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Modifiche catastali e riflessi sulle gestione delle spese condominiali

Le modifiche catastali, intervenute in riferimento alle parti esclusive, influiscono sulla ripartizione delle spese condominiali?
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 
15 Mag, 2017

In condominio accade spesso che i proprietari apportino delle modifiche ai propri immobili, tali da comportare una c.d. variazione catastale, cioè quella pratica necessaria ad aggiornare le informazioni riportate nei registri catastali dell'Agenzia del Territorio.

Tale pratica di aggiornamento, che va presentata all'ufficio del catasto da un tecnico abilitato, è necessaria nel caso in cui le modifiche sugli immobili influiscano sulla loro c.d. rendita catastale, cioè sul valore fiscale impiegato per il calcolo delle imposte.

Le cause più comuni per cui è necessario redigere una variazione catastale, al fine di conseguire la c.d. conformità catastale, ovverosia la corrispondenza tra i dati riportati nella visura catastale “on line” e lo stato di fatto dell'immobile presente in condominio, sono rappresentate da: cambio di destinazione d'uso, nuova distribuzione interna, frazionamento, fusione, ampliamento o ristrutturazione dell'immobile.

Volendo fare una breve carrellata, a titolo esemplificativo, sulle variazioni più frequenti degli immobili privati negli edifici condominiali si possono citare: la suddivisione ed unificazione di appartamenti e magazzini, la modifica degli spazi interni per lavori di ristrutturazione, la realizzazione di verande, la trasformazione di sottotetti in abitazioni o di abitazioni in uffici e viceversa.

In questi casi ci si domanda se le modifiche catastali, intervenute in riferimento alle parti esclusive, influiscano sulla ripartizione delle spese condominiali, implicando una rettifica delle tabelle millesimali.

Prima di entrare nel vivo dell'argomento occorre fare delle opportune premesse.

In via preliminare si osserva che nel codice civile non è dato rinvenire una risposta alla domanda, anzi non si rinviene neanche una normativa specifica dedicata alla redazione delle tabelle millesimali, seppure le stesse tabelle siano basilari per la ripartizione delle spese condominiali ed il calcolo dei quorum assembleari.

Più che altro si rileva una prassi consolidata, in uso tra i tecnici, volta ad individuare la metodologia e i coefficienti da considerare nello sviluppo del calcolo millesimale, che si riferisce perlopiù a sentenze della giurisprudenza ed a leggi specialistiche, senza prescindere, comunque, dallo stato dei luoghi, e quindi dalla valutazione delle singole unità immobiliari presenti in condominio.

Le tabelle millesimali, tecnicamente, non sono altro che una rappresentazione numerica e grafica di una situazione di fatto dell'edificio, realizzata con la combinazione di due criteri fondamentali: uno obiettivo (misurazione della superficie dell'immobile) e uno valutativo (coefficienti correttivi assegnati dal tecnico redattore).

È noto, poi, che la rettifica o modifica delle tabelle millesimali, ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., può essere richiesta in presenza di un obiettivo errore di calcolo, oppure in conseguenza di un aumento o diminuzione di superficie, tale da alterare per più di un quinto il valore proporzionale, anche di una sola unità immobiliare.

Tutto ciò premesso e considerato passiamo ad analizzare i casi specifici già citati.

Riforma del catasto, anticipazioni sul decreto. A chi incombe l'onere della raccolta dei dati?

Cambio di destinazione d'uso

Capita di frequente che il proprietario di un immobile, nel rispetto delle norme urbanistiche ed in assenza di espressi divieti posti dal regolamento di condominio di natura “contrattuale”, muti la destinazione di utilizzo del proprio immobile, rispetto all'uso originario, determinando un cambio di destinazione d'uso, urbanisticamente rilevante.

Per effetto di tale importante modifica, l'immobile ubicato in condominio, ai sensi dell'art. 23-ter, del Testo Unico per l'Edilizia (d.p.r. 380/01), subirà il passaggio ad una diversa categoria catastale: residenziale e turistico-ricettiva, produttiva e direzionale o commerciale.

