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No alle clausole vessatorie nei contratti di manutenzione degli ascensori

Clausole vessatorie nei contratti di manutenzione degli ascensori: come riconoscerle e difendersi per garantire diritti e tutele ai consumatori, con particolare attenzione alle normative vigenti.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
Gen 26, 2022

Per clausola vessatoria, ai sensi del primo comma dell'art. 33 del Codice del Consumo, si intende quella che, malgrado la buona fede del professionista, determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Il significativo squilibrio non è invece quello economico: il legislatore italiano non si è voluto spingere fino a sindacare la convenienza economica dell'accordo, che deve rimanere nella piena disponibilità dei contraenti in ossequio al principio di autonomia contrattuale.

In base all'art. 36 del Codice del Consumo, in particolare, le clausole considerate vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto.

Se così non fosse il professionista o l'imprenditore potrebbe svincolarsi dagli obblighi derivanti dal contratto, dopo aver fatto valere la nullità di una clausola. In ogni caso tale nullità, secondo il modello della nullità di protezione, opera solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice (art. 36, comma 3).

Tali principi operano anche in ambito condominiale.

La Suprema Corte ritiene, infatti, che il condominio che stipula un contratto con un soggetto fornitore o con un professionista debba essere considerato alla stregua di un consumatore, con la conseguente applicazione di tutte le tutele previste a favore di quest'ultimo, non solo nei casi in cui il condominio sia privo di amministratore, ma anche quando il contratto venga sottoscritto non da un condomino, ma da un amministratore professionista (Cass. civ., sez. VI, 22/05/2015, n. 10679; Cass. civ., sez. III, 12/01/2005, n. 452; Cass. civ., sez. III, 24/07/2001, n. 10086).

Il condominio consumatore e la competenza territoriale per l'ingiunzione

Il contratto di manutenzione dell'ascensore: la proroga tacita

Alla luce dell'orientamento precedente è stato sottolineato che la vessatorietà della clausola che prevede la proroga tacita decennale del contratto di manutenzione dell'ascensore in caso di mancata disdetta comunicata sei mesi prima della scadenza, sottoscritta dall'amministratore del condominio, non è esclusa dalla doppia sottoscrizione, laddove manchi la prova che la stessa clausola negoziale sia stata oggetto di apposita trattativa individuale, applicandosi ai contratti conclusi dal condominio la normativa a tutela del consumatore (Trib. Napoli, 15 gennaio 2018, n. 427).

Allo stesso modo deve ritenersi la nulla, in quanto vessatoria, la clausola che contiene una previsione non oggetto di trattative individuali e secondo cui l'incarico è valido per anni nove a partire dalla data di inizio del servizio di manutenzione e si intenderà tacitamente rinnovato ad ogni sua scadenza per egual periodo di tempo se non sarà disdetto da una delle parti a mezzo lettera raccomandata spedita almeno 12 mesi prima della sua scadenza.

Tali previsioni violano l'art. 33, lett. I), del Codice del Consumo, secondo cui si presumono vessatorie le clausole che hanno l'effetto di stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga rinnovazione (Trib. Cosenza 11 maggio 2020; Trib. Arezzo 16 gennaio 2014 n. 45),

Penali abusive nei contratti di manutenzione degli ascensori

Nell'ambito dei contratti di manutenzione degli impianti condominiali un'altra clausola vessatoria (secondo l'articolo 33, lettera f), del Codice del Consumo) è quella che prevede, in caso di risoluzione anticipata per recesso o fatto imputabile al condominio, l'obbligo della collettività condominiale di corrispondere l'intero canone pattuito fino alla scadenza naturale del contratto: in pratica si richiede ai condomini di pagare quanto avrebbero pagato se avessero fruito dei servizi di manutenzione fino alla scadenza del contratto: la somma da sborsare è una vera e propria "gravosissima" ed illecita penale.

La questione è stata recentemente affrontata dal Tribunale di Taranto nella sentenza n. 126 del 18 gennaio 2022.

Nel caso esaminato un condominio si opponeva ad un decreto ingiuntivo della società di manutenzione, mettendo in rilievo la nullità della clausola penale imposta; in particolare una clausola del contratto prevedeva che in caso di risoluzione anticipata del contratto, su richiesta o per colpa del committente, quest'ultimo fosse tenuto a pagare l'intero canone sino alla scadenza del contratto, quale penale.

Il Tribunale ha dato ragione ai condomini, sottolineando la mancanza di uno sconto consistente del compenso richiesto tale da giustificare l'elevata penale prevista per i primi anni del rapporto contrattuale.

Non è lecito, quindi, per un canone pari ad euro 55,00 mensili, pretendere, a titolo di penale, anche considerando la durata quinquennale del contratto, la considerevole somma di euro 2.583,00.

Del resto, trattandosi di un contratto di durata, a prestazioni periodiche, in caso di risoluzione anticipata dello stesso una parte, potenzialmente anche molto rilevante, delle prestazioni di manutenzione non verrebbe resa affatto proprio a causa dell'intervenuta cessazione del rapporto, essendo non di meno dovuto dal consumatore l'intero corrispettivo.

Non può invece considerarsi vessatoria quella somma prevista per il recesso (consentito solo al cliente) che tenga conto del numero di mesi per i quali non vi sarà l'esecuzione del contratto.

Clausole contrattuali abusive nel servizio di manutenzione

Sono da considerare vessatorie quelle pattuizioni imposte che prevedono costi aggiuntivi per le riparazioni derivanti da un uso anomalo dell'ascensore da parte di condomini o di terzi o che prevedono l'assistenza in caso di visite ispettive di enti pubblici preposti alla vigilanza sulla normativa di sicurezza.

Inoltre bisogna sempre ricordare che il condominio - in quanto agisce per scopi estranei all'attività commerciale - è un consumatore, essendo del tutto irrilevante che il contratto sia concluso dall'amministratore; conseguentemente, nelle controversie che ne possano derivare trova applicazione la competenza funzionale ed inderogabile del foro del consumatore, cioè del luogo in cui è sito il condominio (Trib. Milano 1 febbraio 2020 n. 885).

Il foro competente è quello ove è ubicato il condominio o quello ove risulta domiciliato?

Sentenza
Scarica Trib. Taranto 18 gennaio 2022 n.126
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