

Il giudicante ha affermato che indubbiamente gli altri condomini dell'edificio non hanno interesse ad un particolare uso della porzione di pianerottolo antistante il secondo ingresso dell'appartamento del convenuto.

Tuttavia, ad avviso del decidente, gli stessi condomini hanno diritto al mantenimento della destinazione d'uso del bene in comunione e al divieto di modifica ed uso esclusivo da parte di un solo condomino, anche al fine di evitare l'alterazione dell'estetica dell'edificio.

Il Tribunale ha precisato che il diritto di mantenere l'armadio di legno installato in quella minima parte di pianerottolo antistante il secondo ingresso deve essere autorizzato dall'assemblea condominiale (Trib. Palermo 17 dicembre 2021 n. 4887).

Possesso esclusivo e usucapione dei pianerottoli comuni

La chiusura di una porzione di pianerottolo comune con una parte accessibile ad un solo condomino muta il comune possesso della porzione in possesso esclusivo del condomino e comporta un'estensione del suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri condomini.

Al riguardo si deve ricordare che il condomino, quale compossessore, può usucapire l'altrui quota indivisa del bene comune senza necessità dell'interversione del possesso ex art.1164 c.c., in quanto ha già su quel bene un godimento corrispondente all'esercizio del diritto dominicale, ma semplicemente attraverso l'estensione del possesso medesimo in termini di esclusività.

L'estensione del possesso, già esercitato ai sensi dell'art.1102 c.c., comma 2, deve concretarsi in atti integranti un comportamento durevole, tale da manifestare un possesso esclusivo con animo domini, incompatibile con il permanere del compossesso altrui sulla stessa cosa e non soltanto in atti di gestione della cosa comune consentiti al singolo compartecipe, ovvero in atti tollerati dagli altri (Trib. Roma 4 gennaio 2018 n. 182).

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