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L'attribuzione convenzionale dell'uso esclusivo delle parti comuni non può essere perpetua

Volta per volta gli effetti saranno quelli di una compravendita, della costituzione di un diritto reale d'uso o dell'attribuzione di un diritto di credito.
Avv. Gianfranco Di Rago - Foro di Milano 
23 Dic, 2020

L'uso esclusivo riservato a uno o più condomini sulle parti comuni, ad esempio sul lastrico solare o su una parte del cortile, non può essere inquadrato come un diritto reale atipico, essendo ciò precluso dal principio del numero chiuso e della tipicità dei diritti reali.

Esso, pertanto, non sarà mai perpetuo. Caso per caso occorrerà verificare se le parti abbiano voluto addirittura trasferire la proprietà del bene, oppure abbiano inteso costituire un (tipico) diritto reale d'uso, piuttosto che un diritto di natura obbligatoria.

E gli effetti avuti di mira dai contraenti potranno essere preservati a condizione che sussistano i presupposti volta per volta richiesti dalla legge.

Queste le interessanti precisazioni operate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 28972 dello scorso 17 dicembre 2020.

Uso esclusivo del lastrico solare. La necessità dell'intervento delle Sezioni Unite.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte sono state interessate del problema della natura del c.d. diritto reale di uso esclusivo di parti comuni dell'edificio in ambito condominiale, sul quale si è registrato un contrasto interpretativo tra le sezioni semplici e che costituisce una questione di massima di particolare importanza, anche per le ricadute operative che discendono dal relativo inquadramento giuridico.

Di recente Cass. civ., 16 ottobre 2017, n. 24301, ha infatti ritenuto che il vincolo di uso esclusivo su parti comuni dell'edificio, riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di una unità immobiliare di proprietà individuale, non possa essere ricondotto al diritto reale d'uso di cui all'art. 1021 c.c. (che si contraddistingue per la sua incedibilità e la limitazione della sua durata a quella della vita del beneficiario).

Secondo i Giudici, una previsione negoziale siffatta, da tutelarsi quale espressione dell'autonomia privata, avrebbe come effetto di conformare i rispettivi godimenti dei comproprietari e consisterebbe in una sorta di "manifestazione del diritto del condomino sulle parti comuni", che si trasmetterebbe, al pari degli ordinari poteri dominicali, anche ai successivi aventi causa dell'unità cui l'uso stesso accede. Detto diritto sarebbe quindi tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai terzi.

Detta interpretazione è stata ripresa nelle successive decisioni della Suprema Corte, fino a che una più recente sentenza, ha invece sostenuto che non possa ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l'ordinamento (Cass. civ., 9 gennaio 2020, n. 193).

Di qui la necessità di una ricostruzione condivisa della natura giuridica di detto diritto, molto diffuso in ambito condominiale (si pensi ai cortili e ai lastrici solari).

Come efficacemente rilevato dalla Suprema Corte, già l'utilizzo della formula diritto reale di uso esclusivo di una parte comune genera un vero e proprio ossimoro, ossia mette insieme concetti contrastanti, laddove si vorrebbe coniugare l'esclusività dell'uso del bene da parte di un solo condomino con l'appartenenza di esso a più condomini.

La questione della natura giuridica dell'uso esclusivo pone quindi sul tappeto una serie di problematiche di primaria importanza e di rilevante impatto pratico:

a) se e come il diritto di uso esclusivo di una parte comune possa armonizzarsi con la regola basilare dettata dall'articolo 1102 c.c. a presidio del diritto di pari uso di tutti i comproprietari;

b) se l'attribuzione a un condomino di un diritto di uso esclusivo, al di là delle formule, spesso ambigue, utilizzate nella pratica quotidiana, non nasconda in realtà l'attribuzione al medesimo della proprietà esclusiva sul bene comune;

c) se il diritto di uso esclusivo abbia natura di diritto reale atipico o sia riconducibile a una delle figure tipiche di diritto reale di godimento, ovvero se costituisca un diritto di credito.