È ovvio che per destinazione d'uso di un immobile si intende quella derivante dal titolo urbanistico e non l'utilizzo in concreto che ne fa il soggetto che lo impiega (Cass n. 24125 del 24 ottobre 2013).

Si pensi, ad esempio, al caso di quel condomino che ha adibito il proprio appartamento a pizzeria, con il benestare degli ermellini, che hanno stabilito come “l'apertura di una pizzeria all'interno dello stabile in condominio, rientrando nelle peculiarità tipiche del diritto dei singoli proprietari, non può essere vietata in assenza di una esplicita, chiara e incontrovertibile clausola regolamentare di origine contrattuale” (Cass. n. 21307/2016).

In tal caso è verosimile ritenere che il cambio di destinazione d'uso, da abitazione ad attività commerciale, comporti un aumento importante in termini millesimali di quell'unità immobiliare, tale da giustificare una modifica delle tabelle da parte dell'assemblea condominiale, con spese a carico del condomino che ha trasformato l'appartamento in pizzeria.

La revisione delle tabelle millesimali può avvenire a causa di un'omissione?

Ciò perché la destinazione d'uso di un immobile non può non influenzare il calcolo dei millesimi. Basti pensare al c.d. coefficiente di destinazione, che è al primo posto nell'elenco dei coefficienti citato dalla Circolare Ministeriale 12480/1966 (norma basilare nelle linee guida adottate dai tecnici).

Tale influenza, comunque, non è detto che rappresenti sempre una condizione necessaria e sufficiente a determinare la revisione dei parametri millesimali, che soggiacciono sempre al limite dell'aumento del 20% del parametro.

Pertanto l'assemblea condominiale deve incaricare un tecnico che, all'esito dei sopralluoghi effettuati sul posto e dei controlli compiuti sulle planimetrie degli immobili modificati, potrà stabilire se tali innovazioni hanno comportato una notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano, in relazione all'edificio nel suo complesso, così come previsto dall'art. 69, n. 2, disp. att. c.c.

Quindi sarà il tecnico a confermare se la rettifica delle tabelle millesimali è lecita oppure no.

Idem nel caso di un locale di sgombero adibito ad unità abitativa, per il quale è plausibile che vadano rettificate le tabelle millesimali in ragione del maggior uso (potenziale) dei servizi condominiali da parte dei residenti della nuova abitazione.

Si pensi ad esempio ai costi d'illuminazione della scala, dell'ascensore e delle pulizie, che variano in funzione degli utilizzatori.

Per di più una soffitta che viene trasformata in abitazione aumenta il suo valore commerciale, con possibilità del proprietario di guadagnare anche in termini di locazione dell'immobile.

Quindi anche questa trasformazione comporta una conseguenza diretta sulle caratteristiche dell'immobile e giustifica la revisione delle tabelle millesimali per mutate condizioni dell'edificio condominiale, ma sempre nei limiti di cui all'art. 69, n. 2, disp. att. c.c.

Di contro “ove le caratteristiche obiettive degli immobili adibiti a sottotetti, prese in esame nel determinare gli elementi necessari per il calcolo dei valori proporzionali delle singole unità immobiliari, rimangano immutate, e siano piuttosto eseguiti miglioramenti, opere di manutenzione o mutamenti nella distribuzione degli spazi interni, senza alterazioni della cubatura reale, ovvero della superficie effettivamente godibile, e quindi senza alcuna diretta conseguenza sulle caratteristiche proprie degli immobili, ma soltanto sulla loro maggiore o minore valorizzazione economica, non sussistono né gli estremi dell'errore, né delle mutate condizioni dell'edificio per disporre la revisione delle tabelle millesimali.”. (ex multis, Trib. Salerno, sez. I, 22/09/2010).

A ciò si aggiunga che il proprietario del sottotetto sovrastante l'appartamento dell'ultimo piano dello stabile condominiale può allacciare lo scarico delle acque luride del bagno alla condotta delle acque pluvie e può allocare sulla facciata il tubo per l'alimentazione delle condotte dell'acqua potabile, senza che ciò comporti alcun obbligo di far ripristinare la primitiva conformazione del proprio manufatto (attico) né tantomeno il dovere di corrispondere alcun risarcimento per il posizionamento degli stessi manufatti (Cass. n° 457 del 11 gennaio 2017).

