Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

No alla concorrenza sleale nella gestione dei dati dei condomini

Un caso di accaparramento illecito di clientela rappresentata da amministratori di condominio.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In base all'articolo 2598 c.c., ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:

  1. usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;
  2. diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;
  3. si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. L'art. 2598 e ss. c.c. costituisce specificazione del generale dovere di non procurare danni ingiusti ad altri (art. 2043 c.c.), riferito al campo della tutela dei prodotti dell'azienda e all'attività di impresa.

In particolare rientrano nell'art. 2598 n. 3 c.c. - che è una previsione aperta - la c.d. concorrenza parassitaria, nonché tutte le condotte, ancorché non tipizzate dall'esperienza, comportanti la violazione della regola della correttezza commerciale.

Quest'ultima ipotesi è stata recentemente presa in considerazione dalla Cassazione in relazione ad un caso di accaparramento illecito di clientela rappresentata da amministratori di condominio (sentenza n. 18034 del 6 giugno 2022).

Concorrenza sleale e gestione dei dati dei condomini: la vicenda

Due ex dipendenti di una società specializzata nel trattamento dei dati personali anche condominiali si "mettono in proprio" creando un sito internet, simile a quello dell'ex datore di lavoro, per la gestione dei dati personali dei condomini.

Il problema è che le ex dipendenti utilizzano dati riservati della predetta società per stornare clienti. Non solo. Appena avviata la nuova attività, avevano proposto ai clienti offerte tempestive e personalizzate, pensate per le specifiche esigenze di questi ultimi, sfruttando dati ed informazioni acquisite nel corso del pregresso rapporto di collaborazione.

Di conseguenza l'ex datore di lavoro con ricorso ex art. 700 c.p.c. chiede di inibire alle ex dipendenti l'illegittima attività concorrenziale, con condanna alle spese. Il Tribunale accoglie il ricorso e ordina alle convenute di non utilizzare i dati personali dei condomini e di non prendere contatto con i clienti della precedente attività. Il Collegio conferma l'ordinanza.

Successivamente, però, le convenute citano in giudizio l'ex datore per sentir dichiarare la legittimità dell'attività imprenditoriale svolta nel medesimo settore e per ordinare al convenuto la cessazione dell'attività denigratoria svolta nei loro confronti.

Con ulteriore citazione il titolare della società danneggiata instaura un giudizio di merito conseguente al provvedimento ex art. 700 c.p.c. Il Tribunale riunisce i due procedimenti.

Concorrenza sleale e gestione dei dati dei condomini: le decisioni di primo e secondo grado

Il Tribunale ha dichiarato le ex dipendenti responsabili del compimento di atti di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. ai danni dell'ex datore; ha confermato i provvedimenti cautelari e ha condannato le convenute, in solido, al risarcimento del danno, maggiorato degli interessi legali dalla data della sentenza al saldo; L'ex datore però è stato dichiarato responsabile di atti di denigrazione ex art. 2598 n. 2 c.c., con obbligo di risarcire il danno, oltre accessori. La Corte di Appello ha confermato la responsabilità delle dipendenti.

Secondo i giudici di secondo grado il breve lasso di tempo intercorso dall'avvio della nuova impresa lascia presumere il compimento da parte delle soccombenti di un'attività di promozione e di accaparramento attraverso un illegittimo utilizzo dei dati raccolti dalla detta società. Per la Corte di Appello di nessun rilievo è poi la circostanza che l'elenco dei condomini fosse stato fornito direttamente dai singoli amministratori: l'illecito è consistito nello sviamento della clientela realizzato in virtù della conoscenza degli amministratori di condominio che si sono avvalsi del servizio della società, acquisita per il fatto che proprio le ex dipendenti erano addette al procacciamento degli affari per l'impresa di appartenenza ed erano informate sul numero dei condomini e dei dati relativi ai singoli contratti (scadenza, condizioni particolari, etc.). In ogni caso la Corte ha ridotto l'importo stabilito per il risarcimento del danno.

La posizione della Cassazione

La Cassazione ha dato ragione al titolare della società. Secondo i giudici supremi il comportamento delle ex dipendenti rientra nell'ambito degli atti di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c.

Come hanno sottolineato i giudici supremi, ai fini della configurazione dell'illecito, è risultato determinante il consistente numero di caseggiati che hanno stipulato un abbonamento con il nuovo servizio, oltre che il breve lasso di tempo intercorso dalla data di cessazione dei rapporti con la predetta società, sintomatico dell'accaparramento di clientela con metodi illeciti. La responsabilità delle ex dipendenti ai sensi dell'art. 2598 n. 3 c.c. è stata affermata dalla Cassazione pur in assenza di un patto di non concorrenza, fondandosi il giudizio di responsabilità non sulla violazione di un impegno a non svolgere attività concorrenziale, volontariamente assunto dall'ex collaboratore, ma sulla consumazione di condotte sleali, lesive della sfera e della libertà dell'imprenditore ex datore di lavoro.

Sentenza
Scarica Cass. 6 giugno 2022 n.18034
  1. in evidenza

Dello stesso argomento