Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 519 del 12 gennaio 2023, ha applicato alla realtà condominiale i principi espressi dalle Sezioni Unite (sent. n. 33645 del 15 novembre 2022) a proposito dell'occupazione sine titulo dell'immobile altrui.
Il tratto significativo della pronuncia in commento riguarda l'onere probatorio che, secondo il giudice capitolino, comunque continua a gravare in capo all'attore, anche quando chiede la liquidazione dell'indennità in via solamente equitativa. Analizziamo il caso in commento.
Condominio contro occupazione abusiva della cabina elettrica
Il condominio agiva in giudizio per chiedere che fosse dichiarata l'occupazione senza titolo della cabina elettromagnetica di proprietà del fornitore del servizio all'interno dei locali condominiali.
Per l'effetto, l'attore chiedeva che la convenuta fosse condannata al pagamento dell'indennità di occupazione, oltre al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, e che fosse ordinata la immediata rimozione della cabina.
La società convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea; nello specifico, chiedeva che il giudice dichiarasse la cessazione della materia del contendere atteso che, con altro provvedimento giudiziario, era intervenuto decreto di esproprio della cabina in oggetto.
La cessazione della materia del contendere
Preliminarmente, in ordine alla domanda di natura contrattuale di risoluzione del contratto di comodato e di restituzione dell'immobile, nonché alla domanda di natura aquiliana di rimozione della cabina in quanto fonte di immissione nocive per la salute, il Tribunale di Roma evidenzia come, nel corso del giudizio, sia intervenuto decreto con cui la Provincia disponeva l'esproprio dell'immobile in esame necessario alla ristrutturazione per aumento di potenza della cabina elettrica.
Ciò comporta che, in ordine alle domande formulate, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, essendo intervenuto un fatto nuovo, successivo alla proposizione della domanda, che determina un mutamento della situazione dedotta in giudizio ed a seguito della quale viene meno l'interesse della parte alla pronuncia giurisdizionale perché fondata su presupposti non più sussistenti e, proprio in quanto tale, rilevabile d'ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo.
Una pronuncia sulla intervenuta risoluzione contrattuale, infatti, non ha più ragione di essere, essendo l'immobile stato espropriato, al pari della domanda di rimozione della cabina, perché ristrutturata con aumento di potenza, con la conseguenza che la situazione di fatto posta a fondamento dell'originaria domanda non è più sussistente.
Il risarcimento nel caso di occupazione sine titulo
La cessazione della materia del contendere lascia comunque irrisolta la problematica inerente non solo alla "soccombenza virtuale" (concernente le spese di giudizio) ma anche quella, sollevata dal condominio, del risarcimento dei danni derivanti dalla precedente occupazione sine titulo, essendo pacifico la presenza della cabina elettrica nonostante il contratto di comodato non più efficace.
In particolare, con riferimento alla domanda di pagamento della indennità di occupazione, il Tribunale di Roma rileva come, in effetti, il contratto di comodato fosse cessato per intervenuta scadenza e, dunque, fosse illecita la permanenza della convenuta nell'immobile in esame fino alla data di notifica del decreto di esproprio.
Ed è proprio qui che la sentenza in commento si fa particolarmente interessante. Secondo il Tribunale di Roma, è vero che nelle ipotesi di occupazione sine titulo di un cespite immobiliare altrui da parte di un terzo il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta (così la sopracitata sentenza resa a Sezioni Unite, n. 33645/2022), nella specie certamente ravvisabile.
È altrettanto vero, tuttavia, che la quantificazione del danno ovvero dei criteri necessari per operare una quantificazione, quand'anche in via equitativa, deve essere provato da chi lo allega; nella specie, invece, il condominio non ha assolto in alcun modo a siffatto onere probatorio.
Alla luce di ciò, il condominio, pur avendo subito un'occupazione sena titolo, non ha diritto al risarcimento dei danni (id est, indennità d'occupazione), non avendo fornito nessun tipo di addentellato cui il tribunale potesse aggrapparsi per calcolare l'entità di tale pregiudizio.
È appena il caso di ricordare come, in base all'insegnamento stabilito dalle Sezioni Unite, nell'ipotesi di occupazione senza titolo di un bene immobile, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.
Nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato.
Da tanto deriva che l'entità del danno deve comunque essere provata, anche solo allegando i parametri rappresentati dai canoni locativi normalmente applicati nella zona, a dimostrazione della perdita economica subita da parte di chi avrebbe dovuto avere la disponibilità dell'immobile se non fosse stato occupato.