In questo caso il vero problema che resta insoluto è quello dei condòmini dell'ultimo piano, sottostante l'ex sottotetto, che dapprima potevano godere di tranquillità, perché il locale di sgombero non era abitato, e successivamente, con la trasformazione in appartamento, saranno costretti a sopportare le abitudini degli abitanti, in primis i rumori, per non dire anche di più nel caso di affitto a studenti, come feste ed eccessi giovanili in genere. Ma questo è un quesito diverso.

Nulla osta, poi, che la modifica di destinazione d'uso può intervenire anche nell'ambito della stessa categoria catastale, come ad esempio la trasformazione da magazzino ad esercizio commerciale o da abitazione ad ufficio e viceversa.

L'ipotesi di trasformazione di un'abitazione in ufficio e viceversa forse è quella più frequente, probabilmente perché è sufficiente una semplice comunicazione per effettuare la trasformazione. In tal caso la diversa destinazione d'uso dell'immobile, comunque, non comporta alcuna incidenza sull'assetto dei millesimi.

Ciò è quanto deciso dalla Corte di Cassazione, che ritiene di dover escludere l'incidenza della modifica della destinazione d'uso, ai fini della revisione delle tabelle millesimali, atteso che l'individuazione dei valori proporzionali deve tenere conto di caratteristiche obiettive proprie degli immobili, prescindendo dalla loro possibile destinazione. (Cass. n. 19797/2016).

Il ragionamento degli ermellini muove dal presupposto che, nel caso in cui un'abitazione diventi ufficio o viceversa, il problema non si pone perché la variazione incide in modo minimale sui millesimi, in quanto si suppone che né le dimensioni né la posizione all'interno dell'edificio siano mutate e, quindi, non rileva se l'immobile possieda una destinazione anziché un'altra.

Alla stessa conclusione si potrebbe giungere nel caso di una unità immobiliare di un edificio condominiale destinata ad agenzia di assicurazione, potendo detta attività comportare un uso più intenso delle parti e dei servizi comuni per l'inevitabile maggior accesso di persone, compatibili però con la tranquillità, l'igiene e il decoro dell'edificio (Trib. civ. Milano, sez. VIII, 13 settembre 1993).

Frazionamento e fusione di immobili, modifiche degli spazi interni e realizzazione di verande

Va da se che neanche la realizzazione di una veranda chiusa, con strutture in verticale su tutti i lati di un balcone, comporta l'aumento del valore millesimale dell'immobile in quanto, ragionando volumetricamente, la chiusura è irrilevante.

Pertanto, seppure la chiusura di un balcone a veranda comporti l'obbligo di variazione catastale, in generale non può dirsi che tale innovazione possa alterare di un quinto il parametro millesimale dell'appartamento al quale è asservita, salvo che non si tratti di una terrazza di notevole dimensioni.

A ciò si aggiunga che anche nel caso di frazionamento o unione di più immobili, non c'è aumento o diminuzione di cubatura-valore, perché la somma delle nuove quote è uguale alla precedente, pertanto l'aggiornamento delle tabelle millesimali alle nuove condizioni del fabbricato si realizza con una semplice operazione matematica ad opera del proprietario.

Per quanto riguarda la realizzazione o demolizione di tramezzi interni agli immobili, che comunemente separano le diverse unità immobiliari o i locali interni agli stessi immobili, tali modifiche sono ritenute piccole e irrilevanti ai fini della variazione millesimale.

In conclusione possiamo dire che i condòmini sono liberi di disporre dei propri immobili, nei limiti del regolamento di condominio “contrattuale” e purché non creino specifici problemi agli altri comproprietari, e in ogni caso l'amministratore non ha l'obbligo di attivarsi per la revisione delle tabelle millesimali, in presenza di intervenute modifiche degli stessi immobili, in quanto tale potere spetta sempre ai condòmini.

Avv. Michele Orefice

Foro di Catanzaro

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