Un caffè letterario è spesso un bar o una sala da tè, dove si svolgono attività culturali legate alla letteratura e all'arte. Molto spesso questi locali ospitano eventi come presentazioni di libri e incontri con autori, letture pubbliche di poesie o racconti, dibattiti culturali e filosofici.
Si tratta quindi di locali che combinano la convivialità di un bar con la profondità di una libreria o di una sala per eventi culturali.
Se un caffè letterario viene aperto in un locale condominiale può suscitare preoccupazioni tra i condomini, che temono venga messa in pericolo la loro tranquillità e riservatezza.
Il regolamento di condomino però può contenere disposizioni specifiche volte a impedire o limitare l'afflusso di persone all'interno del condominio per garantire la sicurezza, la tranquillità e la privacy dei residenti. Queste disposizioni aiutano a mantenere un equilibrio tra l'uso delle strutture condominiali e il rispetto dei diritti e delle esigenze dei residenti.
A tale proposito una recente decisione giudiziale ha sottolineato che qualsiasi tentativo da parte di un condomino di aggirare i limiti imposti dal regolamento condominiale, o di eludere precedenti ordinanze inibitorie stabilite da provvedimenti giudiziali, è destinato inevitabilmente ad essere bloccato in via giudiziale (Trib. Milano 7 marzo 2025 n. 1915).
Divieti condominiali e apertura caffè letterario
L'articolo 3 del regolamento di condominio di un caseggiato stabiliva che "gli appartamenti potranno essere adibiti solamente ad abitazione ad eccezione di quelli posti al piano interrato, terreno primo e secondo che potranno essere adibiti ad uso ufficio commerciali o professionali, compresi studi medici o dentistici, con divieto però di destinazione ad ambulatori mutualistici o di pronto soccorso, case di cura e studi medici per malattie veneree, polmonari ed infettive. Nei due piani sotterranei esistono locali adibiti a box per autorimessa privata.
È tassativamente vietato destinare i locali facenti parte del Condominio a laboratori, uffici di imprese di pompe funebri, scuole di canto, di musica, di ballo, di ginnastica e di attività sportive in genere, asili di ricovero e d'infanzia, pensioni, alberghi, sedi di partiti politici; sedi sindacali, sedi di circoli, sale da gioco, agenzie di collocamento, dandosi atto che tutte le specificazioni suddette valgono anche nei casi simili o analoghi.
Gli appartamenti ed i locali in genere del Condominio non potranno avere uso contrario alla tranquillità, all'igiene, alla morale, al buoncostume nonché alla decenza e al decoro dell'ambiente e non potranno avere destinazione dalle quali derivino esalazioni sgradevoli o nocive o rumori molesti".
Una condomina, ritenendo che il regolamento condominiale non contenesse un divieto esplicito, apriva un bar all'interno del caseggiato.
La sua interpretazione si basava sull'assenza di un riferimento specifico al bar nell'articolo 3 del regolamento. Il condominio si rivolgeva al Tribunale per richiedere la chiusura del detto esercizio commerciale.
A parere del giudice milanese, anche in mancanza di un esplicito divieto di destinare le singole unità immobiliari a bar, lo scopo comune dei limiti di destinazione sanciti nell'art. 3 del regolamento era quello di evitare l'afflusso e lo stazionamento di persone che potrebbero pregiudicare la comunità condominiale.
Il Tribunale evidenziava che il divieto di destinazione era esteso anche a "casi simili o analoghi", con la conseguenza che tra questi rientrava la destinazione a bar, poiché questo tipo di attività avrebbe potuto determinare un afflusso più intenso e uno stazionamento prolungato di avventori, simili a quelli che si hanno nelle "sedi di circoli".
Pertanto, il Tribunale decideva di vietare alla condomina di destinare parte della sua unità immobiliare ad attività di bar o similare, ordinando l'immediata cessazione di tale attività se già avviata (sentenza n. 917/1991). La convenuta si adeguava all'ordine del giudice.
Successivamente, il condominio si rivolgeva nuovamente al Tribunale lamentando nuovi e diversi comportamenti della condomina, in contrasto con quanto disposto dalla sentenza del Tribunale di Milano n. 917/1991.
Di conseguenza, richiedeva la condanna della condomina a cessare immediatamente di destinare parte del negozio di sua proprietà a bar o similari. La convenuta però affermava di aver aperto una "caffetteria letteraria". Il Tribunale ha nuovamente dato ragione al condominio.
Il giudice milanese ha accertato che l'attività oggi svolta dalla convenuta di "caffetteria letteraria" è analoga a quella vietata dall'art. 3 del regolamento di condominio perché idonea a determinare un afflusso più intenso e lo stazionamento più prolungato di avventori (rispetto a quelli che normalmente si hanno in una libreria) e, quindi, potenzialmente idonea a turbare la tranquillità della comunità condominiale.
Importanza dei limiti chiari nei regolamenti condominiali
Il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare.
In quest'ultimo caso per evitare ogni equivoco in una materia atta ad incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti e i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela.
Infatti, la compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive ei singoli condomini, deve risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo ad incertezze (Cass. civ., sez. II, 20/10/2016, n. 21307).