Nello svolgimento dell'incarico e nella gestione del fabbricato, l'amministratore di un condominio deve rispettare alcune regole fondamentali.
Se ciò non avviene, non è raro che venga sfiduciato dalla maggioranza dei proprietari e che, per tale motivo, non sia confermato nel mandato. Nel contempo è altrettanto frequente che, dinanzi ad alcune gravi irregolarità sia, persino, revocato a seguito di un provvedimento di un magistrato.
La legge, infatti, ammette la possibilità di ricorrere in Tribunale per ottenere la revoca giudiziale dell'amministratore. Si tratta di un procedimento alquanto veloce che si conclude con una decisione contro cui è possibile proporre reclamo dinanzi alla Corte di Appello. Quest'ultima, infatti, è chiamata a risolvere, con un decreto, il secondo grado di questa particolare azione legale.
A questo punto, ad alcuni possono sorgere questi dubbi: ciò che è stato stabilito dalla Corte può essere, eventualmente, ribaltato ricorrendo in Cassazione? In alternativa, sarebbe possibile, invece, ottenere una modifica del decreto emesso dalla stessa Corte di Appello?
Con una recente ordinanza, esattamente con la decisione n. 25682 del 13 novembre 2020, la Suprema Corte di Cassazione ha risposto proprio a queste domande. Prima, però, di approfondire le ragioni di diritto che hanno condotto a questo provvedimento, vediamo insieme cosa è accaduto nel caso de quo.
Revoca amministratore e reclamo modificato: il caso
Una singola proprietaria di un condominio in provincia di Napoli aveva proposto un ricorso per la revoca giudiziale dell'amministratore e, a quanto pare, in prima e seconda battuta non aveva ottenuto soddisfazione.
La ricorrente, però, neppure minimamente acquiescente al rigetto subito in appello, aveva fatto istanza di riesame del decreto emesso dalla Corte, avvalendosi della facoltà concessa dal disposto dell'art. 742 cpc «I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca».
Più precisamente, ella evidenziava quanto fosse opportuno riesaminare i fatti, o meglio, le gravi irregolarità che riteneva fossero alla base della revoca richiesta. In particolare, la ricorrente sottolineava il mancato utilizzo del conto corrente condominiale per l'incasso delle quote e l'irregolare tenuta della contabilità ad opera del professionista in causa.
Era accaduto, quindi, che la Corte di Appello ritornasse sulla decisione presa in prima istanza, modificando il decreto di rigetto della domanda di revoca, viceversa accogliendola e condannando l'amministratore al pagamento delle spese processuali.
È a questo punto che la lite si spostava dinanzi alla Cassazione, dove la controparte eccepiva l'inammissibilità procedurale dell'iniziativa assunta dalla condòmina oltreché l'illegittimità della condanna alle spese processuali subita.
Gli Ermellini hanno, invece, confermato che la Corte di Appello può modificare un decreto già emesso e a conclusione di un procedimento diretto a stabilire la revoca giudiziale di un amministratore di condominio. Non ci resta che capire il perché.
Revoca giudiziale amministratore: quando e come avviene
In presenza di gravi irregolarità, che in alcuni casi sono evidenziate dalla legge, il codice civile ammette la possibilità di ricorrere per ottenere, giudizialmente, la revoca dell'amministratore «La revoca dell'amministratore… può essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità (Art. 1129 co. 11 cod. civ.)».
Si tratta, pertanto, di un procedimento che non richiede certo l'autorizzazione dell'assemblea o che un certo numero minimo di proprietari agiscono nell'interesse comune. È sufficiente che a procedere, ove ne ricorrano i presupposti, sia anche un solo condòmino.
Le modalità con cui si svolge il procedimento de quo sono anch'esse individuate dalla normativa in materia e, più precisamente, dall'art. 64 disp. att. cod. civ. secondo il quale «Sulla revoca dell'amministratore, nei casi indicati dal terzo comma dell'art. 1129 e dall'ultimo comma dell'art. 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l'amministratore medesimo.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione».
In pratica, quindi, il proprietario interessato alla revoca giudiziale del proprio amministratore macchiatosi di alcune gravi irregolarità, deve introdurre, con ricorso, questo particolare processo camerale, tecnicamente annoverato nella categoria dei procedimenti di volontaria giurisdizione.
In una, massimo due udienze, esaurita una sommaria fase istruttoria dove sono ascoltate anche le parti interessate, l'azione si conclude con un decreto di accoglimento o di rigetto. Avverso il provvedimento il soccombente può proporre reclamo alla competente Corte di Appello.
Anche la pronuncia di quest'ultima si concretizza in un decreto.
Il caso in commento dimostra che tale decisione è ulteriormente modificabile e revocabile senza che sia possibile e/o necessario ricorrere in Cassazione.
Revoca dell'amministratore, il decreto che conclude il reclamo può essere modificato
La Cassazione, con l'ordinanza in esame, innanzitutto, chiarisce che avverso il decreto con il quale la Corte di Appello risolve il reclamo della domanda di revoca giudiziale di un amministratore di condominio non è possibile proporre impugnazione in Cassazione: «Secondo consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio, previsto dagli art.1129 c.c. e 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione».
Gli Ermellini proseguono illustrando le peculiarità di questa speciale azione legale, allorquando affermano che il «procedimento di revoca dell'amministratore di condominio si svolge in camera di consiglio, si conclude con decreto reclamabile alla corte d'appello (art. 64 disp. att. c.p.c.) e si struttura, pertanto, come giudizio camerale plurilaterale tipico, che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria, siccome non incidente su situazioni sostanziali di diritti o "status" (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957)».
Quindi, l'assenza di un'efficacia decisoria attribuibile al decreto con cui si conclude, dinanzi alla Corte di Appello, il reclamo dell'azione diretta alla revoca dell'amministratore di condominio fa sì che questo provvedimento sia modificabile anche solo per una nuova valutazione dei presupposti che hanno suggerito il ricorso «il decreto con cui la corte d'appello provvede, su reclamo dell'interessato, in ordine alla domanda di revoca dell'amministratore di condominio, non avendo carattere decisorio e definitivo, non è, come detto, ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., mentre può essere revocato o modificato dalla stessa corte d'appello, per un preesistente vizio di legittimità o per un ripensamento sulle ragioni che indussero ad adottarlo sensi dell'art. 742 c.p.c., atteso che quest'ultima disposizione si riferisce, appunto, unicamente ai provvedimenti camerali privi dei caratteri di decisorietà e definitività (cfr. Cass. Sez. 1, 06/11/2006, n. 23673)».
Pertanto, al proprietario/condòmino, insoddisfatto per la decisione patita in appello, è sempre data la possibilità di chiedere la revisione del decreto con cui la Corte ha rigettato il reclamo della domanda di revoca giudiziale dell'amministratore.