In alcuni fabbricati, soprattutto quelli di vecchia costruzione o che presentano gravi problemi di manutenzione, all'interno degli appartamenti, potrebbe verificarsi il fenomeno del cosiddetto ponte termico.
In pratica, l'involucro dell'edificio o alcune parti dello stesso potrebbero avere una resistenza termica, praticamente, inesistente o giù di lì. In questo caso, il calore presente nelle abitazioni si disperderebbe, interamente, verso l'esterno e si creerebbero, negli immobili, dei punti in cui la temperatura sarebbe molto fredda.
Tale circostanza favorirebbe, inevitabilmente, la formazione di condensa e la conseguente muffa sulle pareti. Il proprietario dell'appartamento in questione sarebbe, quindi, indotto a chiedere al condominio la risoluzione del problema e/o il risarcimento dei danni patiti.
Ebbene, se ciò dovesse accadere, a chi apparterrebbe la responsabilità? Al condominio, custode della cosa comune, cioè l'involucro del fabbricato mal tenuto e di vecchia costruzione, oppure anche al proprietario dell'appartamento interessato dal fenomeno? Quest'ultimo, infatti, potrebbe, almeno parzialmente, rimediare al problema?
Ha risposto a queste domande la recente sentenza del Tribunale di Milano n. 6331 del 21 luglio 2023. Lo ha fatto nell'ambito di un contenzioso tra un condomino e il fabbricato in merito ai danni subiti dal proprietario per la comparsa di muffa e macchie di umidità all'interno della propria abitazione.
Vediamo, perciò, cosa è accaduto in concreto in questo edificio milanese.
Muffa nell'appartamento: chi argina il problema? Fatto e decisione
A detta di una condomina di un fabbricato, il suo appartamento era reso invivibile dalla presenza di macchie d'umidità e muffa provocate dallo stato di degrado e dalla vetustà del fabbricato, con particolare riguardo alla facciata del medesimo.
Poiché il condominio nulla faceva per porre rimedio alla situazione e per risarcire la proprietaria dei danni patiti, questa sceglieva di agire in sede giudiziale.
Erano quindi promossi ben due procedimenti. Il primo, in via cautelare con tanto di CTU. Il secondo, di natura ordinaria, all'interno del quale l'attrice chiedeva che venisse accertata la responsabilità dell'ente, in quanto custode del bene (art. 2051 cod. civ.) e che quest'ultimo fosse condannato al risarcimento dei costi necessari al ripristino dell'immobile nonché al pagamento dei danni non patrimoniali patiti dall'istante.
L'istruttoria, perciò, risultava fortemente condizionata dalla citata CTU, secondo la quale era innegabile che i fenomeni infiltrativi da cui erano derivate le macchie e la muffa doveva essere ricondotti al cosiddetto ponte termico.
Esso, nello specifico, era determinato dalla sostanziale assenza di materiale isolante sulle facciate dell'edificio e dalla presenza, sulle stesse, di rigonfiamenti e sgretolature.
Insomma, non essendoci alcuna resistenza termica nell'appartamento in questione, c'erano le condizioni ideali per la formazione di condensa e delle pedisseque conseguenze.
Il perito, quindi, quantificava i costi necessari per ripristinare allo stato ottimale l'immobile danneggiato.
Alla luce di tale accertamento tecnico, al Tribunale non è restato che accogliere la domanda attorea. Quest'ultima, però, è stata ridotta nella misura del 50%, poiché era stato acclarato che all'interno dell'appartamento non c'era alcun impianto idoneo ad assicurare il ricircolo dell'aria.
Inoltre, non era stato provato che l'attrice aprisse, manualmente e costantemente, le proprie finestre per arginare il fenomeno.
Insomma, la condotta dell'attrice aveva contribuito al problema e ciò non poteva passare inosservato.
Nulla, invece, è stato previsto in tema di danni non patrimoniali.
Responsabilità condominiale per danni da infiltrazioni e muffa
Dinanzi ai fenomeni infiltrativi da "ponte termico" determinati dal pessimo stato delle facciate comuni, il Tribunale di Milano ha individuato la responsabilità del condominio, in applicazione della pacifica giurisprudenza sul punto «Deve quindi ritenersi provata la derivazione causale delle infiltrazioni da beni di natura condominiale su cui l'ente di gestione esercita un pacifico potere di controllo in qualità di custode (ex multis cfr. Cass. civ. n. 27154/2014). Il Condominio è, infatti, tenuto alla custodia ed alla manutenzione delle parti e degli impianti comuni tra cui, ovviamente, rientrano i muri perimetrali e la facciata esterna, ex art. 1117 n. 1 del Codice Civile, e lo stesso è da ritenersi responsabile ex art. 2051 c.c. in via autonoma per i danni subiti dai singoli condomini in quanto, quale custode del bene comune, è tenuto ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (ex multis cfr. Cass. Civ. 15 aprile 1999, n. 3753 e Cass. Civ. n. 6856/1993)».
In merito, invece, al danno non patrimoniale, cioè al diminuito godimento dell'abitazione con grave lesione del diritto al rispetto della vita familiare e privata e del domicilio, questo non è stato riconosciuto all'attrice.
Le macchie e la muffa nell'appartamento non avevano influito sull'agibilità e la vivibilità nell'abitazione, inoltre, potevano essere facilmente eliminate a spese della danneggiata, per poi agire in risarcimento, come era avvenuto.
A tale riguardo, il Tribunale di Milano ha ricordato che, in tal caso, la lesione deve essere grave (cioè oltrepassare la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale) e il danno non deve essere futile, cioè identificarsi con un semplice disagio o con un fastidio (Cass. civ. n. 16133/2014 e Cass. civ., sezioni unite, del 25.2.2016 n. 3727).
Pertanto, anche su quest'ultimo punto, la decisione dell'ufficio meneghino è apparsa incensurabile.