Il concetto di abuso nell'esercizio di poteri discrezionali ha origine nel campo del diritto pubblico, dove è stato elaborato come strumento di verifica sull'operato della pubblica amministrazione. Nel diritto privato, l'abuso di potere può essere riconosciuto solo in circostanze eccezionali, in cui emerga una relazione squilibrata tra i soggetti coinvolti, tale da giustificare la protezione di chi si trovi in una condizione di vulnerabilità rispetto alla controparte, soprattutto quando quest'ultima detenga un vantaggio economico o sociale significativo.
Del resto, la nozione di eccesso di potere, così come quella di conflitto di interessi, mira a superare i limiti di un controllo meramente formale sulla legittimità delle decisioni adottate da enti collettivi, come condomini o società.
Si parla di eccesso di potere, ad esempio, quando una delibera non è giustificata da alcun interesse collettivo, ma è frutto di una scelta dettata da interessi personali della maggioranza, in contrasto con quelli della collettività.
In particolare, si fa riferimento a quei casi in cui la decisione assembleare è il risultato di una condotta dolosa o manipolatoria da parte dei membri della maggioranza, finalizzata a ledere i diritti di partecipazione e patrimoniali dei singoli appartenenti alla minoranza (Trib. Napoli 4 gennaio 2024, n. 133). Nei rapporti tra condomini, quindi, il concetto di eccesso di potere viene utilizzato principalmente per proteggere i singoli proprietari che fanno parte della minoranza, nel caso in cui la maggioranza prenda decisioni che vadano contro gli interessi comuni o siano frutto di un abuso della propria posizione.
A tale proposito merita di essere segnalata un'interessante decisione del Tribunale di Milano (sentenza 17 giugno 2025 n. 4949) che ha affrontato il tema della validità della delibera assembleare di nomina di un nuovo amministratore con un compenso più elevato rispetto al predecessore.
Vicenda e decisione
La vicenda giudiziaria in esame prende avvio da un atto di citazione regolarmente notificato, con cui un condomino ha citato in giudizio il proprio condominio. L'attore ritiene che una delibera del 20 febbraio 2024, relativa alla nomina del nuovo amministratore, sia arbitraria, illogica e viziata da eccesso di potere.
In particolare evidenzia che l'assemblea ha approvato a maggioranza la nomina del nuovo amministratore con compenso sproporzionato (Euro 2.500,00 annui) rispetto all'amministratore uscente (€ 600,00 annui) e rispetto alla consistenza delle spese ordinarie sostenute dal condominio pari ad € 12.000,00.
A parere dello stesso condomino, tale nomina sarebbe stata adottata in assenza di una reale motivazione e senza tener conto dell'interesse collettivo, configurando un abuso della regola di maggioranza.
A ciò si aggiunge la richiesta di risarcimento delle spese sostenute per la mediazione obbligatoria avviata contro altra delibera, con cui l'assemblea aveva assunto decisioni che l'attore ha ritenuto lesive dei propri diritti.
L'importo richiesto ammonta a € 2.900,00, oltre accessori e spese non imponibili, con domanda di rivalutazione monetaria e interessi legali. Il Tribunale ha dato ragione all'attore.
Lo stesso giudice ha osservato che il precedente amministratore ha sempre percepito compensi per € 600,00.
Di conseguenza il giudice milanese ha ritenuto che la delibera impugnata sia stata "ispirata dall'intento di recare vantaggi al nuovo amministratore nominato con conseguente eccesso di potere".
La pronuncia del Tribunale ha evidenziato come la delibera impugnata sia frutto di una scelta della maggioranza orientata al perseguimento di interessi particolari, non coincidenti con quelli dell'intera collettività condominiale, e potenzialmente vantaggiosi solo per alcuni condomini o soggetti terzi.
Il giudice milanese, accogliendo le domande formulate dall'attore, ha dichiarato la nullità della delibera impugnata.
In ragione dell'esito del giudizio, ha stabilito che le spese legali e quelle relative alla procedura di mediazione debbano essere poste a carico della parte convenuta, secondo il principio della soccombenza.
Considerazioni conclusive
Ciò che rende viziata per eccesso di potere una delibera, non è l'esercizio discrezionale del potere di decisione, ma l'esercizio arbitrario della discrezionalità che si ha allorché la decisione risulti dannosa per il condominio, vale a dire provochi un concreto grave pregiudizio all'amministrazione della cosa comune (o ai diritti dei singoli condomini).
Per poter configurare un caso di abuso nell'esercizio del potere assembleare, è necessario dimostrare che, mediante la delibera adottata, l'assemblea abbia perseguito obiettivi non riconducibili all'interesse condominiale, oppure abbia generato — anche involontariamente — una situazione lesiva per la comunità dei condomini.
Bisogna considerare ancora che il sindacato dell'autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l'eccesso di potere, ma solo quando la causa della deliberazione risulti - sulla base di apprezzamento di fatto del contenuto di essa che spetta ai giudici del merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, quanto piuttosto a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea (Cass. civ., sez. VI, 25/02/2020, n. 5061).
Esulano, però, dall'ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti alla vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose ed ai servizi comuni (App. Napoli 15 maggio 2025, n. 2462).
Alla luce di quanto sopra, la pronuncia, caratterizzata da una motivazione troppo sintetica, non sembra conforme alla giurisprudenza dominante.