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Minacciare l'amministratore è estremamente pericoloso

La violenza nei confronti dell'amministratore del condominio è in grado di configurare il delitto di estorsione.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
10 Feb, 2022

Ai sensi dell'art. 629 c.p. risponde del delitto di estorsione "Chiunque mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno".

Per l'esistenza del delitto di estorsione occorre, innanzitutto, una violenza o una minaccia che costringa la persona offesa ad un atto di disposizione patrimoniale (come, ad esempio, pagare una somma di denaro o rinunciare a recuperare un proprio credito) dal quale derivi un ingiusto profitto a favore sia del colpevole.

L'estorsore agisce nella piena consapevolezza di pretendere ciò che non gli è dovuto così da procurarsi un ingiusto profitto.

Il reato si può considerare commesso nel momento in cui il colpevole raggiunge il suo obiettivo, cioè conseguire un profitto con altrui danno, risultando - peraltro - ipotizzabile anche il tentativo di estorsione per il caso in cui la violenza o la minaccia non riesca a far cedere la vittima.

In ogni caso bisogna evitare di confondere il delitto di estorsione dal delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni: in tal caso infatti il colpevole vuole arrivare ad un profitto nella convinzione, ragionevole anche se infondata, di essere nel giusto, cioè di esercitare un suo diritto o di ottenere in risultato che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria. L'estorsore invece mira ad un profitto, pur nella consapevolezza di non averne diritto.

Ma l'amministratore può essere vittima di un condomino - estorsore? La risposta la troviamo nella sentenza n. 23759 del 16 giugno 2021.

Amministratore e minaccia di terzi per influenzare gli altri condomini: la tentata estorsione

La vicenda prendeva l'avvio quando due soggetti minacciavano l'amministratore di condominio al fine di ottenere in appalto il servizio di pulizie di dieci condomini.

Il Tribunale riteneva che gli imputati fossero colpevoli del reato di violenza privata, ex art. 610 c.p.; per la Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado, gli imputati avevano commesso una tentata estorsione, ex artt. 56-629 c.p.

I condannati ricorrevano in cassazione, tra l'altro, contestando radicalmente la configurabilità del delitto di tentata estorsione, in ragione del più lieve delitto di tentata violenza privata, vista la diversità strutturale tra i due reati.

In buona sostanza, posta la differenza tra il soggetto minacciato, l'amministratore di condominio, ed i potenziali danneggiati, i condomini, insistevano nell'affermare la commissione di una tentata violenza privata.

In particolare, i ricorrenti mettevano in evidenza l'assenza di un danno in capo ai presunti danneggiati (cioè i condomini), sostenendo che le minacce poste in essere nei confronti dell'amministratore non avevano condotto ad alcun risultato utile per gli imputati.

In ogni caso non ritenevano si potesse considerare ingiusto profitto caratterizzante l'estorsione la richiesta di ricevere 10 condomini da pulire avanzata all'amministratore dei condomini.

Conferma della tentata estorsione e responsabilità dell'amministratore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso; di conseguenza i giudici supremi hanno confermato la sentenza di secondo grado, disponendo pure il pagamento della somma di duemila euro in favore della Cassa delle ammende a carico dei ricorrenti.

Il ragionamento dei giudici supremi parte dalla considerazione che, va senz'altro riconosciuto all'amministratore del condominio un certo "potere di influenza" che gli consente di indirizzare le decisioni e le scelte delle decisioni dell'assemblea.

Di conseguenza la minaccia o la violenza nei confronti dell'amministratore del condominio è in grado di configurare il delitto di estorsione se rivolta ad ottenere un ingiusto profitto in danno dei condomini o, a maggior ragione, del condominio.

Del resto - come precisa la Cassazione - ai fini della sussistenza del reato di estorsione, la violenza o minaccia può essere rivolta a persona diversa dal soggetto danneggiato, al quale si richiede l'atto di disposizione patrimoniale, purché sussista l'idoneità della condotta a influire sulla volontà di quest'ultimo.

Nel caso esaminato però vi è stata solo tentata estorsione perché gli imputati, per mezzo della loro condotta criminosa, non hanno ottenuto un profitto (cioè l'appalto per il servizio di pulizie di dieci condomini), anche se la minaccia o la violenza ha avuto reale forza intimidatoria (tanto da spaventare l'amministratore e indurlo a chiedere aiuto al telefono ad altre persone, che hanno testimoniato il pericoloso atteggiamento dei due colpevoli).

Si tenga conto però che, tema di pagamento degli oneri condominiali, ottenere con la forza una ricevuta che si sa di non potere avere può portare ad una condanna per estorsione (Cass. pen., sez. II, 10/10/2017, n. 50954).

In tal caso il colpevole è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.

Naturalmente poi, bisogna considerare che, qualora si configuri un danno patrimoniale, i condomini possono costituirsi parte civile nel processo penale in danno degli estorsori, con tutela anche delle prerogative civili (come se nel caso di specie l'appalto fosse stato realmente assegnato).

Ecco cosa rischia il condomino che vuole per forza la ricevuta senza averne diritto

Sentenza
Scarica Cass. pen. 16 giugno 2021 n. 23759
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