Ripartizione spese del lastrico solare di proprietà esclusiva

L'uso delle parti comuni e l'uso esclusivo del lastrico solare

Quanto alla prima questione occorre evidenziare come l'uso della cosa comune di cui all'art. 1102 c.c., secondo le Sezioni Unite, possa tradursi nella locuzione servirsi della cosa comune e in essa si riassumano le facoltà e i poteri attraverso i quali il partecipante alla comunione, ovvero il condomino, ritrae dalla cosa le utilità di cui essa è capace, entro i limiti oggettivi della sua destinazione.

Da questo punto di vista l'uso non è un diritto, ma uno dei modi attraverso i quali può esercitarsi il diritto.

Nella formula "farne parimenti uso secondo il loro diritto" di cui al medesimo art. 1102 c.c. si riassumono dunque i connotati, per così dire normali, dell'uso della cosa comune nell'ambito della comunione e del condominio: uso in linea di principio, e almeno in potenza, per l'appunto indistintamente paritario, promiscuo e simultaneo.

Ciò non esclude però la possibilità di un uso più intenso da parte di un condomino rispetto agli altri, vuoi per le caratteristiche oggettive del bene, vuoi per la necessità di individuare forme di più efficace utilizzo di esso in modo da garantire il pari diritto dei comproprietari (si pensi anche agli istituti dell'uso turnario e dell'uso frazionato).

La manutenzione del lastrico solare è obbligo del condominio

È quindi evidente come l'uso esclusivo vada a collocarsi al di fuori del principio del pari uso del bene comune, postulandone un utilizzo riservato soltanto a uno o più condomini. Infatti, come ancora una volta efficacemente evidenziato dalla Suprema Corte, in questo caso "si elide (…) il collegamento tra il diritto e il suo contenuto, concentrandosi l'uso in capo a uno o alcuni condomini soltanto".

La natura giuridica del diritto di uso esclusivo sulle parti comuni.

Secondo Cass. civ., 16 ottobre 2017, n. 24301 un diritto reale siffatto, per sua natura atipico, potrebbe quindi essere costituito dalle parti convenzionalmente. Questa interpretazione è stata seccamente smentita dalla Sezioni Unite, che si sono richiamate al tradizionale principio del numero chiuso e della tipicità dei diritti reali.

Nella recente sentenza si illustrano abbondantemente le ragioni che militano per l'impossibilità che una nuova tipologia di diritto reale sorga semplicemente per accordo delle parti, non ultimo per il fatto che una convenzione del genere non potrebbe essere trascritta nei registri immobiliari e, quindi, anche da questo punto di vista, non sarebbe opponibile ai terzi.

Tale effetto, aggiunge la Suprema Corte, potrebbe essere soltanto il frutto di un intervento del Legislatore che, nella sua discrezionalità, potrebbe ampliare l'elenco dei diritti reali.

Tuttavia, operando una sommaria ricognizione delle norme di legge richiamate dalla giurisprudenza che si è occupata del tema, la Suprema Corte ha chiarito che non possono essere interpretate in tal senso la disposizione di cui all'art. 1126 in tema di lastrici solari, quelle introdotte con la riforma condominiale del 2012 e tese ad attribuire speciali facoltà ai condomini relativamente all'utilizzo delle parti comuni (artt. 1120, comma 2, n. 2; 1122, comma 1; 1122-bis, comma 2), nonché quella di cui all'art. 6, comma 2, lett. b), dlgs n. 122/2005, che obbliga il costruttore a indicare nel contratto relativo a futura costruzione le parti condominiali e le pertinenze esclusive.

Una norma di tal fatta quindi a oggi non esiste nell'ordinamento. Né, secondo i giudici di legittimità, tale diritto può essere inquadrato tra le servitù prediali.

Che accade allora del titolo negoziale con cui si sia voluto attribuire a un condomino un poter del tutto particolate sulle parti comuni?

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